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Il settore manifatturiero verso in uno stato di crisi latente e le cronache riguardanti la vicenda dell’Ilva rappresentano solo la punta dell’iceberg del senso di frustrazione che caratterizza l’industria italiana.

LE FLESSIONI DEL SETTORE

I dati diffusi dall’Istat, però, concedono un lieve sollievo rispetto alle tante preoccupazioni percepite: a maggio è tornata a crescere la produzione industriale rispetto al calo registrato in aprile. I settori manifatturieri che registrano la maggiore crescita su base annua sono la fabbricazione di apparecchiature elettroniche e per uso domestico non elettriche, la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici, la produzione di macchinari ed attrezzature. Le maggiori flessioni si registrano nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica, ottica, metallurgia e prodotti di metallo.L’auto non se la passa bene:la produzione italiana di autoveicoli cala su base annua ed anche il risultato dei primi cinque mesi dell’anno resta negativo. Insomma, tra i comparti manifatturieri, quattro su quattordici risultano in moderato calo nell’arco di 365 giorni.

PRODUZIONE INDUSTRIALE MENO BRILLANTE

“La tendenza alla produzione industriale resta espansiva -ha commentato l’economista Paolo Mameli, della direzione Studi e ricerche del gruppo Intesa San Paolo- ma è meno brillante rispetto a qualche mese fa. Ciò è coerente con le indagini di fiducia delle imprese manifatturiere”. Ma questa tendenza, purtroppo,incide sulla ricchezza nazionale, perché rallenta oggettivamente l’indice di crescita del Pil.

LA REVISIONE DEL RAPPORTO DEFICIT-PIL

Secondo alcuni “rumors” il nuovo governo sarebbe intenzionato ad aumentare all’1,4 per cento il target del rapporto deficit-Pil per il 2019 rispetto all’attuale obiettivo dello 0,8 per cento tendenziale. Ma a questo riguardo, dal ministero dell’economia hanno fatto sapere che in questa fase è meglio non indicare degli specifici obiettivi programmatici.

IL DECLINO DELLE GRANDI FABBRICHE

Le ragioni storiche di questa epoca di crisi le ha spiegate bene l’ex premier Romano Prodi: “Nel non lontano secolo scorso -ha scritto- le imprese che dominavano il mondo operavano tutte nel campo della manifattura o dell’energia. Le grandi fabbriche di automobili e i grandi petrolieri erano la struttura portante ed il simbolo della società moderna, primeggiando per fatturato e per profitti in tutte le classifiche mondiali. General Motors e General Electric, insieme alla Esso o alla Shell dominavano lo scenario economico. Oggi sono tutte scese dal podio e ora al loro posto si trovano coloro che forniscono le informazioni e connettono tra loro miliardi di persone”.

L’UNICUM PER CRESCERE

Tutto vero. Ma occorre considerare che il manifatturiero, soprattutto nel contesto italiano rimane l’asse portante dell’economia nazionale ed il motore della sua possibile crescita. Il settore in questione può e deve rafforzarsi attraverso una ristrutturazione delle parti sociali e datoriali che lo caratterizzano. È una scelta inevitabile. La crescita dimensionale del sindacato, anche dal punto di vista della consistenza organizzativa, deve guardare al dialogo sociale ed alla partecipazione. Le aziende, invece, devono sempre più mirare ad un’imprenditorialità di valore, capace di attrarre investimenti privati e pubblici a sostegno di attività di ricerca, sviluppo, innovazione ed internazionalizzazione. In questa prospettiva si possono determinare le condizioni per un vero e proprio “unicum” utile a far rinascere l’industria manifatturiera e a sostenere l’economia del Paese che fatica.

LA RESPONSABILITÀ CONDIVISA

Dobbiamo innovare senza dimenticare. L’opportunità che ha davanti il settore manifatturiero va colta in modo unitario, con una responsabilità condivisa, in maniera convergente.

manifattura, industria

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