Skip to main content

Non c’era solo una volta il west: il bellissimo film di Sergio Leone con un cast stellare: da Claudia Cardinale a da Henry Fonda; da Jason Robards a Charles Bronson. In quella pellicola si celebrava il passaggio dal vecchio west ai primi accenni di una modernizzazione, che non prometteva molto di buono.

In Italia, invece, c’era una volta l’unità sindacale: quello sforzo immane nel mantenere unito, al di là delle diverse posizioni ideali, il mondo del lavoro. Unità necessaria per poter resistere e vincere quelle resistenze padronali, che ritardavano lo sviluppo di una società eticamente superiore.

Negli ultimi anni quel disegno non solo ha perso smalto, ma i petali principali, che ne caratterizzavano il profilo, sono volati via.

Tra la CISL da un lato e le due altre Confederazioni – UIL e CGIL – dall’altro, la polemica è ormai permanente. Ed un vero e proprio abisso divide Daniela Fumarola, leader del sindacato di estrazione cattolico, da Maurizio Landini, che è il capo della GCIL. Che, a sua volta, aveva mantenuto un costante rapporto, con Pierpaolo Bombardieri dell’UIL, per poi separarsene proprio a causa dello sciopero appena proclamato.

Uno sciopero dalle finalità poco chiare, considerando la natura di questo strumento: rivolto in genere ad ottenere determinati risultati ed invece proclamato, secondo le parole dello stesso Landini, per testimoniare il valore “della fratellanza”.

Decisione, quella della CGIL, cha ha significato una svolta radicale nel sistema di alleanze del più forte sindacato italiano. Secondo una vecchia logica, il problema di Landini era quello di non avere concorrenti a sinistra. Di non lasciare la scena alle piccole formazioni – Usb, Cobas, Cub e Sgb – che da sempre ne avevano contestato il ruolo e la leadership.

Piccole organizzazioni che, nei giorni precedenti, avevano dimostrato, dando luogo ad una serie di manifestazioni spontanee, una notevole capacità di mobilitazione.

Ed ecco allora, con una decisione improvvisa, in aperta violazione delle procedure previste dalla legge 146 del 1990, proclamare uno sciopero nazionale che non ha alcun obiettivo. Se non quello di cavalcare un’indignazione più generale, per quel che avviene in Palestina ed utilizzarla come piattaforma al servizio di un proprio ruolo ed una propria prospettiva.

Gioco che sarebbe perfettamente riuscito, se nel frattempo, il Parlamento italiano non si fosse mosso in una direzione opposta e contraria.

Alla drammaticità della situazione internazionale e mentre la Flotilla era ormai destinata a subire l’abbordaggio da parte delle forze israeliane, maggioranza ed opposizione trovavano una seppur sofferta posizione comune. Facendo voti affinché il “piano di pace”, ispirato da Tony Blair e fatto proprio da Donald Trump, potesse trovare rapida attuazione, ponendo fine alla strage di innocenti che da troppo tempo si produce tra le vie e le piazze di Gaza City. Strage che ha offeso la coscienza del mondo.

Paese legale contro il Paese reale? Da un lato l’accordo, dall’altro la contestazione, con il suo corollario di azioni violente. Ingiustificabili. Eppure il Governo, duramente attaccato nel corso delle manifestazioni, non si era dimostrato insensibile rispetto a quel che accadeva sulle altre sponde del Mediterraneo.

Anzi, quando la stessa Flotilla era stata aggredita in acque internazionali, il pronto avvio di una fregata italiana aveva prodotto deterrenza. Tant’è che quegli episodi non si erano più ripetuti e che, a differenza del passato, il superamento della linea rossa delle acque prospicienti Gaza non aveva prodotto, da parte delle forze israeliane, le dure reazioni del passato.

Si, ma il governo italiano, a differenza di altri Paesi europei, non aveva riconosciuto lo Stato palestinese. In altre parole: non aveva aderito alla proposta francese, senza per altro negare che a quel risultato si potesse giungere una volta liberati gli ostaggi e neutralizzata la forza militare di Hamas.

La differenza tra questa posizione ed il riconoscimento prematuro di uno Stato che, al momento non esiste, era, forse, tale da giustificare una contrapposizione così netta ed a tratti, così violenta? Non lo sarebbe in una situazione normale, ancor meno se si considera la situazione palestinese.

In questa terra le due opposte fazioni non sono in guerra. Sono entrambe alle prese con un’ordalia. Invocano a favore di se stessi il giudizio del proprio Dio. In nome del quale sono pronti a commettere le peggiori infamità. Incuranti delle drammatiche conseguenze.

Ed ecco allora il massacro del 7 ottobre da un lato e la distruzione di Gaza City dall’altro. Gli eccidi, le violenze, contro giovani indifesi colpevoli solo di vivere dall’altra parte e la risposta devastante di un esercito che spara nel mucchio pur di colpire anche un solo terrorista. Mettere fine ad un processo che ha in sé anche le caratteristiche di una guerra di religione, come insegna la storia di tutti i tempi, è quanto di più difficile possa esistere.

Per questo ci vuole pazienza. La politica dei piccoli passi. Con una sola fretta: quella di sminare il più possibile il teatro di guerra per ridurre, al minimo, il numero delle vittime.

