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La parola d’ordine nella Silicon Valley è “intelligenza artificiale”. E’ qui che fanno ricerca colossi come Google, Facebook, Ibm e Microsoft, ed è nelle start-up dell’intelligenza artificiale (AI) che vanno sempre più spesso i soldi dei fondi di investimento. Il 2014 è stato un anno di importanti risultati per il paradigma dell’AI e il 2015 dovrebbe segnare la grande svolta. Le tecnologie da cui si attendono i maggiori risultati sono il deep learning e la machine intelligence, software che fanno funzionare i computer in modo simile a reti di neuroni umani rendendoli capaci di imparare dall’osservazione.

170 START-UP

“E’ la tecnologia del momento”, dice Stephen Purpura, la cui società Context Relevant, che lavora sull’AI, ha raccolto più di 44 milioni di dollari da quando è stata fondata nel 2012. Secondo Purpura, ci sono più di 170 start-up nella Silicon Valley attive nel campo dell’intelligenza artificiale.

La tecnica del “machine learning“, che consiste nell’insegnare alle macchine a identificare degli schemi che si ripetono e a fare quindi delle previsioni attingendo a enormi volumi di dati, appare particolarmente promettente in ottica Big Data, fatti di pezzi di informazione non strutturata e di una percentuale sempre più consistente di video e foto, non solo testi.

COME DEI COLTELLINI SVIZZERI

Ciò non vuol dire che le start-up dell’AI abbiano già chiaro come rendere profittevole la loro tecnologia. “Molte di queste piattaforme per l’AI sono come i coltellini svizzeri”, dice Tim Tuttle, chief executive di Expect Labs, che ha di recente raccolto 13 milioni di dollari: “Possono fare molte cose, ma non è chiaro quali sono le cose che genereranno soldi”. Il risultato, per ora, è quella che Tuttle definisce una mentalità da “Far west”: gli imprenditori applicano le tecniche dell’intelligenza artificiale a tutti i problemi di calcolo, anziché selezionare quelli di valore. Tanto che Purpura pensa che la stessa “machine learning”, di per sè, non sia un business capace di generare soldi e che la maggior parte delle tecnologie dell’AI verranno acquisite da altre aziende e così saranno inserite in business profittevoli.

Per le start-up la strada è dunque in salita: devono trovare la cosiddetta “killer app” e in più devono battere la concorrenza dei colossi dell’hitch che da tempo lavorano nel settore dell’intelligenza artificiale, con importanti risultati già al loro attivo. Ma mentre i colossi dell’hitech cercano di risolvere grossi problemi con l’AI, le start-up e i loro investitori si concentrano su piccole soluzioni per piccoli problemi: pensiamo a Expect Labs, un sistema attivato dalla voce che le aziende possono usare per aiutare i loro clienti a cercare articoli in un catalogo, o a Vicarious, che ha da poco messo insieme 72 milioni di dollari di finanziamenti e ha creato una tecnologia per risolvere i codici di sicurezza Captchas, i puzzle visivi usati dai siti Internet per assicurarsi che dall’altra parte vi sia una persona e non un computer.

LA SVOLTA E I BIG IN GIOCO

Ciò che porta molti osservatori a pensare che il 2015 sarà l’anno dell’affermazione dell’AI, ovvero dell’ingresso delle sue applicazioni in processi comuni, è la quantità di progetti portati a termine nel 2014, proprio nei settori del machine e deep learning, che spesso si concentra sulle immagini, facili da capire per l’uomo ma non per il software: lo scopo è insegnare ai computer a riconoscerle e catalogarle.

I ricercatori di Facebook hanno usato questo approccio per costruire un sistema (Deep Face) che può indicare quasi con la stessa esattezza di un essere umano se delle foto ritraggono la stessa persona. Google ha dato dimostrazione di un sistema che può descrivere che cosa c’è nelle immagini, creando in pratica delle didascalie. Google ha anche pagato più di 600 milioni di dollari per una start-up del machine learning chiamata DeepMind a inizio anno scorso. In Cina il motore di ricerca Baidu (la cosiddetta Google cinese) ha speso molto sull’intelligenza artificiale, creando anche un laboratorio nella Silicon Valley e assumendo un ex collaboratore di Google, Andrew Ng.

Ancora, Ibm ha cominciato a produrre un prototipo di chip che si ispira al funzionamento del cervello umano e una versione del software per il suo super-computer Watson che aiuta gli oncologi a usare i dati del genoma per scegliere piani di cura personalizzati per i pazienti; lo stesso sistema Watson riconosce il linguaggio e risponde alle domande delle persone.

Microsoft ha usato le sue conoscenze nel riconoscimento e comprensione del linguaggio per creare la sua assistente virtuale Cortana che instaura un vero dialogo con l’utente umano  e ha da poco lanciato la nuova funzione Skype Translator, che traduce le chiamate vocali dall’inglese allo spagnolo e viceversa, in tempo reale. Skype Translator combina la capacità di capire il linguaggio (il significato delle frasi, non solo delle singole parole) con dei processi statistici.

RIVOLUZIONE IN VISTA PER LA FINANZA

Shivon Zilis, investitrice di BloombergBeta a San Francisco, ha creato un grafico che ha chiamato il Machine Intelligence Landscape dove descrive visivamente il panorama attuale del settore dell’AI, dalle aziende alle tecnologie: ai vertici si collocano i grandi come Google, Ibm, Microsoft, Facebook e la cinese Baidu, che fanno ricerca nel settore e cercano anche di comprarsi le tante start-up dell’AI. Anche le applicazioni sono svariate: vanno dal riconoscimento delle immagini alla comprensione del discorso alla rielaborazione di processi come la vendita, il marketing, la sicurezza, il recruitment e la diagnosi clinica.

Che cosa rende l’AI così entusiasmante? La capacità di cambiare il modo in cui uomo e macchina interagiscono: non più tramite dei comandi ma grazie alla capacità della macchina di osservare, apprendere e funzionare di conseguenza, spiega Daniel Nadler, la cui azienda dell’AI, Kensho, ha appena raccolto 15 milioni di dollari per uno specifico progetto: insegnare ai computer a svolgere il lavoro di costosi esperti in carne ed ossa, come gli analisti finanziari.

A investire nelle tante start-up dell’AI sono sia le principali società del capitale di ventura della Silicon Valley, come Khosla Ventures e Greylock Partners, sia guru dell’hitech come Elon Musk e Peter Thiel, sia aziende che pensano di poter utilizzare l’AI nel loro settore, come Goldman Sachs. Molte applicazioni dell’AI sono infatti già usate sui mercati finanziari, anche se spesso sono tenute segrete.

“Se la tua applicazione finanziaria funziona, perché renderla nota alla concorrenza?”, osserva Babak Hodjat, ‎chief scientist di Sentient Technologies, azienda che usa le informazioni di enormi banche dati per generare simulazioni dei mercati finanziari: applicando “algoritmi evolutivi” che apprendono da come i mercati reagiscono nelle diverse circostanze, questa società spera di riuscire a sviluppare modelli per prevedere come reagiranno i mercati in futuro. Sentient ha da poco raccolto da un pool di investitori oltre 100 milioni di dollari: le serviranno per applicare la sua tecnologia a nuovi settori.

realtà cini

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