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Sono 15 milioni in circa 1.700 comuni gli italiani coinvolti nelle imminenti consultazioni elettorali, tra amministrative, regionali e suppletive. È logico che il dibattito elettorale riguardi principalmente temi di interesse locale, anche se alcuni leader politici nazionali, proprio strizzando l’occhio alle imminenti elezioni (viste come un grande sondaggio tra loro ed i loro competitor) evocano con insistenza temi nazionali nell’attesa che abbiano riflessi sul voto.

È meno comprensibile l’assordante silenzio sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che accompagna questa campagna elettorale. Il Pnrr, la sua modulazione in programmi specifici, la sua attuazione sono di grande interesse a comuni grandi e piccoli, particolarmente – come sottolineato su questa testata – a quelli del Mezzogiorno.

Ottenuto il primo benestare dalla Commissione europea, e l’”anticipo” dei fondi, il Pnrr sembra essere stato accantonato, quanto meno nel dibattito politico. Pare si dia per scontato che il resto dei finanziamenti arriverà e che riforme, programmi e progetti verranno attuati, se del caso “all’italiana” confidando nell’italico stellone e nella quality of mercy (la qualità della misericordia) dell’Unione europea (Ue) nei confronti del governo italiano. La presa di posizione della Commissione europea in merito al prestito-ponte alla moribonda Alitalia e la netta risposta di alcuni Stati dell’Ue a proposito del mero suggerimento di una re-interpretazione delle regole sul debito delle pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto convincersi che non è affatto così.

In particolare, il Pnrr prevede quattro riforme da iniziare con vari strumenti legislativi (disegno di legge delega, disegno di legge ordinaria e così via) entro questo autunno. La quattro riforme sono quella della giustizia civile, del diritto fallimentare, della concorrenza e del fisco. Si tratta di quattro riforme essenziali per il resto del Pnrr, di cui almeno una (quella della normativa tributaria) si sarebbe dovuta iniziare (con appropriato disegno di legge delega) prima della pausa estiva. Toccano in vario modo gli enti territoriali.

Non c’è attenzione sul fatto che – come rilevato più volte dall’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica – che il nerbo del Pnrr sono i “milestones” (obiettivi qualitativi) e i “targets” (obiettivi quantitativi) al cui raggiungimento verranno erogate le risorse. I milestones e targets sono inclusi nelle “schede” del Pnrr di cui abbiamo trattato più volte su questa testata. I milestones sono concentrati nei primi anni e riguardano in gran misura passi normativi volti ad ottenere risultati generali. I targets invece sono spesso definiti in modo quantitativo, ma sono lontani nel tempo: tre quarti dei targets sono concentrati tra il quarto trimestre del 2024 e la fine del 2026. Il Pnrr comprende 135 “investimenti” e 51 “riforme” (un totale di 186 interventi).

Per valutare il progresso nella loro realizzazione e consentire l’erogazione dei corrispondenti finanziamenti, nelle 2.500 pagine contenenti le “schede” del Pnrr, vengono individuati 419 obiettivi che devono essere raggiunti a certe scadenze nel corso dei prossimi sei anni. Per un’analisi dei milestones e dei targets si rimanda alle analisi dell’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, sul cui sito sono pubblicate. Numerosi dei 419 obiettivi, dei 135 investimenti e delle 51 riforme sono di diretto interesse a comuni ed enti locali in generale.

Due argomenti meritano essere sollevati. In primo luogo, 419 obiettivi, 135 investimenti e 51 riforme non sono numeri eccessivi? Possono essere raggruppati in modo di facilitarne l’analisi. In secondo luogo, dato che siamo all’inizio di un processo che durerà almeno sei anni, quale ruolo può essere utilmente esercitato dagli enti totali competenti?

La prima domanda è stata rivolta recentemente al Commissario Paolo Gentiloni, il quale ha risposto che, su sollecitazione e impulso dei funzionari di Bruxelles, tutti i Pnrr hanno centinaia di obiettivi, investimenti e riforme. Credo che si tratti del risultato di poca esperienza ed eccesso di zelo. I Pnrr si ispirano ai programmi di riassetto strutturale di Banca mondiale e Fondo monetario, di solito imperniati su 4-10 riforme (e relativi investimenti). Si è voluto essere più dettagliati: a fini operativi, sarebbe utile, a mio avviso, raggruppare i milestones in un numero minore di categorie, più facili da monitorare. Non lo si può fare con i targets perché spesso riguardano obiettivi fisici (ad esempio, chilometri di alta velocità da realizzare).

In secondo luogo, a mio avviso, gli enti locali dovrebbero chiedere di essere associati al monitoraggio l’andamento di milestones (pochi) e targets (numerosi) di loro diretta competenza. Attualmente tale funzione è esercitata dall’Anci a livello nazionale. Un diretto coinvolgimento di singoli enti nelle attività di loro diretta competenza darebbe maggior vigore all’attuazione del Pnrr.

 

La campagna elettorale e l’assordante silenzio sul Pnrr

Il Pnrr, la sua modulazione in programmi specifici, la sua attuazione sono di grande interesse a comuni grandi e piccoli, particolarmente a quelli del Mezzogiorno. Ottenuto il primo benestare dalla Commissione europea, e l’”anticipo” dei fondi, sembra che il tema sia stato accantonato, quanto meno nel dibattito politico. Pare si dia per scontato che il resto dei finanziamenti arriverà e che riforme, programmi e progetti verranno attuati. Ma non è affatto così…

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