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Il voto con cui il Parlamento europeo a Strasburgo ha rinviato a una nuova discussione in plenaria a settembre la direttiva Copyright, invece di accettare la posizione della commissione Affari giuridici, è in primo luogo una vittoria per la libertà di informazione degli utenti e, solo incidentalmente, per i colossi del web.

A crederlo è Fulvio Sarzana, docente e avvocato esperto di diritto dell’informazione, nuove tecnologie e internet, che in una conversazione con Formiche.net illustra la mappa dei vincitori e dei vinti di questa battaglia che, sottolinea, rappresenta forse la pietra tombale per il discusso provvedimento.

Avvocato Sarzana, perché il Parlamento europeo ha rinviato la discussione della Direttiva Copyright?

Credo che sia prevalsa la volontà di non penalizzare in alcun modo la libera circolazione di informazioni in Rete.

Se è passata questa idea, perché non bocciare direttamente il provvedimento ma rinviarne solo la discussione?

Di fatto questo rinvio è la pietra tombale per la Direttiva. Le nuove elezioni europee si terranno a maggio dell’anno prossimo ed è difficile che, per quella data, si possa arrivare ad una approvazione che tenga conto anche della discussione e degli emendamenti che saranno presentati. Senza considerare un altro aspetto quasi inedito emerso con questo voto.

Quale?

Il rinvio rappresenta tecnicamente un elemento ostativo all’apertura dei negoziati con il cosiddetto “trilogo”, cioè sulle discussioni che il Parlamento avrebbe dovuto avere con il Consiglio dell’Ue, di cui fanno parte i singoli Stati.
Si tratta di una delle pochissime volte in cui il Parlamento ha rigettato questo mandato. Tra l’altro, in questo modo, si è evitato il peggio, perché se si fosse aperto questo negoziato, lo si sarebbe fatto su un rapporto presentato che conteneva disposizioni che avevano destato grandi e perplessità. Mi riferisco soprattutto agli ormai noti articoli 3 sul data mining, 11 sulla link tax e 13 sui dispositivi tecnologici di controllo a carico delle piattaforme.

Che effetti avrebbero prodotto queste norme?

La criticità principale era rappresentata dal fatto che sarebbe cambiato il senso della circolazione delle notizie e, dunque, della libertà di informazione così come le conosciamo. Le notizie sarebbero divenute una questione economica e non informativa.
Per quanto riguarda invece la posizione di quelli che impropriamente sono stati definiti filtri, la Direttiva prevedeva un accordo negoziale, al termine del quale ci sarebbe stato per le imprese un obbligo di controllare la diffusione del contenuto. Quale piccola realtà si sarebbe potuta permettere di farlo?

Crede che ci saranno altri tentativi di far passare questi aspetti della Direttiva?

Certamente, ma va evidenziato che a questo dossier si lavorava da almeno 4 anni. Ed è difficile, se le proiezioni saranno confermate, che con il nuovo quadro politico che uscirà dalle urne europee, si incida su questo tema. Il diritto d’autore è più materia dei partiti politici tradizionali. Per questo ritengo che questa fosse l’ultima chance per i fautori di una visione così ortodossa del copyright. Il tema dei contenuti, semmai, si riproporrà tra qualche anno quando si discuterà della regolamentazione della blockchain, una tecnologia che consente di tracciare senza grandi margini di errore la genesi e il percorso anche di questo genere di prodotti.

C’è chi sostiene che il rinvio sia solo il risultato dell’attività di lobbying dei colossi della Rete, particolarmente influenti a Bruxelles ma non solo.

Mi pare evidente che, in questa discussione, si siano innestate anche le ragioni di chi, come le grandi compagnie del Web, cercava di essere coinvolto economicamente il meno possibile dai possibili cambiamenti apportati dalla Direttiva. Questo, però, accade in relazione a ogni dossier, perché tutto è economia. Le ragioni nobili alla base di questo rinvio, tuttavia, permangono in tutta la loro interezza.

Chi esce vincitore da questo voto?

Sul versante politico, tra i vincitori credo che vadano annoverati senz’altro i componenti del gruppo del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo e, in particolare, la shadow rapporteur Isabella Adinolfi. Sono stati in grado di far convergere sulla loro posizione oltre metà del Parlamento, spaccando gli altri gruppi. Il voto rappresenta anche un punto per il governo, che è riuscito a intercettare la volontà popolare e a tradurla in azione legislativa.
Su un piano più generale, infine, si tratta di una vittoria degli utenti, di portali come Wikipedia, e, come detto anche dei big di internet.

Chi, invece, si sta leccando le ferite?

I vinti sono le grandi realtà del diritto d’autore, ovvero le major, le collective societies che gestiscono proventi del copyright, ma anche le grosse testate d’informazione e le associazioni sindacali che si sono schierate a favore della Direttiva, così come la maggior parte dei partiti italiani che si è spaccata su questo tema.

scorza

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