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Giorgia Meloni dovrà essere brava. E non solo a instaurare rapporti costruttivi e convincenti con l’Europa, che proprio in questi giorni, tra gli ultimi lasciti di Mario Draghi prima di passarle verosimilmente il testimone, ha staccato un altro assegno da 21 miliardi all’Italia nell’ambito del Pnrr. Ma anche a risultare credibile ai mercati che asta dopo asta permettono al Paese di restare in piedi. Agli investitori importa poco del colore del governo, semmai interessano il peso delle parole e il calibro delle scelte (lo spread Btp/Bund è salito a 250 punti base, con rendimenti al 4,6%, ma in molti sia aspettavano una tempesta).

Il passo felpato sarà comunque d’obbligo, ora che la stessa Bce ha smesso di comprare titoli italiani, esimendosi in parte dal ruolo di prestatore di ultima istanza e di suprema garanzia del debito (da quando si sono interrotti gli acquisti speciali lanciati con la pandemia, Francoforte si è limitata a ricomprare bond solo per sostituire quelli che scadevano). Formiche.net ne ha parlato con Alberto Quadrio Curzio, economista, docente alla Cattolica di Milano e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei.

L’Italia sta per cambiare governo e con ogni probabilità Giorgia Meloni sarà la nuova premier. Che tipo di rapporto dobbiamo aspettarci con l’Europa?

Questa è una domanda molto difficile. Diciamo questo, nell’ottica di un rapporto collaborativo e disteso con l’Europa sarà molto importante azzeccare i ministri dell’Economia, dello Sviluppo e della Transizione Ecologica.

Perché proprio questi dicasteri?

Perché sono quelli che hanno del chiavi del Pnrr. Se si punta su ministri che in qualche modo possano proseguire la traiettoria del governo Draghi, nell’ambito dell’attenzione ai conti e dell’attuazione del Recovery Plan, allora non ci dovrebbero essere grossi problemi. Questa è la prima credenziale, avere ministri credibili agli occhi dell’Europa e del mondo.

Questo ragionamento sugli uomini e le donne il più possibile in continuità con l’opera di Draghi, vale anche per i mercati? Anche lì serve credibilità e affidabilità, d’altronde…

La questione dei mercati è più delicata, anche se connessa al discorso europeo. Quello che conta, tanto per dare un primo segnale, è rispettare il timing per la preparazione della manovra, centrando le scadenze. In questo senso, questo sarebbe già un primo fattore rassicurante. Poi, ovviamente, ci sono i saldi di bilancio, da non stravolgere.

Fratelli d’Italia si è resa disponibile a collaborare con Mario Draghi alla stesura della manovra d’autunno. Condivide?

Da febbraio 2021 ad oggi abbiamo assistito a mesi di grande coerenza da parte del governo. Credo, per rispondere alla sua domanda, che mantenere quella traiettoria sia importante, un buon segnale. Certo, se poi qualcuno se ne esce dicendo di voler modificare il Pnrr o di voler apportare delle scelte fiscali rivoluzionarie ecco allora che i problemi arriverebbero.

Facciamo un bilancio del governo Draghi. Le va?

L’eredità di Draghi è l’evidente credibilità del sistema economico italiano, unitamente alla capacità di collaborare con la tecnocrazia e tra quest’ultima e le sfere europee. Perché la tecnocrazia ha il suo peso, non tutto spetta al governo. I ministri di Draghi, Roberto Cingolani e Daniele Franco su tutti, sono credibili agli occhi dell’Europa e questa scelta depone solo a favore di Draghi.

La squadra ha funzionato, insomma.

Esattamente. Non dimentichiamoci il grande credito internazionale di Draghi, un credito che ha portato all’Italia dei benefici indubbi.

I tre ministeri che Meloni non può "sbagliare". I consigli di Quadrio Curzio

Intervista all’economista e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei. Draghi lascia un Paese che gode di grande credito in Europa, il futuro capo del governo non dilapidi un simile tesoretto. La manovra in collaborazione con l’ex presidente della Bce? Un buon segnale

Cosa si dice a Bruxelles del prossimo governo. Colloquio con l'amb. Cangelosi

I circoli europei temono che la terza economia d’Europa e membro fondatore diventi capofila del blocco sovranista, ma guardano con favore la cautela che Giorgia Meloni sta mostrando in queste settimane. Se tiriamo troppo la corda sul Pnrr, sulla primazia del diritto comunitario, se andiamo alla rottura, a quel punto “la pacchia” finirebbe per noi, sostiene l’ex rappresentante italiano a Bruxelles e consigliere diplomatico di Napolitano

Alla ricerca di una legislatura di pacificazione. Anche in Europa

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Consigli non richiesti a Meloni sulla lotta al clientelismo. Scrive Mayer

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