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Se la forza di un’industria è l’export, il protezionismo non può che esserne nemico. E per l’agroalimentare le cose stanno esattamente così. Di dazi ma anche di libero scambio e trattati bilaterali (come il Ceta) si è parlato questa mattina a Palazzo Wedekin, in occasione della presentazione del rapporto Ismea sulla competitività del settore agroalimentare (qui l’articolo di Formiche.net con tutti i dettagli).

Lo scorso anno l’agroalimentare italiano ha fatto segnare un export di 41 miliardi di euro, registrando il record storico. Ed è proprio per questo che dalla filiera si leva una certa preoccupazione in merito alla spinta protezionistica che arriva dagli Stati Uniti. Il direttore generale di Ismea, Raffaele Borriello, è stato piuttosto chiaro nelle sue conclusioni.

“A breve termine la crisi della globalizzazione e i rischi di deriva neo-protezionistica, di recente alimentata dalla guerra dei dazi tra Usa e Cina, possono danneggiare l’agroalimentare italiano”, ha spiegato Borriello. E allora “in un mondo più protezionista, dove si esporta con più difficoltà e dove si importa a costi maggiori, il made in Italy agroalimentare avrebbe più da perdere che da guadagnare”.

L’attenzione delle imprese della filiera verso la situazione americana è insomma massima, come ha spiegato a Formiche.net Dino Scanavino, presidente della Cia-Agricoltura, al termine dell’evento. “Francamente non posso dire che non siamo preoccupati dalla situazione venutasi a creare con l’apposizione dei dazi. E un qualcosa che lede non solo il concetto di libero scambio ma soprattutto chi vende prodotti al 100% made in Italy all’estero. Tuttavia voglio ricordare che ci sono numerosi trattati di liberi scambio che ci tutelano, questo non lo dobbiamo dimenticare”.

Scanavino si è poi soffermato anche sul Ceta, il trattato italo-canadese fortemente criticato da Lega e Cinque Stelle. “Io il Ceta sinceramente non lo toccherei, è un qualcosa che ci può avvantaggiare. Smontarlo ora non credo che significherebbe automaticamente bloccare il libero flusso di scambio tra noi e il Canada”.

Non la pensa così il ministro per le Politiche Agricole Gian Marco Centinaio, intervenuto all’evento Ismea. Sul Ceta “prenderemo una decisione, non appena avremo un quadro oggettivo dell’accordo, per cui non abbiamo fretta. Noi vogliamo tutelare i nostri prodotti e garantire che gli agricoltori vengano tutelati a partire dagli assessori regionali fino ai parlamentari europei e quindi dai Comuni all’Europa. Vogliamo capire, per fare un esempio, se si sta per acquistare un riso coltivato e trattato in Italia o in Birmania e quindi se vuoi comprare un riso 100% italiano o no devi essere aiutato a saperlo in modo trasparente”.

In merito all’export, Centinaio ha specificato come “la nostra mission è quella di aumentare l’export dei 41 miliardi attuali e quindi vogliamo aiutare quelle aziende che vogliono portare dall’altra parte del mondo il 100% italiano ma anche aiutare gli agricoltori che non riescono ad andare oltre ai mercati rionali. Oggi l’italian sounding (imitazione di prodotti made in Italy, ndr) vale 100 miliardi. Questo significa che l’export italiano ha un’autentica prateria davanti”.

Perché scommettere sull'export dell'agroalimentare. Parola di Centinaio

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