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“Diceva Churchill che quando sai per cosa combatti, sai anche come farlo”. Chi conosce Enrico Borghi conosce anche la sua passione per le intemerate retoriche. Cuore montanaro, piemontese e pure Dc, parlamentare del Pd e componente del Copasir, punta di lancia del gruppo Base Riformista, risponde così al fuoco amico di chi accusa la sua parte di “logorare” il Pd di Nicola Zingaretti.

Chissà se Borghi è fra i logoratori renziani di cui parla Andrea Orlando…

Fanno sorridere le ossessioni e fobie di chi vuole ridurci alla categoria del renzismo. Voglio rincuorarli. Noi Dc c’eravamo prima di Renzi e ci saremo molto dopo. C’è ancora chi non ha capito perché si è chiusa la stagione comunista e commette gli stessi errori. Gli epigoni delle stagioni sono sempre diversi dai loro protagonisti.

Quindi non siete voi i basisti dell’ex premier?

Usciamo da questa dimensione paranoica. Il logoramento c’è perché il Pd non ha un’identità né una politica. Inutile lamentarsi di correnti se il vero problema è identitario.

L’agenda Draghi non migliora le cose…

Sta già provocando una scomposizione all’interno degli schieramenti. Appena nato il governo ha provocato la rottura di Leu, dei Cinque Stelle. Del centrodestra, con la Meloni da una parte e dall’altra una Lega divisa fra il modello Salvini e quello bavarese di Giorgetti.

E il Pd?

Il Pd viene messo di fronte a una scelta netta tra la linea riformista e quella massimalista. Come fai a far stare insieme l’alleanza per lo sviluppo sostenibile con una stagione di riforme che toccherà i capisaldi della sinistra tradizionale?

Ad esempio?

Penso al nodo più delicato degli ultimi 30 anni, quello fra politica e giustizia. I governi Conte 1 e 2 sono caduti sulla prescrizione. Cosa succede quando la Cartabia ci presenta la riforma del processo penale e civile? Siamo con lei o con Magistratura democratica? Per non parlare di Ilva e Alitalia. Siamo con chi vuole andare sul mercato o chi vuole fare l’acciaio di Stato?

Insomma volete decontizzare il Pd.

Noi diciamo che chi vuole imporre l’agenda guardando con lo specchietto retrovisore al Conte II non ha capito il salto di fase. Il Pd non deve presidiare la fascia sinistra come riedizione di ciò che fu, ma diventare ciò per cui è nato, un “Country party”.

Dario Nardella dice che la stagione del campo progressista è finita.

La notizia è che Conte sia un progressista.

Lo ha detto il vostro segretario.

Ricordo che Conte è lo stesso che ha firmato i decreti Salvini e poi li ha aboliti. Non è progressismo, ma un’antica e inveterata tradizione italiana, il situazionismo.

Come se ne esce?

Intanto sottraendoci al coro dei “O Conte o morte” e “viva Draghi”. Se vuoi fare il governo del Paese lo fai con convinzione, non parli di appoggio esterno e poi metti dentro tre capi corrente.

Torniamo a Renzi. Ha qualche merito o deve essere archiviato una volta per tutte?

Vede, questo è il problema di una parte del Pd, che la mattina si sveglia e si preoccupa di misurare la sua distanza da Matteo Renzi. Come se Togliatti un tempo si occupasse di quanto fosse distante da Saragat. È la cultura dell’uomo nero. E sa a cosa porta?

A cosa?

L’ “uomo nero” rimane sempre lì, più forte di prima. Berlusconi, Salvini, Renzi.

Qui parliamo di strategia, ma anche sulla tattica avete avuto qualche problema. I sottosegretari, le donne lasciate fuori, il Viminale che torna a Salvini.

Certo, quando dichiari di non voler fare una selezione politica, ti acconci a qualsiasi cosa. La questione di genere andava inserita all’interno di una strategia politica, non diventarne l’unico elemento. È andata così e ci hanno dato gli avanzi.

Borghi, non ci staremo dimenticando i Cinque Stelle? Che fine fa la vostra alleanza?

Questo dobbiamo deciderlo noi. Segnalo che Di Maio negli ultimi giorni è passato dai Grünen a Rumor. Non siamo noi a dover inseguire gli altri. Diciamo prima cosa vogliamo e poi li incontreremo sulla strada.

Altro che Renzi, il Pd si logora da solo. Parla Borghi

Il deputato di Base Riformista risponde ad Andrea Orlando: il Pd si logora da solo, tra contismo e caccia all’uomo nero (Renzi). L’agenda Draghi ci pone a un bivio, o siamo riformisti o massimalisti. Noi abbiamo le idee chiare

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