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Il Trattato tra il Regno del Belgio e la Repubblica islamica dell’Iran sul trasferimento delle persone condannate presentato lo scorso 29 giugno dal ministro della Giustizia Vincent Van Quickenborne sarà esaminato oggi (martedì 5 luglio, ndr) dalla commissione Affari esteri alla Camera dei rappresentanti del Belgio e votato, secondo La Libre Belgique, già giovedì.

Il trattato nasce dal caso di Assadollah Assadi, uomo dei servizi segreti iraniani in Europa, condannato ad Anversa a 20 anni di reclusione per aver progettato un attentato contro la Resistenza iraniana riunita a Villepinte in Francia. Il trasferimento dovrebbe prevedere uno scambio di prigionieri: il rilascio di Assadi – verosimilmente accolto in Iran come un eroe che ha subito e vinto la prepotenza delle potenze occidentali – potrebbe facilitare la liberazione di Ahmedreza Djalali, professore di nazionalità svedese e iraniana in forza all’università brussellese Vub, detenuto e condannato a morte a Teheran per spionaggio, e di Benjamin Brière, un turista francese condannato a 8 anni di carcere per spionaggio.

La mostruosità del testo proposto mina sia la giustizia sia la sicurezza internazionale. Prima di tutto, esso non agisce una tantum. Legittimerebbe bensì una pratica secondo la quale qualsiasi condannato di origine iraniana, o di un’autocrazia come Cina, Russia, Venezuela e simili, può essere “scambiato” legalmente con cittadini europei, catturati appositamente da tali regimi con il preciso scopo di usarli come moneta di scambio per liberare i loro criminali processati e/o condannati ad anni di reclusione in Europa.

Si tratta di un atto capace di terremotare la giustizia internazionale poiché in presenza di un condannato per crimini contro l’umanità o per terrorismo, è sufficiente che le autorità del Paese di provenienza del condannato arrestino uno o più cittadini del Paese in cui è detenuto o condannato che si trovano stabilmente o momentaneamente sul proprio territorio. A quel punto la richiesta di scambio sarà naturale e drammaticamente “legale”.

Secondo l’articolo 13 del trattato, “ciascuna Parte può concedere la grazia, l’amnistia o la commutazione della pena in conformità con la propria Costituzione o altre disposizioni di legge”. Un trattato che fissa queste regole è da scongiurare. Costituisce un precedente che incrina, soprattutto in questa fase storica, la giustizia e l’influenza delle democrazie a livello globale già duramente messa alla prova da più fronti, in primis quelli russo e cinese.

C’è qualcosa però di più insidioso e devastante: qualsiasi azione di controspionaggio, di prevenzione di attività terroristiche, di cyber-attività, di arresto di criminali potrebbe ripercuotersi su cittadini innocenti che, trovandosi stabilmente o temporaneamente, nei Paesi di origine dei criminali condannati, sono a rischio cattura da parte delle autorità locali per essere usati come ricatto in qualsiasi momento e in qualsiasi scenario.

Il pericolo è evidente: ogni operazione di intelligence o di arresto di sospetti metterà a repentaglio la sicurezza di un numero indefinito e indefinibile di cittadini che si trovano in determinati Paesi. I due casi menzionati dimostrano come un cittadino, non necessariamente con doppia nazionalità, che transita in Iran potrebbe finire nelle grinfie dello Stato iraniano, arrestato e incarcerato in via preventiva per un tempo non precisato e infine condannato con l’accusa di spionaggio.

Condividiamo le parole di Shahin Gobadi, leader della Resistenza iraniana in Francia: nel caso in cui il parlamento belga approvasse il disegno di legge, “il messaggio al regime iraniano sarebbe molto chiaro: potete commettere atti di terrore in Europa usando i vostri ‘diplomatici’ e le vostre ‘ambasciate’ e farla franca con un compromesso”.

Troviamo interessante ciò che sottolinea La Libre Belgique a tal proposito, ovvero che Assadi non ha impugnato la condanna a 20 anni inflittagli dal tribunale di Anversa l’anno scorso. Non si può escludere quindi che fossero già aperte le trattative tra il governo di Bruxelles e quello di Teheran. Ulteriore prova del danno esiziale che l’adozione del disegno di legge del governo belga provocherebbe al sistema di giustizia internazionale. Se miniamo alla base il meccanismo che assicura alla giustizia coloro che vengono condannati per crimini legati al terrorismo, crimini di genocidio o contro l’umanità, quale influenza democratica, quale giustizia e quale deterrenza eserciteremmo rispetto ad autocrati consapevoli di avere una piena immunità per i loro crimini?

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