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Il vertice in Libano tra Hezbollah, Jihad e Hamas con la regia di Teheran preoccupa. Sull’altro fronte il premier israeliano Benjamin Netanyahu annuncia alle tv di essere pronti all’invasione di terra a Gaza. Gli Stati Uniti cercano di frenare l’escalation, mentre fanno ancora discutere le parole del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.

Nelle manifestazioni di piazza si inneggia ad Hamas, ma “fortunatamente l’Italia ha espresso una posizione di netta condanna all’attacco terroristico e di vicinanza al popolo di Israele, partendo da un assunto molto chiaro: in questo conflitto che un aggressore e un aggredito. E non possono essere messi sullo stesso piano”. A dirlo a Formiche.net è Piero Fassino, deputato del Pd, vicepresidente della commissione Difesa alla Camera e attento osservatore delle dinamiche estere.

Diamo la polemica scatenata a seguito delle affermazioni di Guterres per archiviata?

È stato Guterres stesso a chiarire che il suo discorso partiva dalla ferma condanna all’attacco terroristico di Hamas. È bastato leggere il testo integrale del suo intervento per fugare ogni equivoco. La richiesta di dimissioni arrivata dall’apparato diplomatico israeliano era legata ad una singola frase estrapolata dall’intervento e data alle agenzie di stampa, omettendo il resto.

Il quadro in cui si muove l’Onu, alla luce delle diverse sensibilità che esprimono i Paesi membri del Consiglio di Sicurezza è tutt’altro che banale…

Il fatto che Russia, Cina e Usa nel Consiglio di Sicurezza abbiano valutazioni molto differenti se non talvolta opposte su dossier critici, come Ucraina e Medio Oriente, rende il compito dell’Onu indiscutibilmente molto complesso. Non dimentichiamo mai che l’Onu è una “società di nazioni” (come recitava il suo nome originario) e se i soci entrano in conflitto la società ne è paralizzata. In questa fase, comunque, le Nazioni Unite stanno cercando di sviluppare un’azione umanitaria con lo scopo di evitare che gli effetti del conflitto vengano scaricati sulla popolazione civile.

Anche questo è un arduo compito, considerando la delicatezza della situazione e la densità abitativa di Gaza.

Sì, ed è per questo che risulta molto complesso condurre operazioni “chirurgiche”. Tra l’altro Hamas ha disseminato strutture militari ovunque, anche in prossimità’ di scuole, ospedali e moschee.

Come valuta l’atteggiamento del governo israeliano?

Non si può contestare a Israele il legittimo diritto alla difesa nella consapevolezza, ribadisco, che è proprio Israele lo stato aggredito. Detto questo, mi sento di condividere la linea espressa dal presidente Biden. Va colpita Hamas, evitando però di colpire indiscriminatamente la popolazione palestinese, anche per non spingerla nelle braccia di Hamas.

Veniamo all’Italia. Nelle piazze si sentono cori che inneggiano ad Hamas, nelle scuole si fa propaganda anti-israeliana (che si traduce in antisemitismo) e l’opinione pubblica è spaccata. Come tentare di arginare il fenomeno?

Dalle piazze arrivano spesso manifestazioni ambigue. A parole si condanna Hamas, ma in realtà si mette sotto accusa Israele. E questo è inaccettabile. Che i governi guidati da Netanyahu abbiamo ostacolato i processi di pace è vero, tant’è che sono più volte arrivate critiche dagli Stati Uniti, dall’Europa e dalla comunità internazionale. Ma questo non può giustificare il massacro del 7 ottobre. È la stessa ambiguità che si è  manifestata nelle piazze in cui si chiedeva la pace in Ucraina, mettendo sullo stesso piano Kiev e Mosca. È qui l’errore. Ucraina e Israele sono gli aggrediti.

Non ritiene che possa essere utile una legislazione o un intervento volto a regolamentare queste tipologie di manifestazioni?

L’Italia è un Paese democratico che riconosce la libertà di espressione del pensiero e di manifestazione. Negli anni di piombo abbiamo sconfitto il terrorismo nero e rosso senza ricorrere ad alcuna forma di legislazione speciale. Naturalmente chi organizza una manifestazione deve assumersi piena responsabilità delle forme e delle parole d’ordine. E se si manifestano violenze vanno contrastate e combattute.

La politica italiana, seppur con sfumature differenti, si è schierata dalla parte di Israele.

La compattezza della politica italiana sulla crisi in Medio Oriente è un fattore positivo, perché ci conferisce credibilità e capacità di essere incisivi. Il Pd è stato molto chiaro nell’esprimere la sua linea che parte dalla ferma condanna di Hamas. Senza ambiguità.

La visita del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni al premier Netanyahu si muove in questo solco?

Da capo del governo a capo del governo, Meloni ha manifestato e ribadito la vicinanza dell’Italia a Israele e mi auguro che anche lei abbia ribadito che la reazione dello stato ebraico deve ottemperare alle norme di diritto internazionale.

È praticabile a suo giudizio la via indicata dal presidente francese Emmanuel Macron, sulla scorta dell’esperienza del 2014 contro l’Isis?

È una buona proposta, ma per funzionare necessita dell’adesione anche dei Paesi Arabi, come avvenne contro l’Isis. Ad oggi invece molte capitali arabe mantengono una ambiguità che deve essere superata.

Su Israele piazze ambigue ma politica compatta. Parla Fassino

La politica italiana è compatta nel condannare Hamas e nel manifestare solidarietà allo Stato ebraico. Israele, che ha diritto a difendersi, non deve però avere una reazione animata da spirito vendicativo e soprattutto vanno salvaguardati i civili (anche con l’azione dell’Onu). La proposta di Macron? Funzionerà solo con l’adesione dei Paesi Arabi come fu per il contrasto all’Isis. Conversazione con Piero Fassino, vicepresidente della commissione Difesa alla Camera

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