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I giacimenti non seguono i confini amministrativi segnati dagli uomini. E infatti le riserve italiane di idrocarburi dal 2019 sono estratte in tutta serenità da croati, greci, albanesi e montenegrini, le cui imprese operano appena un metro più in là dalla linea immaginaria di confine.

Sono passati appena tre anni e il mondo è cambiato almeno due volte, a causa della pandemia e del conflitto ucraino che hanno imposto in ambito produttivo nuove catene del valore, con la conseguenza che logistica e produzione industriale sono tornati a diventare la stessa cosa.

Tre anni fa di questi tempi l’Italia era il Paese del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti che esortava gli studenti a scioperare contro il cambiamento climatico, arrivando al paradosso di chiamare come consulente del ministero Vandana Shiva, che proponeva di abbracciare gli alberi perché l’energia dell’uomo potesse uccidere il parassita della Xylella in Puglia. L’Italia del 2019 era il Paese nel quale per aumentare lo stipendio degli insegnanti e contrastare l’obesità infantile, soprattutto dei bambini poveri (disse proprio così ad Agorà una deputata di Leu) si dovevano tassare le merendine degli studenti; per fare volare l’economia si voleva aggiungere una tassa sui biglietti aerei (oggi tra i verdi per non smentirsi qualcuno ha parlato in campagna elettorale di jet privati), e le tasse sulla mobilità si sa sono le più facili da applicare, come nel caso delle accise sulla benzina. Il presidente del Consiglio di allora, Giuseppe Conte, continuava poi a parlare genericamente di Green New Deal, che da un punto di vista concreto non significa nulla, perché non offre alcuna prospettiva agli investitori potenziali.

Dopo tre anni, però, tutto sembra essere cambiato nel sistema globale, e uno degli ultimi decreti del governo Draghi, con il quale come aveva anticipato a metà settembre il ministro Roberto Cingolani si vogliono sbloccare le nuove estrazioni per 4-5 miliardi di metri cubi da giacimenti esistenti tra Adriatico e Canale di Sicilia, è uno dei nodi sui quali si misurerà la capacità di incentivare gli investimenti industriali del nuovo governo.

Dopo anni nei quali, al di là delle buone intenzioni della vigilia (più della componente del Partito democratico a dire la verità che di quella del Movimento 5 Stelle), i grillini hanno continuato a screditare la scienza ufficiale, sostenendo la decrescita e alimentando una pericolosa deriva antindustriale, il punto di Mario Draghi e Cingolani consegna al nuovo esecutivo la drammaticità di scelte urgenti, che devono consentire il reperimento immediato di gas da consegnare alle imprese più energivore, quelle che per intenderci o stanno per interrompere la produzione o alimentano i propri forni a carbone.

Il provvedimento appena varato dal governo non vuole mettere solo a disposizione una certa quantità di gas alle aziende che stanno soffrendo a un prezzo controllato, ma fa molto di più, perché rimuove decenni sterili di dibattito che ha opposto l’ambientalismo ideologico allo sviluppo sostenibile e alla ricerca industriale.

Nel 2019 parlare di questi temi era impossibile, ma oggi alla luce anche delle ultime scelte dei Paesi europei (Paesi Bassi e Germania), che dopo l’austerity del 2011-2012 hanno ancora dimostrato di ignorare cosa sia la solidarietà, la questione non è più rinviabile. Giorgia Meloni lo sa bene, così come sa altrettanto bene che su questi temi esistono maggioranze molto più ampie in parlamento (Azione e Italia Viva sarebbero certamente favorevoli a sostenere questo genere di provvedimenti così come una parte del Partito democratico) e nelle Regioni (il Consiglio regionale dell’Emilia Romagna ha votato all’unanimità i nuovi investimenti al largo delle coste ravennate), che oggi possono contare sul sostegno dell’opinione pubblica.

L’urgenza e la drammaticità del momento richiedono soluzioni estreme e veloci. Che a pensarci bene, però, sono scelte di buon senso. Quelle che decenni di scontri ideologici ed emotivi, hanno messo da parte. Non per sempre. Almeno questo è l’auspicio che ci consegna uno degli ultimi decreti del governo Draghi.

Perché il decreto sblocca trivelle di Draghi è una buona notizia per Meloni

L’urgenza e la drammaticità del momento richiedono soluzioni estreme e veloci. Che a pensarci bene, però, sono scelte di buon senso. La leader di Fratelli d’Italia sa che su questi temi esistono maggioranze molto più ampie in parlamento e nelle Regioni. Il commento di Stefano Cianciotta, presidente dell’Osservatorio infrastrutture Confassociazioni e Abruzzo Sviluppo SpA

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