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Dopo Facebook, anche Twitter sospende in via definitiva l’account di Donald Trump, che aveva già bloccato temporaneamente, per “il rischio che inciti ulteriormente alla violenza”, dopo avere innescato l’assalto al Campidoglio di mercoledì scorso.

E il magnate ormai quasi ex presidente reagisce: prima cerca di aggirare l’ostacolo twittando dall’account ufficiale @POTUS (president of the United States), ma i suoi messaggi sono immediatamente rimossi, come prevedono le regole della piattaforma in casi del genere; e poi diffonde un comunicato stampa della Casa Bianca, mentre fra i repubblicani e i conservatori c’è una levata di scudi contro le piattaforme social in generale e Twitter in particolare. L’accusa: essere “liberal” e discriminare le opinioni di destra.

Nel comunicato, Trump si dice non sorpreso dalla sospensione di Twitter: “Lo avevo previsto. Vogliono mettermi a tacere, vogliono mettere a tacere voi e i 75 milioni di grandi patrioti che hanno votato per me”, afferma il magnate, prima di assicurare che “non ci metteranno a tacere. Stiamo trattando con vari altri siti e a breve avremo un grande annuncio, nel frattempo stiamo valutando la possibilità di costruire una nostra piattaforma”.

Del possibile esodo di Trump e dei suoi sostenitori verso piattaforme social più “accoglienti”, tipo Parler e/o altre, s’è molto scritto nelle ultime settimane, come pure della nascita o dello sviluppo di tv a destra di Fox News.

La decisione di Twitter ha ulteriormente innervosito il presidente, già irritato per l’accelerazione di un possibile secondo impeachment nei suoi confronti, mentre pare essere tramontata l’ipotesi di un ricorso al XXV Emendamento. A spingere sono soprattutto i democratici alla Camera, sotto la spinta della loro speaker Nancy Pelosi, che paventa che il magnate con i codici nucleari possa combinare altri guai.

Lo staff della Casa Bianca e i senatori repubblicani, tramite il loro leader Mitch McConnell, hanno già ricevuto istruzioni su come comportarsi, se davvero i democratici della Camera decidessero di e riuscissero a costruire un caso entro il 19 gennaio, quando il Senato, cui spetterebbe “processare” il presidente, tornerà a riunirsi, la vigilia dell’insediamento di Joe Biden (contrario, dal canto suo, a inasprire il clima di contrapposizione).

Secondo fonti a lui vicine citate dai media Usa, Trump non capisce le accuse che gli sono mosse: “Non ha alcuna intenzione di dimettersi, perché non ritiene di avere fatto nulla di sbagliato”, trapela dalla Casa Bianca. Si racconta che, mentre erano in corso gli scontri al Congresso, Trump si aggirava soddisfatto per la Casa Bianca senza comprendere perché nessuno esultasse con lui per quanto stava accadendo, mentre la moglie Melania si preoccupava di un servizio fotografico sugli arredi interni e la figlia Ivanka cercava, senza successo, di ricondurlo alla realtà. Non solo: durante l’assalto, Trump avrebbe cercato di raggiungere telefonicamente i senatori repubblicani, per convincerli a capovolgere il risultato del voto.

Alla decisione di Twitter reagisce il figlio Donald Jr: la libertà di parola è “morta con big tech”. E il senatore repubblicano Rick Scott parla di “vergogna”: “Twitter sospende il presidente Trump, ma consente … all’ayatollah di parlare della possibilità di spazzare via Israele”. Nikki Haley, che ieri aveva preso le distanze dal presidente Trump, dice: “Mettere a tacere la gente, per non parlare del presidente, è quello che succede in Cina, non nel nostro Paese”.

Critico anche il New York Post di Rupert Murdoch, anch’esso severo con Trump di recente. “Twitter è guidata da liberal americani, che mettono sotto esame solo un tipo di persona e solo un’area politica”, sostiene la direzione del quotidiano secondo cui “o la Section 230 – la norma che garantisce l’immunità ai social media, sollevandoli da ogni responsabilità – viene revocata e Twitter si assume la responsabilità di quello che viene twittato, o altrimenti deve fare un passo indietro e lasciare che sia il pubblico a decidere quello che è accettabile e quello che non lo è”.

Nella nota che accompagna la sua decisione, Twitter spiega che “piani per future proteste armate sono già iniziati a proliferare …, incluso un nuovo attacco al Congresso proposto il 17 gennaio”, mentre Trump sarà ancora alla Casa Bianca. Allo stato attuale, infatti, si ipotizza che il presidente lasci Washington il 19 gennaio per Mar-a-Lago, in Florida. Quello stesso giorno è poi attesa un’ondata di grazie parte di Trump, inclusa quella per i figli e forse anche per se stesso. Ma piani e voci su di essi sono in continua evoluzione.

Quello che pare ormai acquisito è che il 20 gennaio, gli Usa avranno un nuovo presidente, Biden, e una nuova amministrazione. Lo ammette pure Trump, senza riconoscere la vittoria del rivale.

Il presidente sobillatore rinuncia al week-end a Camp David: vuole stare alla Casa Bianca e tenere sotto controllo la situazione. In un video, prima del bando da Twitter, Trump si dice shockato dalla violenza in Campidoglio, lancia un appello alla riconciliazione ed afferma che ora intende “assicurare una transizione dei poteri tranquilla e ordinata”. Chiede, dunque, al suo staff di nomina politica di dimettersi entro il 20 gennaio.

“È tempo di raffreddare gli animi e di ripristinare la calma – dice il presidente ‘faccia di bronzo’ -. Bisogna tornare alla normalità dell’America”. E, rivolto ai protagonisti degli incidenti da lui aizzati, dice: “Voi non rappresentate il nostro Paese … Chi ha infranto la legge pagherà”. Appena 24 ore prima li aveva definiti, nonostante tutto, “brave persone” e aveva detto “vi voglio bene”.

Intanto, di fronte ai picchi della pandemia, che supera la soglia dei 300 mila contagi in 24 ore – vuol dire che, in un solo giorno, quasi un americano su mille ha contratto il virus -, Biden annuncia che utilizzerà tutti i vaccini disponibili per accelerare le immunizzazioni, con il rischio di restare a corto di seconde dosi. Secondo i dati della Johns Hopkins University, alle mezzanotte di ieri sulla East Coast i contagi nell’Unione erano quasi 21.863.000 e i decessi erano oltre 368.770.

Twitter (e non solo). Trump bannato dai social. E ora? L’analisi di Gramaglia

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