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“Nel suo discorso, il vostro presidente per due volte ha detto la parola primavera: oggi ci vuole una primavera. Oggi ci vogliono profeti di speranza, profeti di santità, che non abbiano paura di sporcarsi le mani, per lavorare e andare avanti. Oggi ci vogliono “rondini”: siate voi”. A pronunciare queste parole non è l’ultimo nostalgico, e l’invito non viene da una polverosa biblioteca di storici, volti a ricordare la grandezza dei tempi che furono. Al contrario, l’appello viene direttamente da colui che più e più volte è stato definito l’unico leader morale, oggi, presente sulla scena globale, ovvero il successore di Pietro, Papa Francesco. E il personaggio di cui si parla è Giorgio La Pira, il “sindaco santo” di Firenze, oggi venerabile della Chiesa cattolica, in attesa di una sua beatificazione che presto dovrebbe arrivare.

“In un momento in cui la complessità della vita politica italiana e internazionale necessita di fedeli laici e di statisti di alto spessore umano e cristiano per il servizio al bene comune, è importante riscoprire Giorgio La Pira, figura esemplare per la Chiesa e per il mondo contemporaneo”, ha infatti affermato il Pontefice ai membri della Fondazione “Giorgio La Pira”, in udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano per celebrare il quinto Convegno Nazionale che ha avuto luogo a Villa Aurelia, a Roma, dal 22 al 23 novembre. “Egli fu un entusiasta testimone del Vangelo e un profeta dei tempi moderni; i suoi atteggiamenti erano sempre ispirati da un’ottica cristiana, mentre la sua azione era spesso in anticipo sui tempi”, ricorda loro il Papa, non senza un pizzico di nostalgia, che si espande a macchia d’olio nella sala dell’incontro.

E senza risparmiare la durezza nei confronti delle attuali classi dirigenti, in un momento in cui da più parti della Chiesa cattolica comincia a serpeggiare la paura allarmistica per la sempre più marcata irrilevanza dei politici cattolici, dispersi tra i vari schieramenti e spesso incapaci di far valere le proprie posizioni. Come da ultimi, nei giorni scorsi, il vescovo di Assisi Domenico Sorrentino ricordando l’economista cristiano Giuseppe Toniolo, il segretario di Stato Pietro Parolin conversando a Bologna con il giornalista del Corsera Aldo Cazzullo, o il presidente della Cei Gualtiero Bassetti intervenendo sull’Osservatore Romano, parlando di “una necessità sempre più impellente” e ricordando le “cinque vie” indicate nello scorso Convegno ecclesiale nazionale del 2015, proprio a Firenze.

“Il suo esempio è prezioso specialmente per quanti operano nel settore pubblico, i quali sono chiamati ad essere vigilanti verso quelle situazioni negative che San Giovanni Paolo II ha definito «strutture di peccato»”, continua Francesco chiamando in causa la celebre e dura espressione del santo Karol Wojtyła, inscritta nella sua enciclica sociale Sollicitudo rei socialis, pubblicata a vent’anni dalla Populorum Progressio di Paolo VI. “Esse sono la somma di fattori che agiscono in senso contrario alla realizzazione del bene comune e al rispetto della dignità della persona”, spiega così Bergoglio. “Si cede a tali tentazioni quando, ad esempio, si ricerca l’esclusivo profitto personale o di un gruppo piuttosto che l’interesse di tutti; quando il clientelismo prevarica sulla giustizia; quando l’eccessivo attaccamento al potere sbarra di fatto il ricambio generazionale e l’accesso alle nuove leve”.

Più volte primo cittadino di Firenze negli anni del dopoguerra, terziario domenicano e francescano appartenente all’istituto secolare dei Missionari della regalità di Cristo, il Papa ricorda anche che “varia e multiforme fu la sua attività di docente universitario, soprattutto a Firenze, ma anche a Siena e Pisa”, e che “accanto ad essa, egli diede vita a varie opere caritative, quali la ‘Messa del Povero’ presso San Procolo e la Conferenza di San Vincenzo ‘Beato Angelico’”. Un esempio, insomma, di una forza singolare, almeno per la politica di oggi, sempre più chiusa in sé stessa, autoreferenziale, volta a difendere l’immediato dimenticandosi degli orizzonti, dei lunghi periodi, e aperta, troppo spesso, sempre e solamente allo scontro.

“Dal 1936 dimorò nel convento di San Marco, dove si diede allo studio della patristica, curando anche la pubblicazione della rivista Principi, in cui non mancavano critiche al fascismo. Ricercato dalla polizia di quel regime si rifugiò in Vaticano, dove per un periodo soggiornò nell’abitazione del Sostituto Mons. Montini, che nutriva per lui grande stima. Nel 1946 fu eletto all’Assemblea Costituente, dove diede il suo contributo alla stesura della Costituzione della Repubblica Italiana. Ma la sua missione al servizio del bene comune trovò il suo vertice nel periodo in cui fu sindaco di Firenze, negli anni cinquanta”, ricorda Bergoglio con impeto storiografico, quasi a sottolineare la rilevanza di ogni passaggio dell’esperienza politica e umana di La Pira, che, vista la firma dello stesso Pontefice regnante del decreto sulle virtù eroiche del “sindaco della pace”, è ormai sulla strada aperta della beatificazione.

Francesco ha infatti autorizzato lo scorso luglio la Congregazione delle Cause dei Santi, facendo passare l’ex politico democristiano dal riconoscimento di “servo di Dio” a quello di “venerabile”, dopo che la causa di beatificazione erastata aperta a livello diocesano a Firenze nel 1986, e chiusasi nel 2005. “La Pira assunse una linea politica aperta alle esigenze del cattolicesimo sociale e sempre schierata dalla parte degli ultimi e delle fasce più fragili della popolazione. Si impegnò altresì in un grande programma di promozione della pace sociale e internazionale, con l’organizzazione di convegni internazionali ‘per la pace e la civiltà cristiana’ e con vibranti appelli contro la guerra nucleare. Per lo stesso motivo compì uno storico viaggio a Mosca nell’agosto 1959. Sempre più incisivo diventava il suo impegno politico-diplomatico: nel 1965 convocò a Firenze un simposio per la pace nel Vietnam, recandosi poi personalmente ad Hanoi, dove poté incontrare Ho Chi Min e Phan Van Dong“.

L’esortazione di Francesco perciò è quella di “mantenere vivo e a diffondere il patrimonio di azione ecclesiale e sociale del Venerabile Giorgio La Pira, in particolare la sua testimonianza integrale di fede, l’amore per i poveri e gli emarginati, il lavoro per la pace, l’attuazione del messaggio sociale della Chiesa e la grande fedeltà alle indicazioni cattoliche. Sono tutti elementi che costituiscono un valido messaggio per la Chiesa e la società di oggi, avvalorato dall’esemplarità dei suoi gesti e delle sue parole”. E soprattutto “a valorizzare le virtù umane e cristiane che fanno parte del patrimonio ideale e anche spirituale del Venerabile Giorgio La Pira. Così potrete, nei territori in cui vivete, essere operatori di pace, artefici di giustizia, testimoni di solidarietà e carità; essere fermento di valori evangelici nella società, specialmente nell’ambito della cultura e della politica; potrete rinnovare l’entusiasmo di spendersi per gli altri, donando loro gioia e speranza”. Perchè “come diceva Giorgio La Pira: la politica è un impegno di umanità e di santità”

La primavera (in politica) di Papa Francesco ricordando Giorgio La Pira

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