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Il wannabe premier italiano Giuseppe Conte è stato convocato per le 19:00 al Quirinale: scade oggi la deadline fissata da Lega e M5S, i due partiti che hanno garantito l’appoggio parlamentare all’avvocato dal lungo curriculum, ma dalle inesistente esperienza politica.

Il governo italiano forse si farà, prima o poi, intemperanze salviniane a parte, e la situazione si stabilizzerà. Si spera. Anche se resta per ora il nodo sul nome dell’economista Paolo Savona, considerato troppo estremo (anti-Ue?) per guidare il Mef, e finito in mezzo alla guerriglia con cui la Lega ha cercato di stringere alle corde la linea europeista del Capo dello Stato. Un punto critico, che potrebbe far saltare anche questo, più concreto, tentativo di Conte.

Si semplifica, ma Savona sembra un pensatore che adatta le sue visioni al contesto, abitudine dimostrata con la dichiarazione con cui ha rotto il silenzio: “Io sono per un’Europa più forte ma più equa”. Come dire, tutte le uscite sghembe raccolte in questi giorni dai giornali sono più che altro la posizione da lotta: quando si va al governo si cambia e si sceglie una linea più morbida e dialogante. Si spera, due.

Quel che preoccupa invece è la lettura che di quelle visioni ne fa chi lo sostiene. Lo scontro con la Germania, accusata di un comportamento scorretto dal professore, richiede allora una qualche riflessione perché diventa veicolo sovranist-salviniano. E magari va aggiornato al contesto attuale.

Ci si prova, in breve. Savona ha usato parole anche dure, violente, per un’interpretazione dell’Europa di tempo fa, quella in cui Angela Merkel era forte e severa, simbolo dell’austerità di Bruxelles odiata dai sovranisti. Ma, tralasciando la forma e cercando di andare oltre, spingendosi al fondo della questione: quella lettura era probabilmente legata a una fase in cui Merkel era veramente forte, potente, dove il motore franco-tedesco dell’Ue aveva un traino unilaterale: Berlino.

Letture aggressive contro una Germania che si potrebbe dire che fagocitava — anche solo per forza economica — il progetto europeo, iniziando da Parigi, dove sedeva un presidente, François Hollande, ai minimi per consenso interno e poco influente all’estero.

Ma lo scenario è certamente cambiato: Merkel è indebolita, ha ammesso addirittura di aver dovuto essere cattiva perché la disegnava così il suo partito, che le chiedeva posizioni più severe con l’Europa del Sud

Cambiano i riferimenti, allora? Può darsi: all’Eliseo è entrato Emmanuel Macron, un “Maverick”, un presidente che si è dimostrato assertivo anche in forma eccessiva su tutta una serie di dossier, in cui spesso è anche entrato in competizione con l’Italia. Per esempio, mentre diceva di essere impaziente di collaborare con  il designato premier Conte e portarlo sul suo solco (a proposito: è un’ingerenza? Che ne pensano i sovranisti?) organizzava un vertice parigino con cui scavalcare il lavoro diplomatico italiano — e quello onusiano — sulla Libia, dossier di interesse strategico per l’Italia e su cui Macron ha fatto di tutto per tagliar fuori gli alleati, per prima Roma.

Attenzione, dunque, a una lettura sbagliata della situazione, dove si demonizza il principale partner commerciale italiano, la Germania, con cui invece magari, adesso, si potrebbe giocare di sponda per bilanciare l’europeismo di interessi con cui Macron nasconde certe ambizioni nazionaliste francesi.

 

Occhio: e se per l’Italia Macron fosse più temibile della Merkel?

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