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“Considerando l’evoluzione della minaccia rappresentata” dalla Corea del Nord, il presidente statunitense  Joe Biden e l’omologo sudcoreano Yoon Suk-yeol hanno concordato di “avviare discussioni per espandere la portata e l’entità delle esercitazioni militari congiunte e dell’addestramento nella penisola coreana e nelle sue vicinanze”.

La dichiarazione congiunta dopo la visita dell’americano a Seul traccia la traiettoria delle future relazioni, invertendone il flusso rispetto all’amministrazione Trump, che aveva più volte criticato i sudcoreani, accusandoli di sfruttare l’alleanza con gli Usa, fino al punto di chiedergli soldi per la presenza statunitense nel Paese, dove si trova la US Force Korea (che conta 32mila unità).

Da sottolineare una passaggio dello statement coingiunto: “La Corea del Sud e gli Stati Uniti ribadiscono l’importanza di preservare la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”. È un riferimento destinato a creare una dura reazione della Cina, che rivendica la sovranità sull’isola e detesta questo genere di posizioni. Soprattutto rappresenta un esordio assoluto sul tema nelle dichiarazioni congiunte tra i due Paesi. L’amministrazione precedente di Moon Jae-in, infatti, ha sempre opposto forti resistenze per evitare ritorsioni cinesi.

“La relazione tra Stati Uniti e Corea del Sud non è mai stata più forte, più vibrante e più vitale in un momento interessante per l’Indo-Pacifico”, ha affermato Biden, definendo tale cooperazione “vitale in termini sia regionali che globali”. Biden ha menzionato direttamente la necessità di “promuovere la stabilità nello stretto di Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale”, aggiungendo che l’invasione russa dell’Ucraina è “non solo una questione europea ma un attacco al cuore della democrazia e ai principi di integrità e della sovranità, una flagrante violazione del diritto internazionale”.

Nei giorni scorsi è circolata la notizia dell’ammissione della principale agenzia d’intelligence sudcoreana nel Nato Cooperative Cyber Defense Center of Excellence con sede a Tallinn, in Estonia. L’integrazione della Corea del Sud nelle attività di formazione e ricerca del centro rappresenta simbolicamente come certe dinamiche prendono effettivamente scala globale. “Se la Corea del Sud imbocca la strada per diventare ostile verso i suoi vicini, la fine di questo percorso potrebbe essere l’Ucraina”, aveva reagito minacciosa Pechino.

Gli Stati Uniti, la Corea del Sud e il Giappone “hanno bisogno di cooperare in modo molto più stretto, non solo dal punto di vista militare ma anche da quello politico ed economico” una cooperazione che “deve diventare più vasta ed estendersi all’intero Indo-Pacifico e al Pacifico meridionale”: è il succo del messaggio di Biden, che lunedì a Tokyo presenterà l’IPEF, un piano di accordo economico tra gli Usa e i Paesi della regione.

“È una competizione tra autocrazie e democrazie”, ha aggiunto Biden toccando il cuore della sua narrazione politica: “Stiamo parlando di un’alleanza che non deve essere regionale ma globale”.

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