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Giorgia Meloni ha conferito la delega sull’intelligence al sottosegretario Alfredo Mantovano, come è stato fatto in 20 precedenti governi sui 35 che si sono avvicendati da quando nel 1977 il nostro Paese ha una legge sui Servizi, innovata nel 2007, incentrando le funzioni sul Presidente del Consiglio.

Berlusconi e Prodi hanno assegnato la delega a un esponente del proprio partito, diversamente hanno fatto D’Alema I (attribuita a Sergio Mattarella) e i governi tecnici: Mario Monti, sei mesi dopo l’insediamento, ha individuato Gianni De GennaroMario Draghi ha scelto Franco Gabrielli, entrambi con esperienze di capi della Polizia e di vertice nei Servizi.

Mantovano ha un profilo particolare perché è sia magistrato di professione e sia per lungo tempo parlamentare (dal 1996 al 2013) e sottosegretario all’Interno (dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2011). Con queste premesse, potrebbe essere la figura giusta per mediare le inevitabili tensioni tra Servizi e Magistratura, che negli anni passati sono state spesso urticanti, per cui oggi si auspicano relazioni che trasformino “la diffidenza reciproca in una collaborazione necessaria”.

Non a caso, il predecessore di Mantovano, Gabrielli, che ricopriva significativamente la sola funzione di autorità delegata, in occasione della presentazione a Roma del libro “Enrico Mattei e l’intelligence”, ha sostenuto che l’intelligence dovrebbe costruire una maggiore autonomia sia dalla magistratura che dagli altri apparati di polizia e delle forze armate. E questo pone in primo piano anche la selezione del personale dell’intelligence, una tema da sempre complicato, complesso, scivoloso ma che non si può ignorare. Dal mio punto di vista, la selezione va necessariamente estesa anche a tanti altri profili differenti, provenienti dalle università, dall’economia, dalla pubblica amministrazione e dalle professioni, dando spazio a giovani, donne e innovatori.

Quali i temi che in questa legislatura potrebbero riguardare le politiche della sicurezza? Come argomentato su questa testata un paio di settimane fa “nella prossima legislatura potrebbero porsi quattro temi rilevanti: le politiche della difesa con la dotazione di armi avanzate, il coordinamento delle forze di polizia, la riforma dei Servizi e la creazione, auspicata da molti e da diverso tempo, di un consiglio per la sicurezza nazionale”. 

In particolare, sulla forse necessaria riforma dei Servizi, prima occorrerebbe definire “una certa idea dell’Italia” per identificare prima di tutto l’interesse nazionale, poiché tutto il resto ne rappresenta una conseguenza. E questo in un ordine globale che sarà segnato sempre di più dalla competizione tra i sistemi di governo che la guerra in atto pone davanti agli occhi di tutti: Washington Consensus da un lato e Beijing Consensus dall’altro.

Ed è proprio in questa cornice di carattere generale che si collocano i problemi già sotto osservazione dall’intelligence, a cominciare dalla questione energetica che si è resa evidente (perché centrale lo sarà sempre) con il conflitto ucraino, i cui esiti sono fondamentali per la nostra sicurezza nazionale e quindi di prioritario interesse per i Servizi.

Inoltre, occorre prestare molta attenzione alle tensioni sociali, già esistenti prima del Covid e rafforzate dalla guerra oltre che ribadite dalla circostanza che nelle recenti elezioni politiche quasi il 40 per cento degli italiani non si è recato alle urne e tra chi lo ha fatto sono consistenti le scelte antisistema, che si incanalano all’interno di una scelta parlamentare principalmente grazie alla propaganda dei media e dei social.

Pertanto, il disagio sociale, come ripetutamente evidenziato da problema di ordine pubblico, potrebbe trasformarsi in una questione di sicurezza nazionale, incrinando la stabilità e la credibilità delle istituzioni democratiche, in cui conterà sempre di più la qualità della classe dirigente.

