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Tutti responsabili, nessun responsabile. Nell’Italia del regionalismo differenziato, degli ottomila campanili, delle burocrazie pachidermiche ed elefantiache uno degli aspetti che più è balzato agli occhi dal punto di vista istituzionale in queste ultime settimane di crisi è il clima da irresponsabilità diffusa in cui sembra precipitato il Paese. Non nel senso di avventatezza o di spericolatezza delle scelte, ma di tendenza a fuggire dalle responsabilità e dall’assunzione delle decisioni cui tutti gli attori pubblici, ciascuno per il ruolo e le funzioni che gli sono attribuite, sarebbero tenuti. In pratica, detta in modo diretto, assistiamo a un continuo fallo di confusione, un cortocircuito in cui risulta difficile persino ricostruire la catena di comando e delle competenze.

Perché, ad esempio, ci siamo fatti trovare impreparati su un tema centrale ma certo facile da prevedere come il trasporto pubblico locale? E dov’è che il sistema si è bloccato? Dipende dallo Stato, dalle regioni o dai comuni che gestiscono il servizio? È un mistero. E sulle terapie intensive e la sanità del territorio? Lo stesso. E sulle chiusure locali? Uguale. La risposta a queste domande, e ad altre, tristemente non cambia mai: ovvero non c’è. Non si sa.

Non è chiaro a chi spettasse in origine la competenza, non è chiaro chi avrebbe dovuto decidere e non ha deciso, non è chiaro chi dovrà intervenire adesso per cambiare le cose. Semplicemente navighiamo a vista. Un fenomeno già tradizionalmente patologico in un Paese dalla costruzione barocca come l’Italia, che nell’ultime settimane sta però assumendo connotati drammatici. Appunto, nessun colpevole, tutti colpevoli. Non siamo più in grado, ove mai lo fossimo stati, di distinguere tra chi sta lavorando bene e chi sta lavorando male e di capire se le decisioni spettino al governo, alle regioni o ai comuni e se le abbiano attuate nel modo corretto oppure no. Un po’ come avviene dopo un’elezione dall’esito incerto: tutti i partiti pronti a ribadire di aver in parte vinto, con la conseguenza che alla fine risulta quasi impossibile distinguere i vincitori dagli sconfitti.

E così sta succedendo, ma ovviamente la circostanza è molto più grave, dal punto di vista del funzionamento dell’assetto istituzionale italiano. Beninteso, il tema non è stabilire chi siano i colpevoli, come si trattasse di una sorta di caccia alle streghe, bensì riuscire a individuare le responsabilità, anche eventualmente per sottolineare cosa è stato fatto bene e, soprattutto, per capire al contrario cosa non ha funzionato e perché e, quindi, come intervenire per far sì che la situazione migliori e certi errori non si ripetano. Ma finché il quadro rimarrà così confuso è impossibile che ciò accada.

Di sicuro, il bizantinismo di molte delle leggi che sovraintendono ai rapporti tra lo Stato, le regioni e gli enti locali non aiuta, così come alcune delle regole fissate in Costituzione. Il titolo V, riformato nel 2001, ha solo aumentato il caos. Basti pensare alla sanità che in teoria è di competenza delle regioni ma che poi in parte ricade tra le funzioni statali in materia di profilassi internazionali – è il caso della pandemia che stiamo vivendo – e “di determinazione dei livelli essenziali ei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Da qui i continui dubbi e stop and go che certo non hanno fatto bene al Paese in questa fase così critica.

L’ultimo esempio in questo senso lo abbiamo avuto nelle ultime ore, con le regioni e il governo divisi sul carattere locale o nazionale dell’eventuale lockdown. Una misura uguale per l’intero territorio nazionale oppure a macchia di leopardo, sulla base dei contagi di ciascun territorio, con l’istituzione di zone rosse locali? Appunto, non è chiaro. Come si diceva, tutti responsabili, nessun responsabile. La via italiana all’irresponsabilità.

Responsabile

Tutti responsabili, nessun responsabile. La via italiana sulla pandemia

Il tema non è stabilire chi siano i colpevoli, come si trattasse di una sorta di caccia alle streghe, bensì riuscire a individuare le responsabilità, anche eventualmente per sottolineare cosa è stato fatto bene e, soprattutto, per capire al contrario cosa non ha funzionato e perché e, quindi, come intervenire per far sì che la situazione migliori e certi errori non si ripetano. Ma finché il quadro rimarrà così confuso è impossibile che ciò accada

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