Skip to main content

Il film è di quelli già visti. Un debito che cresce, si allarga e la necessità di spostare qualche metro più in là il confine tra la sostenibilità e il default. Succede anche negli Stati Uniti, la prima economia mondiale e, di conseguenza, il più ingombrante bilancio pubblico. Washington, sponda democratica, è tornata a ingaggiare il corpo a corpo con i Repubblicani per trovare un accordo al Congresso sull’innalzamento del tetto al debito federale.

Non bisogna mai dimenticare che mai come in questi ultimi tre anni i conti pubblici degli Stati Uniti sono finiti sotto stress. Due anni e mezzo di pandemia e, non ultima, la valanga di sussidi sotto il cappello dell’Inflation reduction act hanno gonfiato il disavanzo a stelle e strisce. Tanto è vero che, secondo l’ufficio budget del Congresso (Cbo), un organismo non-partisan, il deficit del bilancio federale per il 2023 sale a 1400 miliardi, pari al 5,3% del Pil, percentuale che salirà al 6,9% nel 2033, un livello superato solo cinque volte dal 1946.

Non è finita. Il 19 gennaio 2022 gli Stati Uniti hanno raggiunto il tetto del debito federale, fissato dal Congresso nel 2021 a circa 31.400 miliardi di dollari. Il dipartimento del Tesoro, in queste settimane, sta ricorrendo a misure straordinarie per evitare il default e continuare a finanziare le attività governative. L’uso di misure extra per evitare il default è possibile solo per un tempo limitato e le risorse saranno sufficienti, probabilmente, fino all’inizio di giugno.

Questo lascia circa tre mesi a repubblicani e democratici per trovare un accordo per alzare o sospendere il limite del debito. Nei giorni scorsi, la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, ha ricordato che l’impossibilità del governo di rispettare i propri obblighi creerebbe un danno irreparabile all’economia statunitense, alla vita di tutti gli americani e alla stabilità finanziaria globale. Ed è qui che entra in gioco la diplomazia del debito, come hanno scritto in un report dedicato proprio al debito americano gli analisti di Credit Suisse.

La tesi è questa: i repubblicani daranno il loro benestare all’innalzamento del tetto in cambio di un taglio alla spesa federale, alias un ridimensionamento dei piani della Casa Bianca, a cominciare dall’Inflation reduction act. Senza questa contropartita, l’intesa salterà. “Lo scenario più plausibile resta quello di un Congresso che alla fine raggiungerà un accordo per aumentare il tetto del debito, evitando un default. Tuttavia l’attuale contesto politico implica che la strada verso un accordo sarà difficile”, scrivono gli economisti della banca d’affari elvetica. I quali mettono in guardia. “Tensioni e incertezze sull’innalzamento del tetto del debito potrebbero avvicinarsi o addirittura superare i livelli che nel 2011 indussero S&P a un downgrade dei titoli di Stato Usa da AAA a AA”.

Ma cosa vogliono i repubblicani in cambio? Semplicemente che “qualsiasi aumento del tetto del debito comprenda tagli alla spesa federale, in contrasto con l’agenda sociale dell’amministrazione di Joe Biden e dei democratici del Congresso. In particolare, sembra probabile che l’ala Freedom Caucus del partito repubblicano alla Camera dei rappresentanti chiederà grossi tagli alla spesa che la leadership democratica e persino alcuni repubblicani al Congresso troveranno difficili da accettare”. Alla fine, prevarrà il buon senso. “Ci aspettiamo che il Congresso alla fine alzerà il tetto del debito. Tuttavia vediamo il rischio che possa emergere una maggiore pressione al rialzo sui rendimenti dei Treasury con l’aumentare della tensione in vista della data X”.

Meno spesa in cambio del sì al debito. Biden alla prova repubblicani sul bilancio federale

Entro il mese di giugno il Congresso dovrà trovare la quadra sull’allargamento del bilancio Usa. Per gli analisti del Credit Suisse un’intesa arriverà, ma non sarà gratis

 

Putin e l’occasione persa del suo discorso di guerra. L'analisi di D'Anna

Nonostante i sondaggi di regime che sostengono l’ampio appoggio della maggioranza, Putin ha pronunciato “un’auto difesa che non ha convinto neanche i russi”, questa la valutazione degli opinionisti internazionali che hanno seguito in diretta l’atteso discorso del presidente russo all’Assemblea federale moscovita. “Volevamo la pace, siamo stati costretti a difenderci”, la tesi del leader del Cremlino. L’analisi di Gianfranco D’Anna

I titoli italiani? Hanno una solida base, scrive il Financial Times

Il quotidiano britannico, per il quale “l’economia del Paese potrebbe aver preso un po’ di slancio dopo la crisi ucraina, ponendo solide basi per i titoli pubblici”, si concentra sullo stato di salute di questi ultimi e si mette in scia ai giudizi positivi di Economist, Times, Faz e Le Figaro

Macron e quel fascino slavo. Il commento di Pennisi

Il fascino slavo, che seduce i francesi da secoli e che fu una delle determinanti anche della Prima guerra mondiale, ha origini molto lontane, dai tempi di Caterina La Grande, fino ad arrivare a Voltaire. Il commento di Giuseppe Pennisi

Caccia o droni? Il governo studia il settimo decreto armi a Kyiv

Il Samp-T arriverà nelle prossime settimane ma già si lavora al nuovo pacchetto. C’è scetticismo sulla possibilità che Roma invii dei caccia, ma si parla di una nuova partita di droni e non si esclude la fornitura di “missili a lunga gittata”. Ecco il retroscena del Corriere e le dichiarazioni di Cirielli e Tajani

Meno male che Zio Sam c’è (a fare da guardia alla libertà). Scrive De Tomaso

Senza gli Usa dilagherebbero i dispotismi visto che neppure gli accordi di Helsinki (autodeterminazione dei popoli) hanno mai scoraggiato gli aggressori delle democrazie

Annunci roboanti, ma poca sostanza. Il discorso di Putin

Il presidente russo mantiene la narrativa secondo cui Mosca sia stata costretta dall’Occidente a invadere l’Ucraina. Passaggi sull’economia che “sta andando alla grande”; sulle perdite degli asset esteri degli oligarchi per cui “nessun cittadino comune si è dispiaciuto”; e minacce nucleari in perfetto stile putiniano

Se la Lega russa su Eni ed Enel. Le nomine di primavera e la geopolitica dell’energia

Non solo poltrone. Salvini mette nel mirino i vertici di Eni ed Enel, e anche le scelte di Draghi e Meloni che hanno marginalizzato il peso della Russia mettendo in sicurezza gli approvvigionamenti energetici dell’Italia. Le dichiarazioni a Formiche.net dell’ex diplomatico americano Douglas Hengel

Blinken chiama il time out per Grecia e Turchia. Ora diplomazia e cooperazione

Il segretario di Stato, dopo i viaggi che lo hanno portato a Berlino, Ankara e Atene, disegna un quadro unitario tarato sul Mediterraneo orientale tra geopolitica, guerra in Ucraina e adesione alla Nato, invitando i contendenti a ritrovare coesione

Riformare il Consiglio di sicurezza Onu? Ecco il piano italiano

L’invasione russa dell’Ucraina ha rilanciato il dibattito, anche alla luce dei molti veti posti da Mosca. La proposta del gruppo Uniting for Consensus, nato dall’intuizione dell’ambasciatore Fulci negli anni Novanta, rafforzerebbe la rappresentanza regionale e una distribuzione geografica più equa. Governo e diplomazia al lavoro

×

Iscriviti alla newsletter