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Le indiscrezioni riportate da Formiche.net, secondo cui il centrodestra starebbe valutando la possibilità di creare un gruppo unitario alla Camera e al Senato per convincere il presidente Mattarella della solidità della coalizione, incuriosiscono non poco Giovanni Orsina, professore di Storia contemporanea alla Luiss, autore del celebre saggio “Il berlusconismo nella storia d’Italia” (Marsilio). “Sarebbe un esperimento interessante e una mossa intelligente”, commenta ai nostri microfoni. Ma, aggiunge, sarà il segno inequivocabile di un passo di lato di Silvio Berlusconi: “A prescindere da chi presiederà il gruppo, se fosse confermata questa ipotesi, vorrebbe dire che Berlusconi ha già deciso di lasciare la sua eredità politica a Matteo Salvini”. Il politologo ritiene realistico, nel prossimo futuro, un fronte unito della destra italiana a guida leghista, purché Salvini abbandoni in parte i toni battaglieri della campagna elettorale. E a sinistra? Non sarà Carlo Calenda, a suo dire, il volto del dopo-Renzi. Anche perché il dopo-Renzi non è ancora iniziato, il segretario dem “venderà cara la pelle”.

Professore, queste elezioni segnano la fine politica di Silvio Berlusconi?

Con Berlusconi bisogna sempre essere cauti perché ha mille vite. Mi sento comunque di rispondere di sì, non tanto per il risultato, perché il 14% è più che dignitoso, ma perché per la prima volta esiste un’alternativa. Gli elettori italiani sanno che c’è un erede: Matteo Salvini, che ha quarant’anni di meno, è in crescita, non è logoro. Berlusconi ha sempre fagocitato i suoi eredi poco dopo averli designati, con la scusa del “non c’è nessuno che possa succedermi”. Questa volta c’è, ed è riuscito a succedere con i suoi voti, non con quelli di Forza Italia.

Si immagina nel breve periodo uno schieramento di destra unito a guida leghista?

Mi sembra che quella sia la direzione, e pare che l’operazione stia già riuscendo. È ovvio che questo richiederà da parte di Salvini intelligenza politica: la sua Lega non può pensare di diventare un partito mainstream con la stessa narrativa con cui è diventata il partito sovranista. Però è vero che già adesso molti elettori di Forza Italia si sono spostati sul fronte della Lega, l’omogeneità dell’elettorato di centrodestra è notevole. Ci sono poi dei moderati che si fidavano di Berlusconi che non vogliono votare Berlusconi: starà al segretario del Carroccio decidere se conquistarli o cercare altrove nuovi elettori.

Secondo alcune voci di corridoio il centrodestra starebbe pensando a creare un gruppo unito alla Camera e al Senato per mandare un segnale di unità al presidente Mattarella..

Un gruppo unitario darebbe già l’idea chiara di quanto ho detto. La leadership politica sarebbe di Salvini, i deputati di Forza Italia starebbero in un gruppo a egemonia leghista. Avere due gruppi parlamentari più forti è importante, ma è necessario comunque trovare i numeri per una maggioranza. Se quel gruppo non riesce a trovare un complemento e rimane nella minoranza la strategia diviene inutile.

A suo parere il sistema politico italiano sta tornando ad essere bipolare?

Questo è solo uno scenario possibile. Ma i politici agiscono, non sono semplicemente ricettori passivi degli eventi. Non credo che Salvini e Di Maio siano già i leader di due poli, credo che possano diventarlo in futuro. Il Movimento Cinque Stelle, identificando un grande spazio a sinistra, dove non solo il Pd, ma anche LeU e + Europa sono andati male, potrebbe decidere di recuperare, fra le tante anime che lo compongono, quella di sinistra, lasciando alla Lega l’opinione di destra. In questo modo si ricostruirebbe un bipolarismo Lega-M5S.

Davvero crede che i Cinque Stelle potrebbero riscoprire una sintonia con l’elettorato Pd?

Il Movimento è ambiguo, ma non perde occasione di dire una cosa politicamente corretta. Ha avuto toni più forti sull’immigrazione, ma, come hanno rilevato i miei colleghi del Cise, il 70% degli elettori che hanno votato a sinistra sono sensibili alla retorica anti-immigrati.

Perché in Renzi non sono riusciti a trovare un interlocutore?

Perché M5S e Renzi erano alternativi. Il segretario dem è nato per consentire al Pd di rimangiarsi i Cinque Stelle. Oggi Renzi si definisce l’argine al populismo, ma ricordiamoci che lui è nato sul tema della rottamazione, della contrapposizione élites-cittadini, la sua retorica era populista, come populista e demagogica è la retorica di altri movimenti europei di sinistra come En Marche di Macron, sono i contenuti che cambiano.

Carlo Calenda ha annunciato che si iscriverà al Pd. Può essere lui il nuovo volto del dopo-Renzi?

Per il momento direi assolutamente di no. Premesso che il governo Lega-Cinque Stelle non è sul tappeto, perché soltanto uno sciocco al posto di Salvini accetterebbe di fare la stampella di Di Maio, e anche perché, come ho detto, i due movimenti stanno cercando di spartirsi a metà lo spazio politico, l’unica opzione di governo passa per il Pd. La prima decisione che deve prendere il Nazareno è se entrare in una maggioranza di governo con il centrodestra o i pentastellati. La pressione sarà molto forte da entrambe le parti. Renzi ha fatto la sua mossa chiudendo la porta a un accordo, ma bisognerà vedere se i deputati renziani saranno disposti a obbedire rimettendosi al giudizio degli elettori.

Tornare alle urne con una nuova legge elettorale può essere una soluzione per stabilizzare il sistema?

Premettendo che non ho simpatie personali né per la Lega né per i Cinque Stelle, se è vero che sia Forza Italia che il Pd sono due partiti in grossa crisi, prima si accellera questa crisi e si stabilizza il nuovo sistema, meglio è. Se il Pd decide di entrare in un governo, che sia con il centrodestra a trazione leghista o con i Cinque Stelle, Carlo Calenda non è il giusto traghettatore. Diverso è se il Pd decide di mettere Calenda alla guida per tornare al voto. Ma bisogna prima capire cosa ne pensa Renzi: non è ancora fuori dai giochi e sappiamo che venderà cara la pelle prima di cedere il passo a qualcun altro.

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