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Il presidente statunitense, Donald Trump, ha firmato lunedì un ordine esecutivo che impegna gli Stati Uniti a garantire la sicurezza del Qatar in termini simili a quelli previsti dall’articolo 5 della Nato. Il testo, reso pubblico dopo la visita di Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, afferma che Washington risponderà a qualsiasi attacco armato contro Doha come se fosse una minaccia diretta alla propria sicurezza nazionale. È la prima volta che un Paese arabo ottiene un impegno formale di questo tipo da parte americana.

La decisione nasce come compensazione per il fallito attacco israeliano contro dirigenti di Hamas riuniti a Doha, tre settimane fa, per discutere del complicatissimo processo negoziale in corso. Il raid aereo israeliano ha costretto Netanyahu a scusarsi pubblicamente con l’emirato e messo in difficoltà gli Usa — che gestiscono postazioni militari sul suolo qatarino, Ma la portata va oltre la contingenza. Mentre Arabia Saudita e altri attori regionali da anni chiedono invano a Washington un simile ombrello di difesa, Doha ha sfruttato la crisi per strappare una svolta strategica che nessun altro alleato arabo aveva ottenuto. Perché?

Se per Israele, che da tempo punta a un trattato di difesa con gli Stati Uniti, la firma dell’ordine esecutivo rappresenta una punizione quasi umiliante, per il Qatar, sancisce l’apice di un percorso di lungo periodo. Da Paese isolato nel 2017 durante il blocco imposto dai vicini del Golfo, a interlocutore privilegiato di Washington. La sua capacità di mediazione – da Gaza all’Afghanistan – e la centralità nel mercato globale del gas hanno reso Doha un attore “utile”, capace di legare interessi di sicurezza, energia e diplomazia.

Questa trasformazione non passa inosservata in Europa. Nei primi mille giorni del governo Meloni, il Qatar è emerso come interlocutore strategico anche per l’Italia. Il Dialogo Strategico bilaterale, avviato dopo la visita a Roma dell’emiro Tamim al Thani nel 2024, si è innestato su un volontà cooperativa bilaterale già consolidata, a cui si aggiungono i dossier multilaterali, dal Piano Mattei alla Conferenza di Roma sulle migrazioni.

Il risultato è che Doha non è più solo un fornitore energetico o un mediatore regionale. Sta costruendo un ruolo strutturale nella sicurezza internazionale, rafforzato oggi dal legame diretto con Washington e reso più solido da rapporti diversificati con attori europei — come l’Italia o la Germania. La garanzia di Trump rappresenta un punto di non ritorno: trasforma il Qatar in un perno delle architetture di sicurezza del Medio Oriente, con effetti che vanno ben oltre il Golfo.

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