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Il battesimo di Mike Pompeo quale nuovo segretario di Stato americano si tiene oggi a Bruxelles. L’ex direttore della Cia, freschissimo di conferma da parte del Senato, partecipa alla riunione dei ministri degli Esteri della Nato, da cui già arrivano nuovi messaggi di deterrenza nei confronti della Russia. L’incontro è d’altronde il primo dopo il caso Skripal e l’escalation in Siria.

ANCHE POMPEO A BRUXELLES

Data la recente ratifica in Senato, la presenza di Pompeo in Belgio è stata in bilico fino all’ultimo, tanto che il Dipartimento di Stato confermava ieri la partecipazione del segretario facente funzioni John Sullivan. Ma i dossier sul tavolo della ministeriale sono piuttosto rilevanti per l’amministrazione americana, e allora via libera al viaggio a Bruxelles del nuovo segretario di Stato, che poi si dirigerà nei prossimi giorni in Arabia Saudita, Israele e Giordania, così da puntellare subito alcune alleanza strategiche.

L’AGENDA DEL VERTICE

L’incontro odierno anticipa la ministeriale Difesa di maggio, e con essa si inserisce nei lavori di preparazione al Summit del prossimo luglio, quando a Bruxelles si ritroveranno i capi di Stato e di governo dei 28 alleati. Come ha spiegato un funzionario senior del dipartimento di Stato Usa, il vertice di oggi verterà su “l’aumento del burden sharing (l’equilibrio dei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico, richiesta ormai tradizionale della presidenza Trump, ndr), rafforzamento della deterrenza e della difesa, e rafforzamento del ruolo della Nato nel contro-terrorismo”. Tre dossier dunque, rispettivamente relativi ai rapporti tra gli alleati, alla competizione con la Russia, e al fianco sud, senza però uno specifico dibattito sulla spinosa questione siriana. È previsto invece un tavolo tecnico relativo all’Afghanistan e un incontro sui Balcani, per i quali gli Stati Uniti sono desiderosi di ribadire l’open-door policy. Dopo il Montenegro, si lavora per la membership della Bosnia-Erzegovina, che ha già presentato un proprio piano d’azione.

GLI EQUILIBRI TRA GLI ALLEATI

Per quando riguarda il burden sharing, la posizione statunitense è ormai chiara: gli alleati devono fare di più. Abbandonate le posizioni Nato-scettiche che Trump aveva manifestato durante la campagna elettorale, i rappresentati americani ribadiscono “la centralità e l’importanza della Nato per gli Stati Uniti”. Eppure, resta la lecita richiesta agli alleati per una più seria assunzione di responsabilità. Torna dunque il mantra del 2% del Pil da destinare alla Difesa, quota decisa nel 2014 durante il Summit in Galles. Ad essa si aggiunge il 20% del budget per la difesa da spendere per i maggiori programmi di equipaggiamento, il tutto entro il 2024 (qui l’approfondimento di Formiche sui livelli di spesa di tutti i Paesi). “Sei Paesi rispettano le quote, nove hanno presentato piani credibili per farlo, e ora è tempo che lo facciano anche gli altri 13 membri dell’Alleanza accelerino, specialmente la Germania, l’alleato europeo più grande e ricco”, ha spiegato il senior official del dipartimento di Stato. Il messaggio a Berlino non è causale, poiché è arrivato a un giorno dalla visita a Washington della cancelliera Angela Merkel. Dopo Emmanuel Macron, sarà la leader tedesca a cercare di rafforzare la sponda atlantica, ed è certo che tra le richieste di Trump ci sarà un maggior impegno sul fronte della spesa per la difesa.

IL CONFRONTO CON MOSCA

Ma la preoccupazione principale resta Mosca. “Dalla fine della Guerra fredda, la Nato non è mai stata così rilevante come oggi; notiamo la rinnovata rilevanza soprattutto attraverso le lenti dell’aggressione russa”, ha rimarcato il funzionario Usa. “Il governo russo – ha aggiunto – ha dimostrato l’abilità di minacciare, minare e addirittura invadere i propri vicini, e rappresenta un fattore di destabilizzazione in Ucraina, Georgia e Siria”. Il messaggio è chiaro, Mosca resta la principale minaccia per la sicurezza trans-atlantica agli occhi di Washington. Lo ha ribadito anche Kay Bailey Hutchison, ambasciatore Usa presso la Nato, ricordando come “non possano essere tollerate” questioni come il caso Skripal, l’eventuale uso di armi chimiche in Siria e le operazioni in Ucraina e Georgia.

IL DOSSIER TURCO

Sebbene non sia previsto nel programma, è probabile che i ministri parlino anche di Turchia, membro storico e rilevante della Nato che da qualche tempo ha però mostrato una certa insofferenza, avvicinandosi a Putin su diversi dossier. “Siamo molto preoccupati per la fornitura, apparente, dell’S-400, un sistema di difesa missilistico russo che danneggerà l’interoperabilità con gli alleati della Nato”, ha spiegato la Hutchison. Prima di tutto, ha aggiunto la diplomatica, c’è il rapporto bilaterale tra Washington e Ankara: “Negli Stati Uniti abbiamo una legge appena approvata, che sanziona i Paesi che acquistano equipaggiamenti russi”. Poi, c’è la questione dell’interoperabilità. È una situazione “molto difficile e abbiamo chiesto alla Turchia di cercare alternative per un sistema di difesa missilistica; non vogliamo negare in alcun modo il diritto di difesa turco, ma devono avere piena coscienza delle conseguenze dell’acquisto di un sistema da un avversario della Nato”.

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