Le grandi manifestazioni non violente contro la guerra possono, quindi, aiutare. Si pensi al Vietnam. Ma lo stesso può l’azione diplomatica di quei Governi che puntano, con intelligenza, a condizionare l’attività delle due contrapposte forze in campo. Per spingerle verso un possibile, seppur sofferto accordo. Ancora una volta, quindi, tra le due diverse posizioni non c’è contraddizione, ma una possibile sinergia. Sempre che gli animi siano sinceri. Che si resista alla tentazione di usare quei fatti di sangue nel piccolo teatrino della politica nazionale. Per soddisfare il proprio piccolo cinismo.

Piccole furbizie e grandi ideali. Le proteste pro Palestina viste da Polillo

L’unità sindacale è ormai un ricordo e lo sciopero per Gaza voluto da Landini divide ulteriormente il fronte, mentre il Parlamento sul Medio Oriente trova una rara convergenza. In questo clima infuocato, dovrebbe prevalere la diplomazia piuttosto che la contrapposizione. L’opinione di Polillo

Hamas libererà gli ostaggi. Inizia la prima parte del Piano Trump per Gaza

Per la prima volta dal 7 ottobre 2023, Hamas riconosce il ruolo di Donald Trump come mediatore nella guerra di Gaza. L’accordo per il rilascio degli ostaggi segna un passo significativo, ma i nodi politici restano. Israele prepara la “fase uno” del piano, mentre il presidente americano chiede una sospensione dei bombardamenti per consentire un cessate il fuoco umanitario e garantire la sicurezza dei prigionieri

Copia privata, quando il fine non giustifica il mezzo. La proposta di Monti

Lo sviluppo tecnologico ha scardinato il sistema di retribuzione dell’epoca precedente alla nostra, perché lo streaming si è sostituito alla detenzione materiale del prodotto culturale. Sarebbe necessario introdurre nuovi sistemi che tutelino gli artisti, ma con logiche più moderne

climate change cop 24

L'impresa sostenibile alla prova del contenzioso climatico. Scrive Giordano

Di Andrea Giordano

La transizione ecologica è un percorso che richiede una sinergia consapevole degli operatori che investono in sostenibilità e sul futuro di tutti. Sta alle istituzioni promuovere una rinnovata etica della responsabilità con misure incentivanti che portino a sintesi il particolare della singola iniziativa con l’universale della causa climatica. La riflessione di Andrea Giordano, magistrato della Corte dei conti

Donne e bambini sono le prime vittime dell’estremismo nell’Indo-Mediterraneo

Nel conflitto che attraversa l’Indo-Mediterraneo le prime vittime sono donne e bambini, colpiti da violenze, indottrinamento e privazione di diritti. Da Ginevra l’appello a difendere i più deboli come priorità morale e politica per l’Europa

La Cina avara sulle terre rare può essere un'occasione per l'Ue. Report Merics

La stretta del Dragone sulle esportazioni di minerali critici, mai così evidente dopo il caso germanio, può essere quella leva psicologica per far uscire l’Europa dal torpore. E cercare nuove sponde commerciali, esattamente come fanno gli Stati Uniti

Vulnerabilità cognitive e risposte occidentali. L’analisi dell’Hybrid CoE 

La guerra informativa è oggi una delle principali minacce dirette verso le democrazie liberali occidentali. Il Research Report dell’Hybrid CoE rappresenta una delle più approfondite analisi comparate sullo stato delle politiche di contrasto alla disinformazione nel contesto euro-atlantico. Ecco cosa dice

Il sorriso di Bocchino, il brindisi di Foti, la bandiera di Schlein. Queste le avete viste?

Un primissimo piano dal sapore pizziano per Italo Bocchino al convegno dei conservatori, mentre il ministro Foti brindava alla riunificazione tedesca a Roma. Intanto Elly Schlein in piazza portava la bandiera della Palestina. Ecco le foto politiche degli ultimi sette giorni

Le piazze per Gaza non sono (tutto) il Paese. Pregliasco spiega perché

Sarebbe un errore confondere la voce delle piazze per Gaza con quella della maggioranza. Come confondere le parole d’ordine di chi manifesta con la sensibilità dell’elettorato nel suo complesso, che è molto meno militante e nella gran parte dei casi in piazza non è mai andato in vita sua. Negli anni di Piombo le tensioni si sviluppavano su tempi lunghi e conflitti di lungo respiro, oggi viviamo un’iper-accelerazione mediatica. Colloquio con il fondatore di YouTrend, Lorenzo Pregliasco

Gaza, così cresce il consenso per il piano Trump (con i Carabinieri sul campo)

Nel 1998 Blair lavorò ad un accordo di pace nell’Irlanda del Nord e dopo venne scelto come inviato di pace in Medio Oriente per la comunità internazionale. Il suo ruolo sarebbe di gestire in maniera operativa il “Consiglio per la Pace”, presieduto dallo stesso presidente degli Stati Uniti assieme ad altri leader “molto illustri” di altri Paesi e contando su una forza operativa sul territorio: qui entrerebbero in scena i Carabinieri italiani, che già in passato hanno dato ampie garanzie su terreni complessi simili (quindi non “offerti” da Roma, ma in qualche modo richiesti alla luce del loro background)

×

Iscriviti alla newsletter