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Vladimir Putin mostra i muscoli nel Baltico. Questo mercoledì Mosca ha dato il via a una poderosa esercitazione militare di tre giorni nel Mar Baltico, a pochi chilometri dalla linea di confine dell’area Nato. Tre corvette della marina militare russa, una fregata e altre quattro navi saranno impiegate in operazioni di contraerea e test missilistici, mentre alcuni elicotteri di bordo condurranno test anti-sottomarini e voli di addestramento. Si tratta della più grande esercitazione militare russa al confine con l’Europa dallo scorso settembre, quando il Cremlino aveva fatto suonare i campanelli d’allarme della Nato impegnando le sue truppe in manovre al confine con i Paesi Baltici, la Polonia e la Scandinavia.

Il tempismo non è affatto casuale. Martedì il presidente americano Donald Trump ha infatti accolto nello Studio Ovale Raimond Vejonis, Kersti Kaljulaid e Dalia Grybauskaité, rispettivamente presidenti di Lettonia, Estonia e Lituania, rendendo onore alla “profonda e lunga amicizia” che lega Washington ai Paesi Baltici, tra gli alleati più fedeli, ma anche più strategici, dell’Alleanza Atlantica. Mentre le relazioni diplomatiche fra Russia, Stati Uniti ed Europa sono ridotte ai minimi termini dopo il round di espulsioni seguite al caso Skripal, Trump ha rassicurato gli alleati baltici che nessuno “è stato più duro con la Russia” della sua Casa Bianca e ha dato loro merito di aver rispettato i vincoli di bilancio della Nato, “mentre altri non lo hanno fatto, ma lo faranno presto”. La visita in Lettonia, programmata per questo giovedì, del generale statunitense Curtis Scaparrotti, comandante dell’esercito Nato e delle truppe statunitensi in Europa, conferma che le tempistiche dell’esercitazione militare russa non sono state lasciate al caso.

Il ministero della Difesa russo ha notificato solo all’ultimo momento i Paesi confinanti. Questo martedì i Paesi baltici hanno ricevuto da Washington l’avviso dell’esercitazione assieme a Polonia e Svezia, costretta a deviare le rotte dei voli civili per evitare incidenti. Le manovre militari in corso “non riducono le tensioni nella regione, al contrario peggiorano lo stato della sicurezza” ha commentato di ghiaccio il presidente lettone Vejonis su twitter, definendo poi ai microfoni di Reuters l’operazione di Mosca “una dimostrazione di forza”. Il segretario della Nato Jens Stoltenberg, a margine di un incontro con il primo ministro canadese Justin Trudeau, ha espresso le sue preoccupazioni, pur riconoscendo il diritto di uno Stato di condurre un’esercitazione militare: “Rimaniamo vigili, stiamo aumentando la reattività delle nostre forze, specialmente nella regione Baltica”. Da parte sua questo mercoledì, scrive il Washington Post, il ministro della Difesa russa Sergei Shoigu ha minimizzato le preoccupazioni degli alleati Nato, che “si intimidiscono da soli con un’inesistente minaccia russa e poi sistematicamente aumentano il loro arsenale militare”.

I Paesi baltici però non sono gli unici a doversi preoccupare di una crescente aggressività russa al confine. In quella regione da gennaio anche l’Italia è impegnata in prima linea in operazioni di pattugliamento sotto l’ombrello della Nato. Si tratta di “Baltic Eagle“, l’unica missione militare italiana del 2018 lontana dal continente africano: fino a maggio quattro aerei, due eurofighter di Gioia del Colle e due typhoon del 4° stormo di Grosseto condurranno manovre di “air policing” per sorvegliare i cieli dell’Estonia. I velivoli fanno base assieme a circa altri 120 militari italiani all’aeroporto di Ämari, a pochi chilometri da Tallin. Un tempo sarebbe stata pura routine, ma da quando, con l’annessione della Crimea, si sono riaccese le tensioni al confine Est con Mosca la missione Nato, che ogni quattro mesi viene affidata a uno Stato diverso, ha acquisito un’altissima rilevanza strategica.

daghestan, Putin

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