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Le fibrillazioni all’interno della maggioranza non sembrano preludere a una frattura imminente. Sembrano piuttosto parte integrante di un equilibrio che tiene insieme differenze tattiche, identità politiche da rimarcare e una costante esigenza di rendere visibili le distanze più che gli avvicinamenti. Nel frattempo, si avvicina un autunno elettorale che, soprattutto per il centrosinistra, può rappresentare una fase cruciale. In questo scenario, la figura di Luca Zaia, pur impossibilitato a ricandidarsi, rappresenta un’incognita non trascurabile a maggior ragione perché sembra intenzionato a lanciare una propria lista. Nel frattempo, Pier Silvio Berlusconi non esclude per il futuro una discesa in campo e ferma le acque sulla proposta di FI legata alla cittadinanza. Formiche.net ne ha parlato con Giovanni Diamanti, direttore di Quorum/YouTrend, che ci ha aiutato a leggere sotto la superficie dei numeri.

Diamanti, partiamo dalle tensioni nella maggioranza: sembrano un elemento strutturale più che congiunturale. Lei come le legge?

Le tensioni non sono un problema da risolvere, ma un asset da gestire. Servono a marcare i confini identitari fra i partiti, a coltivare nicchie elettorali, sia in termini assoluti sia nel rapporto tra alleati. L’importante è non farsi percepire come irresponsabili: lì il costo politico sarebbe alto. Ma finché si sta dentro una cornice di governo stabile, le divisioni diventano funzionali all’equilibrio.

Nessuna frattura, quindi?

Direi di no. Non ci sarà una rottura. E nemmeno una pacificazione vera. Questo tipo di dinamiche continuerà a essere alimentato: è parte della grammatica politica attuale della maggioranza.

Passiamo alla questione veneta. La lista Zaia può essere un fattore destabilizzante per la Lega?

La lista Zaia avrà un impatto forte. Parliamo di un consenso molto personale, molto radicato, che supera i confini della Lega. Intercetta voti in uscita da Forza Italia e raccoglie anche qualcosa nel centrosinistra. È una lista trasversale, che dimostra quanto Zaia abbia costruito un’identità autonoma. Ma al momento manca un progetto politico vero. Sta cercando di capitalizzare un patrimonio di consenso che, non potendo essere speso con una nuova candidatura, deve trovare altre strade.

Il tema del terzo mandato per i governatori era davvero sul tavolo o solo una mossa tattica?

È stata più una suggestione che una proposta reale. In qualche frangente è tornata utile, certo, ma non ho mai visto Salvini davvero determinato a stracciarsi le vesti per il terzo mandato. È stata una “non questione”, che ha trovato credito solo in pochi ambienti.

Guardiamo alle regionali d’autunno. Il centrosinistra può ottenere un risultato rilevante?

Potenzialmente sì. Tolto il Veneto, dove la partita è chiusa, il centrosinistra ha chance concrete. Nelle Marche sarà una sfida aperta. In Puglia, Decaro è molto forte, potrebbe ottenere una grande affermazione. In Toscana Giani parte da una posizione solida. In Campania, il campo largo ha le condizioni per partire in vantaggio. Certo, vincere le regionali non significa automaticamente essere pronti a governare il Paese, ma un’affermazione di questo tipo darebbe uno slancio significativo al centrosinistra in vista delle politiche.

Che valore hanno le Regionali rispetto alle Comunali, in termini politici?

Sono un termometro molto più affidabile. Le Comunali sono influenzate da dinamiche locali fortissime, dai sindaci uscenti, da reti personali. Le Regionali, invece, iniziano a dirci qualcosa sulle dinamiche nazionali. Per questo il centrodestra farebbe bene a non sottovalutarle.

Infine, la legge elettorale: si torna a parlarne. Un’operazione possibile e utile per la maggioranza?

È un terreno su cui il centrodestra può muoversi. Potrebbe trarne un vantaggio strategico nel breve periodo. Ma attenzione: ogni legge elettorale nasce figlia di un contesto, e rischia di diventare obsoleta pochi mesi dopo. Una nuova legge potrebbe garantire una sopravvivenza contingente, ma poi costringere chi governa dopo a cambiarla di nuovo. È una tentazione ciclica della politica italiana, ma raramente risolve davvero il problema della stabilità.

Tra Zaia e il campo largo, cosa rischia la destra alle regionali. Parla Diamanti

Le tensioni in maggioranza, che sembrano essere sempre più frequenti, in realtà fanno parte di una strategia di consolidamento dei singoli partiti sul proprio elettorato. L’idea di una lista propria lanciata da Zaia per il Veneto può essere rischiosa per tutti, non solo per la Lega. Alle Regionali, che hanno un peso politico anche in vista delle consultazioni nazionali, il centrosinistra si gioca una grande partita. E il centrodestra può rischiare. Colloquio con il sondaggista e fondatore di YouTrend, Giovanni Diamanti

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