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Responsabile delle relazioni internazionali della Comunità di Sant’Egidio, Mauro Garofalo ricorda bene, ovviamente, l’11 marzo di quest’anno, quando papa Francesco, recandosi in visita alla Comunità in occasione del suo 50esimo anniversario, ha incontrato anche alcuni profughi giunti in Italia grazie ai corridoi umanitari, gran parte di loro proprio dalla Siria. E quella volta il pontefice ha usato per la prima volta il vocabolo “sterminio” riferendosi alla tragedia siriana, e sottolineando che tanti anni dopo gli orrori della II guerra mondiale questa assurda logica ancora permane. In quell’occasione il papa ha incontrato un ragazzo siriano fuggito dal campo profughi di Yarmouk, che ha parlato anche di sua madre, rimasta cieca per via dei frammenti di una bomba che l’hanno colpita e ha aggiunto di essere divenuto lui da quel momento gli occhi della madre. Dopo quell’incontro, nel quale ha usato per la prima volta la parola “sterminio”, Francesco è tornato a usarla a proposito della Siria nel suo messaggio in occasione della Pasqua. Per Jorge Mario Bergoglio l’esperienza vera, concreta, conta molto più delle teorie. Così è stato normale per me chiedere a Mauro Garofalo se quell’incontro possa aver avuto un impatto sul papa. “È la logica dell’esclusione, dello scarto, quella che in Siria diviene la logica dello sterminio. Lui ha ascoltato le parole dei profughi come ha ascoltato le parole di tanti esclusi. A me sembra che sia guidato dall’esperienza della sofferenza degli esclusi, che ha visto a Buenos Aires e che poi ha seguitato a incontrare da papa a Lampedusa, a Lesbo, in tanti altri esclusi, scartati. L’esperienza degli esiliati non può scorrere addosso come fosse acqua. Lo sdegno principale sono i bambini che non hanno conosciuto altro che la guerra, da sette anni. Un bambino di otto anni in Siria conosce solo la guerra”.

La guerra che si combatte in Siria vede coinvolti tanti eserciti stranieri, e la logica assurda dello sterminio ci accompagna da anni. L’abbiamo vista in tanti assedi, accompagnati da azioni militari che hanno comportato l’uso di armi chimiche.

“È la conseguenza della logica dello sterminio. L’obiettivo dell’uso di armi chimiche è massimizzare le vittime tra la popolazione inerme, civile. In contesti del genere chi potrebbe avere una maschera antigas? Un soldato, non certo un civile! Dunque ha assolutamente ragione papa Francesco a parlare di sterminio”, commenta Garafolo.

Purtroppo davanti all’uso di armi chimiche ormai costante, l’unico confronto è diventato quello su chi le ha usate, visto che ogni volta, dal 2013, il regime di Damasco, con il sostegno di Mosca, nega la propria responsabilità. Questo fa ricordare Sarajevo, quando la strage del mercato venne attribuita a chi era sotto assedio.

Per il responsabile relazioni internazionali della Comunità “bisognerebbe riattivare i meccanismi di vigilanza dell’Onu, i soli che potrebbero impedire un rimpallo di responsabilità del genere. Esistono dei meccanismi di controllo e sono gli unici che potrebbero spezzare questo circuito”.

Oggi i principali teatri militari siriani, l’area della Ghouta e l’area curda, appaiono afflitti da questo desiderio di sterminare comunità ostili, i curdi ritenuti ostili da Ankara, i sunniti ritenuti ostili da Damasco. E l’Isis sappiamo che ha fatto sua questa logica e la farebbe sua ancora oggi, se tornasse a operare in Siria, come altre sigle dell’estremismo jihadista. Ma tutto questo avviene coinvolgendo importanti attori internazionali in un territorio limitrofo a quello europeo. “Vero – conferma Garofalo – ma soprattutto avviene ai danni del popolo siriano, che è costituito da tutte le vittime”.

Queste vittime, di una guerra combattuta contro di loro da tanti attori diventano nuovamente vittime quando la mentalità dello sterminio le espelle dal loro Paese, obbligandole alla fuga.Ma i profughi siriani giunti in Europa non hanno trovato solidarietà, diventano nuovamente vittime, percepiti addirittura come invasori. Oltre a fare accordi con la Turchia perché li trattenga lì l’Europa non può proprio fare altro?

“Noi, insieme ai valdesi, abbiamo pensato ai corridoi umanitari, che possono evitare questa duplice vittimizzazione, anche con il contributo dei singoli. Allargare il meccanismo dei corridoi umanitari è possibile in tanti Paesi europei. I siriani sono musulmani e cristiani, dunque gli invasori di certo immaginario sono musulmani e cristiani, visto che tali sono i siriani”.

Dobbiamo temere una ulteriore escalation del conflitto. “Abbiamo visto in passato l’abbattimento di un jet russo, di un aereo israeliano, poi l’intervento diretto russo: le circostanze in cui si è temuta una estensione o un aggravamento del conflitto non sono state certo poche. Anche gli attacchi chimici non sono stati pochi. Dunque temere è logico. Fino a quando prevarrà l’idea di poter vincere militarmente la guerra le cose seguiteranno ad andare così”. Solo la scelta autentica del negoziato potrebbe indurre dunque a sperare, e non a temere.

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