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Cambiano i target, ma l’obiettivo resta lo stesso: minare le fondamenta di ogni voce critica nei confronti del Cremlino. Per gli esperti americani è questa la missione di una nuova ondata di campagne di phishing – condotte negli Stati Uniti ai danni di think tank e noprofit – che porterebbe la firma di Apt28, un famigerato gruppo informatico che molti addetti ai lavori collegano all’intelligence militare di Mosca.

I RILIEVI DEGLI ESPERTI

Secondo i ricercatori del colosso tech Microsoft e la sua Digital Crimes Unit, il collettivo di hacker avrebbe creato finte versioni di sei siti – realizzati diversi mesi fa, ma quasi subito individuati dall’azienda – con l’intento di violare gli account dei loro utenti e sottrarre preziose informazioni da utilizzare in modo non ancora chiaro.

I TARGET

Diversi i target, in larga parte vicini ad ambienti repubblicani contrari alla linea di politica estera adottata dal presidente Donald Trump (ritenuta troppo “morbida” nei confronti del suo omologo russo Vladimir Putin) o sostenitori di un proseguimento delle sanzioni contro Mosca e di un maggiore pressing sui suoi oligarchi e per il rispetto dei diritti umani nel Paese.
Tra i bersagli rilevati, racconta il Washington Post, c’erano infatti realtà come l’International Republican Institute, una noprofit statunitense, finanziata dal Dipartimento di Stato, che promuove la democrazia nel mondo

e che ha nel suo board nomi di alto profilo accomunati da un forte timore per le ingerenze attribuite a Mosca. Due nomi su tutti: il senatore dell’Arizona e veterano di guerra John McCain e il generale H. R. McMaster, precedentemente consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca (rimpiazzato in primavera da John Bolton). O ancora l’Hudson Institute, un think tank conservatore che si occupa, tra le altre cose, di documentare episodi di corruzione anche in Russia. Infine, altri tre siti erano affiliati al Senato, mentre un altro imitava proprio una piattaforma di servizi Microsoft.

LA PISTA RUSSA

Il gigante dell’informatica non ha attribuito in modo diretto gli episodi al Cremlino, ma ci sarebbero indizi che portano a Mosca. Tra questi, rimarcano esperti sentiti dal New York Times, il più concreto sarebbe il coinvolgimento di Apt28 (noto anche come Fancy Bear), un gruppo che si ritiene collegato al Gru – l’intelligence militare del Paese – e che secondo i servizi di informazione americani sarebbe responsabile di una serie di operazioni informatiche a danno dei Democratici Usa, a partire dagli attacchi durante le elezioni presidenziali del 2016.

ALLARME ROSSO

Nonostante il clamore della notizia, l’episodio non coglie però impreparati gli apparati di sicurezza e gli ambienti politici di Washington, semmai rappresenta la conferma di quanto denunciato da tempo. Il Senato americano si è espresso in modo netto con passaggi legislativi sulla necessità di non abbassare la guardia sul tema delle intrusioni informatiche. Poche settimane fa, alla vigilia del contestato incontro tra Trump e Putin a Helsinki, il direttore della National Intelligence Dan Coats aveva definito il pericolo di cyber attacchi russi da “allarme rosso”. Mentre altri colossi del Web, come Facebook e Twitter, continuano a segnalare a intervalli regolari la chiusura di profili e pagine ritenuti parte di campagne di disinformazione e influenza, con una collaborazione pubblico-privato che – nonostante i rischi altissimi, soprattutto in vista delle delicate elezioni di midterm in programma a novembre – inizia a dare i primi risultati.

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