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L’interprete forse più acuto della storia e del significato storico generale dell’Ue è sconosciuto in Italia e il nostro dibattito ne sente tutta la mancanza. Mi riferisco alla profonda analisi che da due decenni Luuk Van Middelaar sta svolgendo tra filosofia e storia sulle vicende europee. Anche chi, come me, che non comprende l’olandese, può leggerlo nelle traduzioni francese delle sue opere promosse da anni dalla Fondazione Olandese delle Belle Lettere .

Il cuore della sua analisi è quella che potremmo racchiudere in questa citazione tratta dalla sua opera più importante (Le passage à l’Europe. Histoire d’ un comencement): “L’Europa non si sviluppa solamente conferendo più potere alle istituzioni di Bruxelles; essa costringe anche gli attori nazionali ad assumere più responsabilità”. Il che getta una luce su che vi sia cosa nel pensiero più colto e meno scurrile delle cosiddette ”nazioni frugali” e apre un sentiero per la comprensione reciproca e per la coscienza della posta in gioco oggi, tanto in Europa quanto nella Unione europea.

Oggi, appunto, quando il sistema politico tedesco entra in una crisi di trasformazione profonda, unitamente a quello francese. I sistemi italiani e spagnolo lo sono già in distinte altre forme da circa un ventennio e, se pensiamo a questa situazione in forma sistemica, comprendiamo allora che la posta in gioco degli anni a venire è altissima.

E non si tratta tanto dell’Unione, ma di quella forza trasformatrice che lavora al di sotto della superficie di questi sistemi politico- partitici e delle “institutions bruxelloise”: ossia la marcia verso la centralizzazione capitalistica delle rimanenti borghesie industriali -più che finanziarie- delle diverse nazioni europee. Non scorgiamo la loro forza storico-generale perché sono sommerse da trattati, regole, accordi e comitati, intese e regolamentazioni su regolamentazioni: tutta una frattaglia pseudo legal-razionale che ha trasformato Max Weber in un attore comico-tragico e che nasconde la verità che nessuna trasformazione economica riuscirà mai a concludersi senza una decisione politica e quindi senza una Costituzione Europea.

In fondo il richiamo diVan Middelaar alle responsabilità nazionali non è affatto un appello alle piccole patrie, ma invece uno sguardo lucido sul fatto che se non si riprende il cammino verso la legittimazione politica non si raggiunge l’obiettivo di creare una potenza federata da Messina a Londra. Una potenza mondiale che possa incontrare nella storia mediterraneo-atlantica ed euroasiatica tanto l’Africa quanto la Russia e quindi riportare la civilizzazione europea – à la Huizinga – di nuovo al centro della della storia mondiale.

La lotta politica tedesca, in fondo, altro non è che una lotta per la nuova modernizzazione germanica – non più per lo spazio vitale – che i verdi e i liberali, con proposte diverse e spesso inconciliabili, auspicano con la forza di una gioventù che ha nei liberali un profilo sorprendente e nei verdi una capacità di sfuggire al dilagante conformismo pacifista e green che stupisce.

La Ccd-Csu, di contro, come dimostra la tragica caduta verticale di Angela Merkel, ha disgregato la Germania con il nazionalismo filisteo scambiato per patriottismo, che ha avuto il ghigno crudele di Wolfgang Schäuble, ma anche la stoltezza bavarese di credere che un dominio senza egemonia culturale nell’Unione potesse esorcizzare i fantasmi della storia tedesca. E così facendo si potesse far accettare alle classi medie europee la nationale ekonomie ordoliberista imposta all’Unione e così all’Europa e che ha avuto in Grecia la sua prova generale.

Ma è proprio in Grecia – miracoli ovidiani delle metamorfosi – che la Nuova Europa, che non può non riemergere, ha reagito. Ha reagito con la ricostruzione dei partiti: anche lì grazie all’ innovazione politica dei giovani educati dalla tradizione. I giovani di Alexis Tsipras, raccolti prima attorno a Synaspismos (e ancor prima ai margini del Kke, il partito comunista) e infine, nell’ultima trasformazione, a Syriza, da essi creata.

Anche il vecchio Centro, storico, fondato dal grande resistente Geōrgios Papandreou, primo esponente della dinastia politica dei Papandreou, (che fonderanno il PASOK9 ) è stato rilanciato con Nuova Democrazia di Kyriakos Mītsotakīs (proviene da una famiglia di politici: nel suo albero genealogico figura un insigne statista: Eleutherios Venizelos), come dimostra l’ attivismo antiturco e filo francese in politica estera dell’attuale governo greco: la macchina della storia greca e di quella mediterranea e che non può vivere senza la Grecia, si è rimessa in moto.

Tragica storia, certo, ma sempre migliore dell’avvenire nichilistico senza storia profetizzato da quel Yoshio Fukuyama, star dell’Università Stanford in California, aedo della scomparsa delle contraddizioni nel mondo civilizzato. Una profezia che certo ancora ci disorienta, ma che non ci distoglierà dall’assolvere una realistica missione planetaria per sempre se l’ Europa e l’Unione europea si avvieranno a una nuova trasformazione.

In fondo è quello che può accadere in Germania con un nuovo governo senza Cdu-Csu, che ridia anche alla Spd la sua dignità di protagonista della storia. La stessa che i sindacati, i ferrovieri in primis, come sempre, hanno conservato e inverato, come dimostrano le loro lotte anche durante la pandemia.

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