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L’opposizione, almeno questa volta, ce l’ha messa tutta, ma non basta. Recep Tayyip Erdogan, almeno stando ai dati circolati fino a questo momento, per altri cinque anni sarà il nuovo presidente della Repubblica e il suo Partito, l’Akp, di orientamento islamico un tempo moderato, è ancora la prima forza politica del Paese.

Un successo reso possibile dal fatto che per molti turchi, Erdogan è ancora l’unico leader possibile. I risultati del voto presidenziale sono speculari a quelli del referendum costituzionale dello scorso anno. Erdogan ha conquistato il 52,5% dei consensi. Il suo principale sfidante, Muharrem Ince si è attestato sul 30,6%, insufficiente per andare al ballottaggio, che sarebbe stato previsto per il prossimo 8 luglio. Ince, di suo, non poteva fare di più. Paga il fatto di avere un partito, i laico-repubblicani del Chp, per troppo tempo inattivi e portatrici di una politica che li faceva percepire come vecchi e inaffidabili.

Meral Aksener, che doveva rappresentare la grande novità di queste elezioni ha raccolto appena il 7,3%. Voti preziosi, che forse potevano essere convogliati in modo più utile. Buono invece il risultato di Selahattin Demirtas, che nonostante i quasi due anni in carcere e la campagna elettorale completamente virtuale, ha comunque portato a casa l’8% dei consensi.

Il voto parlamentare conferma l’Akp primo partito, ampiamente sopra il 40% dei consensi. La formazione di Erdogan ha conquistato il 42,5% dei consensi che con il risultato dei loro alleati, il Partito nazionalista del Mhp, vuole dire una maggioranza in assemblea sufficientemente tranquilla e non aspettarsi brutti scherzi dall’opposizione. Che c’è ed è più variegata del solito. Il Chp, che sicuramente si aspettava qualcosa di più, è ben al di sotto la soglia psicologica del 25%. Si ferma al 22,6% con 146 deputati, la metà di quelli del partito di Erdogan. I loro alleati, i conservatori dell’Iyi parti, li aiutano solo fino a un certo punto, visto che hanno passato la soglia elettorale per un soffio e portano in dote appena 46 deputati. Il Partito curdo in compenso si conferma la terza formazione politica del Paese. E con un buon 11,2% riesce ad arrivare a 67 deputati.

L’immagine è quella di una Turchia dove l’opposizione è più attiva rispetto al passato, ma dove il successo del Reis Erdogan è innegabile. Come è innegabile il fatto che d’ora in avanti il Paese rischia una deriva autoritaria ancora più veloce di quella che l’ha caratterizzata fino a questo momento. Con la differenza che adesso una parte della nazione potrebbe reagire al di fuori degli appuntamenti elettorali.

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