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Tra uno sgarbo e l’altro, tra i blitz per i più diversi bonus estemporanei e l’aumento della soglia del contante, la maggioranza di governo pare abbia nuovamente deciso di non decidere per quanto concerne il raddoppio a 516 euro della soglia defiscalizzata entro la quale i beni e i servizi riconosciuti ai lavoratori non concorrono a formare reddito da lavoro e di impresa. “Una mancanza stupefacente”, scrive l’Associazione italiana welfare aziendale, che da sempre si batte per la misura pro-lavoratori.

“Emendamenti in tal senso erano stati presentati da tutte le forze politiche, a dimostrazione del trasversale riconoscimento di questa misura. Non solo: a favore si erano espresse tanto le imprese, quanto i sindacati. Ancora: la norma ha comportato benefici notevoli per lo Stato, generati dai maggiori consumi incoraggiati, dall’incoraggiamento indiretto alle assunzioni e dalla emersione del nero. Un saldo positivo che può arrivare fino a un miliardo di euro, a fronte di un costo a bilancio di soli 12 milioni”, spiega l’associazione presieduta da Emanuele Massagli.

“Non si comprende proprio la ragione di questa miopia: quello che è un doveroso e assai tardivo adattamento della soglia dell’art. 51 c. 3 all’aumentato costo della vita oltre 35 anni (trentacinque!) dopo la sua definizione, viene trattato dalla politica come un banale bonus, una delle tante elargizioni di dubbia lungimiranza che sono state approvate in questi turbolenti anni di pandemia. Non è così! Si tratta invece di dare certezza a quella che dal 2016 ad oggi è diventata la porta di ingresso al welfare aziendale per le piccole e medie imprese. Welfare aziendale vuole dire vantaggi per i lavoratori in primis, ma anche per i datori di lavori, per il tessuto produttivo e sociale territoriale, per lo Stato”.

D’altronde, secondo l’associazione “sono centinaia di migliaia le aziende che già avevano impostato il piano di welfare per il 2022 contando sulla conferma della soglia a 516 euro promessa dal legislatore. Promessa non mantenuta, a danno non tanto dei parlamentari, ma dei lavoratori e delle loro famiglie che vedranno dimezzarsi i beni e servizi di utilità sociale a loro riconosciuti”.

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