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Siamo già in campagna elettorale. Lo vediamo ogni giorno. Anche se ancora non sappiamo quando si voterà per le nuove Camere. Ma la Costituzione ci aiuta a chiarire le idee.

La XVIII legislatura termina “dopo cinque anni” dall’insediamento delle Camere, cioè il 23 marzo 2023 (art. 60 Cost.) e le elezioni “hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti”, cioè entro i primi di giugno. Quindi la soluzione più semplice sarebbe votare alla fine di maggio del 2023. Nel frattempo, i parlamentari in carica maturerebbero il vitalizio (a settembre) e i partiti avrebbero il tempo di prepararsi ad alleanze e schieramenti.

Ma – in verità – soltanto otto delle diciassette legislature repubblicane sono durate i canonici 5 anni e comunque spesso qualche settimana di meno, perché in genere si fa ricorso allo “scioglimento tecnico”, come accaduto anche nel 2013 con la 17 legislatura.

Cioè il presidente della Repubblica scioglie le camere qualche settimana prima della scadenza naturale, anche perché in questo modo non scattano le ineleggibilità (si pensi che a rigore sindaci, deputati regionali, prefetti, militari dovrebbero dimettersi 180 giorni prima della scadenza naturale delle Camere, cioè nel nostro caso a settembre 2022, mentre con lo scioglimento tecnico il termine per le dimissioni viene meno).

Uno scioglimento anticipato delle Camere porterebbe a un voto a marzo o ad aprile, mentre mi pare da escludere il voto in autunno 2022. Non perché non ci siano nubi sul governo Draghi, ma anche per una semplice questione statistica. Nella Repubblica italiana le elezioni politiche si sono svolte sempre nella prima parte dell’anno (tra il 24 febbraio e il 28 giugno, per la precisione) e bisogna addirittura risalire al 1919 per un voto autunnale.

Ultima curiosità. Davvero è possibile, come qualcuno sussurra, che la 18esima legislatura venga prolungata e non si voti, in una sorta di “bis” come accaduto per il Presidente della Repubblica? Mi sembra davvero una ipotesi remota, perché la Costituzione consente che “La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra” (art. 60 Cost.).

Dobbiamo augurarci che il conflitto fra Russia e Ucraina non si aggravi a tal punto da rendere pensabile una proroga delle nostre camere. E che quindi voteremo nella primavera del 2023, secondo tradizione. Anche se il giorno preciso ad oggi non è ipotizzabile.

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