Infatti, peseranno molto i tempi e l’efficacia di come verranno impiegate le risorse del Pnrr. È difficile che i Servizi possano occuparsi anche di questo argomento, ma potrebbero validamente collaborare, magari in seno al Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, con le forze di polizia che stanno facendo da tempo percorsi formativi specifici. In tale contesto andrebbe approvato al più presto il nuovo codice degli appalti, la cui bozza provvisoria redatta  dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato è stata appena trasmessa al nuovo governo. È uno strumento necessario, considerato che alcuni settori economici, come quello trainante dell’edilizia, presentano più che robuste infiltrazioni mafiose.

In tale scenario, la criminalità organizzata, che trae l’accumulazione principale dal traffico della droga (tema che è praticamente sparito dall’agenda mediatica e politica), penetra sempre più pericolosamente nel tessuto economico, come confermano ripetutamente le relazioni della DIA e dello stesso DIS. In tale ambito, le competenze di Mantovano potrebbero risultare particolarmente preziose.

In tutto questo, quella digitale è la dimensione sociale prevalente. Pertanto il comparto dell’intelligence deve necessariamente precisare le sue funzioni in questo settore e non può non dialogare, nel pieno rispetto delle reciproche competenze, con l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, diretta da Roberto Baldoni. E questo non solo per aumentare il livello della sicurezza informatica, dal quale nei prossimi anni dipenderà anche il rating delle Nazioni, ma anche per fronteggiare la dilagante guerra dell’informazione che, come dimostrano gli eventi degli ultimi due anni, sta materializzando una società della disinformazione in cui i conflitti culturali ed economici sono senza quartiere ed in cui la qualità dell’istruzione diventa la difesa principale.

La dimensione economica è sempre più decisiva nel confronto tra gli stati e quindi incide direttamente sulla sicurezza nazionale. È il caso di creare un’agenzia specifica sul modello della Ecole de Guerre Économique francese? È un tema da affrontare necessariamente, a prescindere dal modello che si sceglierà, che eventualmente andrebbe definito subito perché, come mi spiegava Francesco Cossiga, le riforme dell’intelligence in primo luogo o si realizzano all’inizio della legislatura o poi diventa molto più difficile; e in secondo luogo o vengono fatte in modo organico o rischiano di creare più problemi di quanti ne risolvano.

Nello stesso tempo occorre essere consapevoli che temi come la debolezza dell’istruzione, il decremento demografico, i cambiamenti climatici, l’espansione inarrestabile dell’intelligenza artificiale e prossimi probabili virus hanno ricadute determinanti sulla sicurezza nazionale.

Infine, va ricordato che nel 2025 a Roma ci sarà il Giubileo. La realizzazione di opere pubbliche comporta il rischio di infiltrazioni mafiose e di corruzione, mentre l’afflusso di pellegrini potrebbe rendere attuale il pericolo del terrorismo, che, con l’inevitabile aumento dei flussi migratori a livello mondiale e l’abbandono delle truppe occidentali dall’Asia centrale, potrebbe diventare nuovamente un tema prioritario.

Pertanto, per le politiche della sicurezza nazionale imperniate sull’intelligence, sono determinanti una visione politica chiara e la stabilità del sistema istituzionale, che presto si consoliderà con la nomina dei componenti del Copasir e del suo presidente.

La nomina di Alfredo Mantovano ad autorità delegata per la sicurezza è, secondo me, un buon inizio per tutti. Infatti la sicurezza nazionale è un bene primario per l’intera collettività e quindi andrebbe il più possibile tenuta al riparo dalle polemiche politiche che non fanno altro che indebolirne la delicata e indispensabile funzione. Ci auguriamo che nell’attuale legislatura si percorra questa strada.

La nomina di Mantovano tra intelligence e sicurezza. Scrive Caligiuri

Mantovano ha un profilo particolare perché è sia magistrato di professione e sia per lungo tempo parlamentare (dal 1996 al 2013) e sottosegretario all’Interno (dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2011). Con queste premesse, potrebbe essere la figura giusta per mediare le inevitabili tensioni tra Servizi e Magistratura, che negli anni passati sono state spesso urticanti. Il punto del presidente della Società Italiana di Intelligence

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