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Trasferire l’ambasciata americana a Gerusalemme, capitale di Israele, è il giusto riconoscimento dello status quo. E’ questa la lettura della giornalista e scrittrice Fiamma Nirestein che in questa conversazione con Formiche.net ha commentato l’annuncio del presidente americano Donald Trump e la conseguente quasi unanime condanna delle cancellerie internazionali. Una decisone – quella dell’inquilino della Casa Bianca – che si teme possa innescare nuove tensioni in un Medio Oriente già lacerato da guerre e conflitti etnici e religiosi.

Fiamma Nirestein, è giusto che l’ambasciata americana sia trasferita a Gerusalemme?

Gerusalemme è la capitale di Israele dal 1950. Questo ha portato benefici alle tre religioni ospitate: mai nella storia i luoghi delle tre religioni erano stati accessibili a tutti e gestiti ciascuno dalla sua comunità di riferimento. La Knesset e tutte le istituzioni sono a Gerusalemme, e anche al loro interno c’è una presenza araba. Non è un caso che i cittadini arabo-palestinesi di Gerusalemme, quando vengono interrogati dai sondaggi, rispandono sempre di voler rimanere nella parte ebraica della città. Da 3000 anni gli ebrei vivono a Gerusalemme, non sono andati via nemmeno nei momenti di persecuzione. Gli ebrei pregano rivolti verso Gerusalemme, e quando si sposano rompono un bicchiere dicendo: “Se ti dimentico Gerusalemme, così mi dimentichi la mia mano destra”.

La decisione di Trump non rischia di interrompere le trattative per la pace in Palestina?

Venti anni di trattativa non hanno portato da nessuna parte, solo al terrorismo palestinese, e ad una insopportabile delegittimazione degli ebrei, iniziata fin dai tempi dell’alleanza fra Adolf Hitler e Amin al-Husseini e che ancora oggi non è finita. Nella Umma islamica il popolo ebraico non ci deve essere, il fine ultimo dei palestinesi è far sparire gli israeliani. Trump ora ha intravisto una possibilità di cambiamento, in un momento in cui il mondo sunnita è molto preoccupato dalla presenza iraniana e di Hezbollah in Siria. La sua decisione parte semplicemente da un principio di realtà: Gerusalemme è già la capitale israeliana.

Già nel 1995, con la presidenza di Bill Clinton, il Congresso americano aveva passato una risoluzione per spostare l’ambasciata a Gerusalemme. Perché in più di venti anni non è stato fatto nulla?

Perché i palestinesi non lo hanno mai accettato. Sia Ehud Barak che Ehud Olmert avevano promesso una parte di Gerusalemme ai palestinesi, ma a loro non è mai sembrato abbastanza.

Cosa ne sarà del processo di pace?

Non è mai esistito un processo di pace: per questo si sta cercando un’altra via. Inoltre gli israeliani non potrebbero mai accettare un processo di pace basato sugli accordi del 1967, sarebbe una condanna a morte. Dopo che Israele ha sgomberato Gaza, da quei confini, tracciati dopo una guerra di aggressione contro gli israeliani, i palestinesi hanno iniziato a sparare missili all’impazzata contro Gerusalemme. Se fossero ristabiliti quei confini si immagini cosa succederebbe all’aeroporto di Ben Gurion di Tel Aviv, gli aerei in decollo o in atterraggio potrebbero essere colpiti dai missili palestinesi.

La miccia accesa da Trump rischia di accendere la polveriera mediorentale in un momento di grave instabilità. Non si poteva trovare un tempismo migliore?

Il Medio Oriente è la regione più instabile e imprevedibile al mondo. Domani Israele si può trovare di fronte a un assalto blindato del mondo arabo, ma non cambia nulla su Gerusalemme. Questa è la capitale dello Stato di Israele, lo è stata fino ad ora e lo sarà domani. I palestinesi continueranno a governare i loro luoghi sacri, i cristiani custodiranno il santo sepolcro, i medici palestinesi cureranno negli ospedali israeliani e gli arabi continueranno a sedere nella Knesset.

La preoccupa la risposta del presidente turco Erdogan, che ha minacciato di tagliare qualsiasi rapporto con Tel Aviv?

Erdogan è un nemico ontologico di Israele. Per lui si tratta di un affare di famiglia, d’altronde l’Impero Ottomano era il padrone di Gerusalemme. C’è una gelosia storica, dovuta alla mal riposta convinzione di essere un sovrano. In più Erdogan è il capo della fratellanza musulmana, da sempre il suo fanatismo antisemita è legato a questo ruolo.

Gran parte dell’Unione Europea ha preso posizione contro la scelta del presidente americano. Si aspettava una reazione diversa?

Mi domando se i leader europei non potessero essere più intelligenti questa volta, invece di ripetere la solita canzoncina dei confini del 1967. Sono delusa in particolare da Emmanuel Macron, ma non sono sorpresa: ormai la comune condanna di Israele è l’unico momento di unità di un’Europa sempre più divisa.

Il Papa nell’udienza di mercoledì ha chiesto di rispettare lo status quo concordato dall’Onu.

Lo status quo non verrà toccato, perché al momento Gerusalemme è la capitale di Israele. Mi spiace che ci sia stata una chiamata fra Papa Francesco e Abu Mazen. Avrei preferito che Abu Mazen manifestasse per altre vie le sue richieste ad Israele, cercando una mediazione, invece che continuare ad accusare gli israeliani di aver occupato la città.

nirenstein

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