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Beniamino Caravita è stato una delle voci più autorevoli del diritto costituzionale e pubblico degli ultimi decenni.

Una carriera accademica tra le più brillanti degli studiosi della sua generazione. In pochi anni da ricercatore (presso la cattedra di diritto costituzionale di un grande maestro come Aldo Mazzini Sandulli) diventa prima professore associato a Perugia e poi professore ordinario a soli 36 anni, iniziando così la sua lunga attività di docente di diritto pubblico alla Sapienza.

Ma è la sua straordinaria attività scientifica che ne fa sin dagli esordi un protagonista della dottrina gius-pubblicistica italiana ed europea. E’ ancora ricercatore quando, nel 1984, pubblica il suo primo libro (“Oltre l’uguaglianza formale. Un’analisi dell’art. 3 comma 2 della Costituzione“) le cui tesi costituiscono ancora un punto di riferimento sul tema. I lavori successivi, più di venti volumi e oltre trecento articoli in riviste scientifiche tra cui anche le curatele, affrontano sempre temi cruciali e di grande respiro teorico: la giustizia costituzionale, diritti e interessi, le crisi costituzionali e le riforme, il processo di integrazione europeo. Di taluni di essi è stato anche intelligente precursore (come, ad esempio, del diritto dell’ambiente quando non se ne occupava ancora quasi nessuno).

Era un uomo colto, parlava correntemente tedesco, inglese e francese, e curioso: ha svolto molti periodi di studio fuori dall’Italia. Nel 2003 inizia l’avventura scientifica che più lo ha appassionato: la rivista Federalismi. Nel primo editoriale ne spiegava così le ragioni: “Oggi per chi crede nella rete la scommessa è garantire la comunità scientifica, accademica, politica circa la serietà e non volatilità delle iniziative di comunicazione online”. Anche allora un precursore. E la scommessa l’ha vinta. Perché, proprio come scriveva in quell’editoriale, Federalismi è diventato un “luogo” dove tutte le posizioni politiche, ideali, istituzionali si sono confrontate nel convincimento che da un confronto ampio e libero scaturiscono le migliori decisioni nell’interesse della collettività.

Caravita è stato anche un appassionato analista della vita delle istituzioni, nelle loro crisi e nelle possibilità di riforma. Dal 1993 è stato sempre componente di qualche Commissione di studio, di analisi, di proposta. Mai incline né al cinismo, né allo stupido compiacimento, sino a qualche giorno fa ha continuato a lavorare per formulare proposte sul regionalismo, sul Parlamento, su Roma Capitale. Non si rassegnava al fatto che le cose non potessero migliorare. Beniamino, tra i tanti solisti di cui si compone l’accademia, era un direttore d’orchestra: più suoni e più voci c’erano e più era contento di ascoltare e portare a sintesi.

È stato, per chi di noi ha avuto la fortuna di stargli accanto, un grande maestro, di scienza e di vita.

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Beniamino Caravita, il ricordo della professoressa Poggi

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L’intervento di Anna Maria Poggi, professoressa ordinaria di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università di Torino: “Beniamino, tra i tanti solisti di cui si compone l’accademia, era un direttore d’orchestra: più suoni e più voci c’erano e più era contento di ascoltare e portare a sintesi”

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