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Nell’ultimo lavoro musicale di Francesco Guccini vi sono due brani che narrano in maniera esemplare le storie connesse alla Seconda guerra mondiale.
Scegliendo quale preziosa lettura estiva il libro “Il Signore delle Cime” di Michele Bottazzi – edito da Pagine ho avuto la sensazione di avere come sottofondo proprio le perfette note del cantautore emiliano.

Nel pregevole volume di Bottazzi vi sono tante storie contenute nella storia principale; una sorta di albero secolare con dei rami forti a sottolineare la forza stessa dei racconti. Si avverte tutto il messaggio profondo che proviene dalla montagna testimone del passato e capace di custodire l’interno di ogni singola pietra una miriade di episodi “sospesi” in attesa di essere trovati. E l’autore, ottimo cercatore, attraverso una scrittura fluida e ricca con abilità narrativa solleva ciascuna pietra contenente un ricordo da trasmettere per non lasciarlo sepolto nella neve ghiacciata della dimenticanza.
L’inizio è di quelli che contengono già il senso di tutto il libro; dote appartenente a coloro capaci di identificare il percorso di un racconto.

“L’acqua crepitava sui tetti, segnando e sgrossando sbiadite tegole cariche di muschio e muffa. Per una notte i gorgheggi del tuono avrebbero preso il posto al rombo degli aerei ed il conto dei secondi avrebbe insindacabilmente misurato la distanza dell’imbattersi dei fulmini al suolo”.

L’autore ci conduce in un viaggio storico e soprattutto umano con una sequenza di immagini, anche paesaggistiche, degne di un regista sopraffino per l’estro di inquadrare l’anima dei personaggi. E così per il fortunato lettore è possibile fare “amicizia” – in una sorta di confidenza con la bellezza delle pagine – con Bruno, Agostina, Mauro, Eroska, Tazio e anche con Gontero “uno stambecco che passa fulmineo su una cresta tra l’orizzonte e l’immenso sole come sfondo”.

Se non fosse un racconto autenticamente bottaziano, sarebbe potuto uscire dalla sapiente penna proprio di un Guccini scrittore. La descrizione di ogni dettaglio, infatti, non sembrano quelle di un giovane autore , ma di un narratore affermato la cui esperienza è frutto di una saggezza conseguenza di una vita vissuta. Nel Signore delle Cime, Bottazzi possiede tutte le qualità e soprattutto la maturità di un esperto raccoglitore di parole sedimentate nel tempo; e in questo è possibile un accostamento a Rigoni Stern al quale oso pensare sarebbe piaciuto questo libro al di fuori di logiche mercatistiche e pronto per limpide e meritate scalate editoriali. In questo senso il lavoro di Bottazzi potrebbe avere un degno riconoscimento in uno di quei concorsi letterari che all’estetica dei blasoni prediligono l’essenza degli autentici. L’autore ha scritto un libro essenziale con la natura di trasmettere una storia e la storia al tempo stesso; dove “padrone di casa imbandiranno semplici tavole fatte d’assi con le più belle stoffe del baule ed ognuno degli invitati porterà un pezzo di quel poco che possiede […] passeri e rondini si contenderanno la valle a fil di note ed il cielo sarà pieno di stormi plananti e solitari viandanti”.

Bottazzi con queste parole finali ci insegna che la montagna è anche poesia. E le cime in fondo sono le note più belle presenti nello “spartito” color di cielo.

Il romanzo della montagna

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