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Un portavoce del dipartimento di Stato americano ha detto che l’Arabia Saudita comprerà il Thaad, il sistema di difesa aerea prodotto dalla americana Lockheed Martin. Si tratta di un contratto monstre da 15 miliardi di dollari per 44 lanciatori e apparecchiature connesse, sula scia di altre dozzine di miliardi di ordini militari che Riad ha già sottoscritto con Washington – lunedì le controparti hanno firmato le lettere di offerta e formalizzato i dettagli di un affare che era in discussione dal 2016.

Gli Stati Uniti hanno fatto pressioni politiche sui sauditi per chiudere il contratto, il presidente Donald Trump, secondo quanto scrive la Reuters, ne avrebbe parlato in una telefonata specifica a fine settembre con re Salman, e l’intesa è anche frutto del grande lavoro diplomatico fatto dall’amministrazione Trump per difendere i pochi contratti effettivi del notissimo accordo da 110 miliardi e proteggere il regno da coinvolgimenti diretti – in particolare quello dell’erede al trono Mohammed bin Salman (aka: MbS) – nell’assassinio odioso di un giornalista saudita del Washington Post critico con il nuovo corso del potere nel regno (Jamal Khashoggi, ucciso il 2 ottobre al consolato di Istanbul da una squadraccia dei servizi segreti sauditi, che secondo la Cia era stata inviata da MbS per eliminare la voce scomoda contro di lui).

La vendita è già stata approvata nel 2017 dal Senato, e questa è una buona notizia per la Casa Bianca, che invece mercoledì ha visto la camera alta del Congresso avanzare una risoluzione del leftist Bernie Sanders con cui i legislatori hanno chiesto al governo di porre fine al sostegno americano all’intervento saudita in Yemen (la risoluzione dovrà ancora passare per la discussione sul floor del Senato, ma una identica, lo scorso dicembre, non era passata).

In Yemen Riad e Abu Dhabi stanno guidando una coalizione a forte imprinting sunnita contro i ribelli nordisti Houthi, che hanno diviso il paese nord-sud e conquistato Sanaa. La missione è in piedi da più di tre anni, e nonostante le tecnologie militari a disposizione dei regni del Golfo, i ribelli sono ancora sulle posizioni guadagnate. La guerra è considerata un conflitto per procura, dato che gli Houthi ricevono appoggio sfumato dall’Iran, Repubblica islamica sciita (come gli Houthi, che sono una setta dello sciismo) nemica esistenziale delle monarchie sunnite delle regione. L’operazione è stata fortemente spinta da bin Salman, ed è vista con l’avvio delle sue politiche estere più assertive.

Per gli americani (e non solo) però è diventata da tempo una faccenda scomoda, perché i militari a guida saudita hanno causato molti danni collaterali con le loro azioni armate, migliaia di vittime civili, e una condizione umanitaria disperata (secondo gli ultimi dati forniti dalle organizzazioni governative, 85mila bambini sarebbero morti di fame durante il conflitto). Già una mesata fa, il dipartimento di Stato e quello della Difesa avevano chiesto apertamente l’interruzione delle operazioni entro trenta giorni.

La situazione in Yemen è aggravata dal contraccolpo del caso Kahshoggi e dal possibile coinvolgimento dell’erede al trono, e factotum del regno, bin Salman. Ieri il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha dichiarato che “non è detto” che sia stato MbS a ordinare l’omicidio di Khashoggi, seguendo esattamente la linea dettata in uno statement ufficiale di qualche giorno fa dal presidente Trump – seguito già anche dal consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, che aveva dichiarato che sarebbe stato inutile per lui ascoltare l’audio, prova del coinvolgimento dell’erede secondo la Cia, perché tanto “non comprendo l’arabo”. Ma l’effetto del suo potenziale ruolo sulla vicenda ha già portato altre nazioni, esauste della situazione in Yemen, come la Germania l’Olanda, la Danimarca e la Finlandia, a utilizzarlo come leva per l’interruzioni delle forniture militari ai sauditi.

Al G20 che inizierà domani, il presidente Trump non ha in programma di incontrare MbS, secondo quanto annunciato dall’addetta stampa Sarah Huckabee Sanders perché, ha spiegato, “ha già tanti appuntamenti” (ma è forse un messaggio di severità che Washington invia a Riad?). Il saudita vedrà invece il russo Vladimir Putin, che sul caso Khashoggi ha preso una posizione molto prudente e molto accondiscendente con Riad, in protezione di MbS e piuttosto simile a quella della Casa Bianca. Putin vuol mantenere le relazioni col regno, ma la scelta del Thaad, dopo mesi di contatti con Mosca per l’acquisto di un sistema analogo (gli S-400), conferma che Trump ha ancora maggiore presa sui sauditi.

E l’appoggio incondizionato sull’innocenza di Riad, come spiegato dal presidente, è esattamente sulla linea America First: la preferenza sul Thaad rispetto agli S-400 è questione di qualche mese fa, ma non a caso le conferme arrivano adesso, nel momento in cui a Trump serve capitalizzare la sua posizione e la politica adottata. Lo Yemen è una contropartita necessaria che la Casa Bianca potrebbe accettare.

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