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Se non lo fa Palazzo Chigi ci pensa il Parlamento. Almeno queste sono le intenzioni che sembrano aver mosso Maurizio Bernardo (nella foto), presidente della commissione Finanze della Camera, e Michele Pelillo, capogruppo Pd nella stessa commissione, a presentare una proposta di legge per dire addio agli studi di settore e sostituirli con gli indici di affidabilità fiscale. La pdl sull’‘Istituzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni’ punta a una graduale introduzione del nuovo sistema” spiega Bernardo e, secondo il primo firmatario Pelillo, “fornisce un importante contributo alla costruzione del tanto auspicato rapporto nuovo e diverso tra fisco e contribuente”. Basta studi di settore elaborati “con metodo punitivo”, aggiunge il parlamentare Pd, meglio indici di affidabilità fiscale che sono “più congrui e comprensibili, con un approccio premiale”. In sostanza, questa è la finalità ultima, “fermezza con gli evasori, premialità per i contribuenti onesti”.

LA PROPOSTA DI LEGGE

La pdl si compone di 13 articoli. In particolare il 1 prevede che gli indici esprimano da 1 a 10 il grado di affidabilità di un’attività d’impresa, siano applicati con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze entro il 31 dicembre del periodo d’imposta per cui sono in vigore e vengano rivisti al massimo ogni due anni dalla prima applicazione o dall’ultima revisione. Il secondo riguarda la comunicazione dei dati, che va effettuata da parte dei contribuenti con appositi pro-grammi informatici, mentre il terzo detta le cause di esclusione dall’applicazione degli indici. L’articolo 6 spiega il regime premiale, che riconosce benefici in termini di semplificazione degli adempimenti ed esclusione dei controlli, e l’articolo 8 definisce i controlli che vengono effettuati dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza su tutto il territorio nazionale anche con l’uso di poteri istruttori. L’elaborazione e la revisione degli indici è affidata in concessione a SOSE Spa – la società creata da Mef e Banca d’Italia per elaborare gli studi di settore – come indicato nell’articolo 9 e nel caso di omissione della comunicazione dei dati o di una comunicazione inesatta o incompleta si applica quanto previsto dall’articolo 8 del decreto legislativo di riforma delle sanzioni tributarie in caso di violazioni di imposte dirette, Iva e riscossione (articolo 10). L’ultimo articolo, il 13, riguarda la copertura finanziaria che non deve comportare nuovi o maggiori oneri per lo Stato.

GLI OBIETTIVI

Per Maurizio Bernardo l’obiettivo della proposta di legge è quello di “favorire un approccio basato sulla semplificazione degli adempimenti, sulla valorizzazione e semplificazione del rapporto contribuenti-fisco attraverso un sistema informatico di nuova elaborazione, che consentirà un proficuo scambio di dati tra Agenzia delle Entrate e imprenditore/professionista, che porterà ad instaurare un dialogo in grado anche di superare e correggere eventuali errori, senza aggravare la posizione del contribuente stesso”. Il presidente della commissione Finanze a Montecitorio evidenzia però anche l’altro aspetto decisivo ovvero “la creazione di un sistema di premialità legato al posizionamento del contribuente rispetto all’indice e che prevede l’esonero da alcuni adempimenti e l’esclusione dagli accertamenti sulle presunzioni semplici. A regime – conclude -, il nuovo sistema tende a fornire al contribuente anche servizi sulla base di una più approfondita conoscenza e consapevolezza del settore economico di appartenenza”.

Come il Parlamento cerca un’alternativa agli studi di settore

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