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La prima parte della “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza” relativa all’anno da poco concluso affronta il tema vasto delle crisi regionali e delle proiezioni di influenza. Il lavoro (relativo al 2020) è curato dal Comparto Intelligence (Dis, Aise e Aisi), ed è lo strumento con cui il governo riferisce ogni anno al Parlamento su una serie di scenari attraverso una relazione non classificata.

I servizi segreti italiani inquadrano quattro aree critiche: il Mediterraneo e la regione Subsahariana, il Medio Oriente allargato, la Russia e lo spazio ex sovietico e la Cina. Tutti ambiti in cui l’Italia si trova ad affrontare scenari sensibili – è ancora caldo quanto accaduto in Congo all’ambasciatore Luca Attanasio e al Carabiniere Luca Iacovacci – e contemporaneamente a sfidare la competizione di attori (partner, alleati o rivali) fortemente interessati a sviluppare influenza.

Il report registra un “generalizzato inasprimento delle condizioni di disagio socio-economico”, chiaramente collegabile anche agli effetti della pandemia, per poi andare nello specifico di vari quadranti. Tra questi, il primo per attenzione è la Libia, in cui si individuano “opportunità negoziali”, segnando comunque il coinvolgimento di molti attori e interessi in campo, sia interni che esterni.

A Tripoli, dopo la conclusione positiva del percorso di dialogo spinto dall’Onu si è arrivati alla scelta di un primo ministro, che però ha difficoltà per formare una squadra dell’esecutivo espressione di tutte le frammentazioni del Paese. La Libia è da sempre un test di politica estera per l’Italia, da qui il particolare interesse.

Roma sul territorio libico ha interessi economico-commerciali e di sicurezza, ma la crisi attorno a Tripoli si inserisce in un territorio ampio – il Nordafrica – che rappresenta la sponda meridionale della Penisola, in cui si snodano gli obiettivi di concorrenti come Turchia, Egitto, Francia, Russia, ma anche dei colossi come Cina e Stati Uniti e delle potenze secondarie mediorientali.

Sovrapposizione delle regione con quelli che vengono indicati come “nuovi picchi di violenza nel Sahel” e con la situazione instabile nel Corno d’Africa, dove la crisi in Etiopia in allargamento all’Eritrea, così come la presenza qaedista in Somalia. Quadrante delicatissimo, che sfocia automaticamente nel Medio Oriente scavallando il Mar Rosso e l’intaso stretto di Bab al Mandab sul Corno (con l’Italia che a Gibuti ha un avamposto militare dal senso talassocratico).

“Criticità economiche e di sicurezza” interessano il fronte mediorientale, secondo il rapporto, che comunque considera positivamente la spinta verso la stabilità su cui gli Accordi di Abramo (la normalizzazione dei rapporti tra Israele e alcuni paesi arabi) hanno contribuito a indirizzare la regione. Altra spinta data da un Effetto Biden, ossia una volontà di certi attori regionali di mostrarsi aperti alle istanze della nuova Casa Bianca – pur con distanze complicate da colmare.

Capitolo a parte, l’Afghanistan, che insieme all’Iraq è uno dei teatri di impegno militare per i contingenti italiani che operano sotto missioni internazionali. Crescono gli attenti (“ancora molti”, dice il report) e crescono le condizioni di instabilità attorno al governo, impegnato in una complicata – e finora infruttuosa – trattativa con i Talebani.

Su tutti questi quadranti finora elencati è interessante sottolineare che si muovono anche le sfide a maggior profondità per l’Italia, ossia quelle rappresentate dall’avventurismo russo e dall’espansionismo cinese. “Mosca è alle prese con importanti dossier di politica interna ed economica, ma anche con crisi emergenti e rivitalizzate”, scrive l’intelligence italiana.

Mentre riguardo alla Cina Palazzo Dante evidenzia “il dinamismo di Pechino sulla scena internazionale”, che si gioca attorno al “confronto con gli Usa” ma anche a un “articolato rapporto con l’Ue” “la proiezione nello spazio”.

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