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Chiuso il contratto di governo, un punto saliente del programma di Lega e Cinque Stelle è senz’altro l’immigrazione. Non poteva, d’altronde, essere altrimenti visto lo storico posizionamento “contro” della Lega e il progressivo spostamento del Movimento su posizioni simili, in particolare da quando Di Maio sdoganò la fortunata metafora dei “taxi del mare” che procurano l’invasione dell’Europa.

IMMIGRAZIONE: RIMPATRI E STOP AL BUSINESS

Questo è il titolo del capitolo del contratto di governo dedicato alla questione migratoria, un incipit che lascia spazio a pochi dubbi sull’approccio generale al tema, a scapito di quanto avrebbero ancora potuto sperare gli elettori “nativi di sinistra” del Movimento. Messi da parte gli annunci, vediamo nella sostanza quanto le proposte del contratto siano coerenti e attuabili.

ASILO E REGOLAMENTO DI DUBLINO

Lega e Movimento chiedono un superamento dell’attuale regolamento di Dublino, la famosa legge comunitaria che stabilisce che i richiedenti asilo che non abbiano parenti o soggiorni pregressi altrove in Europa debbano rimanere nel primo paese d’ingresso nell’Unione. Da notare, però, che fu proprio nel 2003, durante il secondo governo Berlusconi in alleanza con la Lega, che la Convenzione fu trasformata in Regolamento rendendo direttamente applicabile il (giustamente) vituperato principio del paese di primo ingresso nel nostro Paese.
Ancor più curioso è che il contratto richieda adesso il superamento del Regolamento in nome del principio di solidarietà tra gli Stati Membri dell’Ue e la redistribuzione automatica e obbligatoria dei richiedenti asilo dato che il 16 novembre scorso, quando il Parlamento europeo ha votato sulla risoluzione legislativa che auspicava proprio quanto sopra, tutti i parlamentari europei del Movimento hanno votato contro la proposta.
In campagna elettorale, durante due diversi confronti tra me e Manlio di Stefano, a questa mia osservazione di Stefano rispose che la posizione del Movimento era giustificata dal fatto che il Movimento desiderava che anche i migranti irregolari ed “economici” fossero redistribuiti.
Tenue giustificazione dato che, è giustamente dopo il ricollocamento che si dovrà decidere se i migranti siano effettivamente rifugiati, “economici” o altro. Ma questo non è certo l’unico punto su cui obiettare in materia di diritto europeo che si trova nel contratto stilato dai membri della futura coalizione di governo.

IL “BUSINESS” DELL’ACCOGLIENZA

Che sull’accoglienza di quanti arrivano via mare o via terra per richiedere asilo in Italia si possa fare di più è indubbio. Il contratto si focalizza sulla trasparenza dei capitolati e delle procedure d’affidamento dei servizi, spingendosi fino ad auspicarne una possibile statalizzazione dei centri. Come se la Lega non abbia giocato un ruolo fondamentale nella creazione del sistema attuale acconsentendo, quando al governo, all’adozione di una serie di decreti declaratori dello “Stato d’emergenza”, sulla base della normativa di protezione civile sui disastri naturali (sic!). La stessa, per dire, di cui ci si serve per far fronte ai terremoti, come a L’Aquila. E, come all’Aquila, i decreti adottati dai governi Berlusconi-Lega hanno permesso appalti d’urgenza, spesso secretati.

Il lacunoso sistema d’accoglienza italiano è nato così e fu proprio Moroni, nel quadro dell’emergenza Nord Africa a istituire il più grande centro d’accoglienza d’Europa, quello di Mineo in provincia di Catania (fino a 4000 “ospiti”).
Un villaggio che serviva da residenza per i militari americani di stanza a Sigonella e per cui lo Stato ha pagato svariati milioni l’anno a una società di Parma sin dal 2011. Un’esperienza decretata fallimentare da rapporti internazionali e nazionali, come le dettagliate relazioni della Commissione d’inchiesta sui centri per migranti della Camera de Deputati, istituita durante la scorsa legislatura e presieduta dai parlamentari del Pd Migliore e Gelli. Fallimentare poiché il villaggio è isolato nel nulla, costantemente sovraffollato ed è stato oggetto di una serie infinita d’inchieste riguardo alle gare d’appalto relative ai servizi erogati ai migranti.
Nel frattempo, nuove regole per gli appalti dei centri d’accoglienza più grandi sono state istituite, con l’avvallo dell’ANAC, nel 2017: una riforma evidentemente troppo giovane perché la colazione di governo possa già decretarla inefficace.
Si tratta piuttosto di continuare ciò che altri, in particolare il sottosegretario agli Interni Giandomenico Manzione, hanno già iniziato a fare per rimediare ai madornali errori sull’immigrazione fatti da Forza Italia e Lega al governo.

LE PROCEDURE D’ASILO

Osservazione che vale anche per quanto riguarda i tempi necessari per determinare se un richiedente asilo ha diritto a rimanere nel nostro Paese. I tempi biblici – richiamati dal contratto di governo – necessari per giungere a delle decisioni sulle richieste d’asilo sono già stati dimezzati negli scorsi cinque anni, durante i quali le commissioni di valutazione sono state quadruplicate (da 10 sotto Maroni alle oltre 40 attuali), un grado di giudizio sui ricorsi è -purtroppo- stato abolito dalla riforma Orlando-Minniti, e delle sezioni specializzate di tribunale sono state create per velocizzare tutte le procedure.
Per quanto riguarda gli altri punti relativi alle procedure, poi, il movimento dovrebbe sapere bene che tutto ciò che propone nel contratto si decide esclusivamente a livello europeo, non nazionale, dato che la relatrice della norma in questione al Parlamento europeo è la pentastellata Laura Ferrara. La Ferrara, però, ha finora votato contro le altre riforme in materia d’asilo, spostandosi da posizioni molto progressiste all’inizio della legislatura (era stata responsabile di una lungimirante relazione sui diritti umani) a una più docile adesione al “vincolo di mandato” negli ultimi tempi. Vedremo come gestirà questa riforma.

I MIGRANTI IRREGOLARI

Un punto che mi piace del contratto: non c’è la parola “clandestini”. Una concessione che alla Lega deve essere pesata tantissimo. La principale determinazione della coalizione di governo riguarda le 500 mila persone da rimpatriare. Come? Centri di espulsione regionalizzati: ossia gli stessi già previsti dal decreto Minniti. E accordi bilaterali con i Paesi d’origine, che un abile ministro degli Esteri dovrà stringere con tutti quei paesi africani che ricevono dalle rimesse dei loro emigrati ben più del doppio di quanto non sia destinato loro in termini di aiuti allo sviluppo. Come dimostra l’esperienza di altri Paesi, l’unica “moneta” scambiabile con un contributo dei Paesi d’origine al controllo dell’immigrazione irregolare è un’apertura all’immigrazione, lavorativa, legale. Cosa di cui non c’è traccia nel programma del movimento.

Fortunatamente, la prima proposta di legge (d’iniziativa popolare) sull’immigrazione che il nuovo Parlamento dovrà, o dovrebbe, calendarizzare è quella depositata a seguito della campagna “Ero straniero” e che solo lo scorso anno era stata sottoscritta da oltre 80 mila italiani.
Un successo che ha ispirato, quest’anno, una campagna di respiro europeo, #weareawelcomingeurope: un milione di firme in almeno sette Stati d’Europa da depositare alla Commissione europea per dimostrare che, sull’immigrazione, ci sono cittadini che la pensano diversamente da Lega e Cinque Stelle.

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