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Qualcosa si sta rompendo nell’economia cinese. Il Dragone ha il fiatone e non tanto perché non cresce e non fa Pil (quest’anno si prevede un aumento del 6%). Il problema è semmai una finanza sempre più debole, farragionosa. In una parola, fragile. Il problema di Pechino si chiama debito, privato o sovrano che sia, come raccontato a più riprese da Formiche.net. I sintomi sono quelli di una crisi in stile Lehman Brothers cinese, con decine di miliardi di insolvenze pronte ad abbattersi sui bilanci delle grandi banche cinesi. Ma il sintomo che più di tutti richiama la grande crisi finanziaria del 2008: la bolla immobiliare.

Questa notte, come rivelato dal Financial Times, la Banca centrale cinese, la Banca del Popolo, ha chiesto agli istituti di credito di frenare l’offerta di credito, poiché l’ondata di prestiti che ha sostenuto la ripresa del coronavirus alimentata dal debito del Paese ha rinnovato le preoccupazioni per le bolle degli asset e la stabilità finanziaria. In altre parole, troppa liquidità nel sistema rischia di spingere decine di migliaia di famiglie a indebitarsi senza la ragionevole certezza che un domani tali prestiti possano essere rimborsati.

D’altronde, la crescita dei nuovi prestiti in Cina ha raggiunto il 16% nei primi due mesi dell’anno. Un dato che preoccupa Pechino, già alle prese con le rinegoziazioni dei prestiti concessi per finanziare la Via della Seta, soprattutto in Africa. Al punto che la vigilanza ha deciso di mettere ufficialmente in guardia gli istituti, affinché stringa i cordoni della borsa, evitando di pompare ancora il mercato.

Una direttiva che potrebbe tradursi in un calo considerevole dei prestiti bancari, la principale fonte di finanziamento per la seconda economia del mondo e rivelatoria di una situazione tutt’altro che facile. Le precedenti misure di inasprimento sui prestiti, non sono riuscite a frenare la crescita del credito. I prestiti al consumo a medio-lungo termine della Cina, costituiti principalmente da prestiti ipotecari, ovvero destinati all’acquisto di una casa, sono aumentati del 72%, raggiungendo un record di 1,4 trilioni di Rmb nei primi due mesi di quest’anno. A questo punto è lecito domandarsi se la Cina possa andare davvero incontro a una crisi del debito di matrice immobiliare.

Domanda girata direttamente ad Alberto Forchielli, economista e gran conoscitore dell’Oriente nonché fondatore di Mandarin Capital Partners, raggiunto a Hong Kong. E Forchielli qualche dubbio ce l’ha. “La Cina sono anni che è in bolla e questo perché la gente continua a metterci soldi nell’immobiliare, a investire, pandemia o non pandemia, c’è poco da fare”, spiega l’economista. “Non credo però che siamo dinnanzi a una crisi in stile Lehman Brothers, questa crisi sono anni che c’è, non ci credo più. C’è gente che ha anche dieci appartamenti ma le classi più disagiate continuano a rimanere fuori dal mercato immobiliare. Insomma, non è che proprio tutti si comprano casa. No, non vedo una crisi di questa natura.”

Di certo, la Cina ha un problema debito. “Sì, il problema c’è. Questa è la ragione perché quest’anno la Cina farà solo il 6% di Pil, perché Pechino tiene tirato il freno. Altrimenti l’economia cinese crescerebbe fino al 9%. Ma c’è molta paura che la crisi del debito possa esplodere tutto d’un tratto e questo costringe le autorità a imbrigliare i prestiti. Per quanto mi riguarda questa situazione potrebbe durare anche anni: la Cina non crescerà come potrebbe non perché non possa, ma perché non vuole. Perché il costo sarebbe troppo alto, l’esplosione del debito”.

 

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