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Pensioni, avanti tutta. La Cina dà un’altra accelerata alla riforma previdenziale che punta dritto all’apertura di un sistema pensionistico privato, finora esclusivo appannaggio dello Stato. Un passo indietro. Il programma avviato dal governo di Xi Jinping consentirà ai dipendenti delle aziende di investire in prodotti finanziari, alternativamente al tradizionale fondo pensione.

D’altronde, con il progressivo invecchiamento della popolazione cinese, il sistema pensionistico del Dragone sta andando sotto pressione in termini di spesa. E con l’economia che non tira come dovrebbe, la fuga degli investitori esteri, la sfiducia nel mercato obbligazionario e il fallimento pressoché totale della strategia zero-Covid meglio cominciare a scaricare un po’ del peso previdenziale al di fuori del tradizionale perimetro statale.

Tornando alla riforma, più nello specifico, sarà possibile contribuire fino a 12.000 yuan (1.863 dollari) all’anno, sottoscrivendo alcuni strumenti finanziari emessi dalle banche private e immettendo così liquidità nel mercato. Un contributo che andrebbe ad affiancarsi al normale versamento nell’ambito della previdenza pubblica cinese. In soldoni, oltre a versare i contributi direttamente allo Stato, si potrà beneficiare anche di una forma di previdenza privata e complementare, arrivando a finanziare anche i mercati che a questo punto, per mezzo degli strumenti sottoscritti, potrebbero usufruire delle risorse degli stessi lavoratori.

Le banche commerciali, a questo punto potranno aprire conti pensionistici privati, oppure proporre prodotti di gestione patrimoniale bancaria. E saranno ammessi al regime i dipendenti urbani che già contribuiscono alla loro pensione con il tradizione sistema statale. Ed ecco, appunto, l’accelerazione verso una forma di previdenza privata, collaterale a quella pubblica. Proprio in questi giorni, le principali banche statali cinesi lanceranno infatti un programma pilota finalizzato all’immissione nel mercato di prodotti specifici per il risparmio previdenziale in diverse regioni della Repubblica Popolare.

La China Banking and Insurance Regulatory Commission ha infatti deciso di consentire alle quattro grandi banche, la Industrial and Commercial Bank of China, Agricultural Bank of China, Bank of China e China Construction Bank, di offrire il primo lotto di prodotti. La strategia di Pechino si basa sullo sviluppo di un sistema pensionistico privato in cui i lavoratori investono in vari prodotti di loro scelta, inclusi depositi, fondi comuni di investimento, piani assicurativi pensionistici commerciali e prodotti di gestione patrimoniale, tutti gestiti dalle banche e dalle loro filiali.

Nell’ambito del programma pilota, ciascuna delle banche menzionate accetterà nel complesso non più di 10-12 miliardi di yuan per investimenti in prodotti di risparmio previdenziale, che saranno probabilmente simili ai prodotti di deposito a lungo termine, con termini che vanno da cinque a 10 anni. Le stesse banche potrebbero essere in grado di fissare tassi di interesse superiori ai limiti massimi sui depositi fissi consentiti dal meccanismo di autodisciplina governato dalla banca centrale per la determinazione dei tassi di interesse di mercato.

Intanto, arriva un nuovo effetto collaterale indesiderato della politica tutta lockdown e chiusure. Ovvero un forte dietrofront ad aprile per il dato relativo alle vendite al dettaglio della Cina, che sono capitolate su base annua dell’11,1%, rispetto al -6,1% atteso e al precedente calo del 3,5%. Il trend si spiega, per l’appunto, con le misure severe di lockdown che la Cina ha imposto, nell’ambito della sua zero Covid policy, per arginare i casi di infezione scatenati dall’ondata più forte dal 2020.

Sprint sulle pensioni private, la Cina a caccia di capitali

Dopo aver annunciato l’apertura del sistema pensionistico statale a forme di risparmio e contribuzione private, ora le grandi banche del Dragone sono pronte a lanciare i primi prodotti finanziari ad hoc. Mentre arriva un altro effetto collaterale indesiderato della strategia zero-Covid

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