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Pochi giorni fa le speranze del presidente cinese Xi Jinping per un accordo commerciale con l’Unione europea si infrangevano sul muro di Berlino alzato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, presidente di turno dei 27, impegnata a ottenere reciprocità commerciale e rispetto dei diritti umani. E il cambio di rotta della Germania, primo partner commerciale della Cina nel Vecchio continente, potrebbe coinvolgere anche un settore strategico per il futuro quale il 5G. Secondo quanto rivelato dalla Welt, infatti, il governo tedesco starebbe valutando di imporre restrizioni tali che Huawei, il colosso cinese che secondo l’amministrazione statunitense di Donald Trump rappresenterebbe una minaccia alla sicurezza nazionale, rimarrebbe escluso.

Il quotidiano conservatore tedesco del gruppo editoriale Axel Springer spiega che il governo sta per presentare una bozza della nuova legge sulle sicurezza informatica con una revisione che metterebbe al centro l’affidabilità dei fornitori e andrebbe “oltre” gli aspetti “puramente tecnici”. “Un fornitore cinese come Huawei non ha alcuna possibilità in tale procedura”, scrive la Welt raccontando gli sforzi di alcuni ministeri e dei servizi d’intelligence tedeschi.

COME IN ITALIA?

Non un bando, come richiesto dagli Stati Uniti, dunque: piuttosto, una mossa simile a quella dell’Italia, che ha eretto Golden power e Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica come pilastri della strategia per contenere l’avanzata tecnologica di Pechino.

Ogni fornitore di apparecchiatura 5G per la rete tedesca, spiega la Welt, verrebbe passato al vaglio per verificare se l’azienda è “strutturalmente integrata in un sistema politico problematico”. A livello organizzativo o tramite obblighi legali. E qui vale la pena rileggere quanto concludeva il Copasir nella sua relazione del dicembre scorso sul Huawei: “È stato posto in rilievo che in Cina gli organi dello Stato e le stesse strutture di intelligence possono fare pieno affidamento sulla collaborazione di cittadini e imprese, e ciò sulla base di specifiche disposizioni legislative”. Lo prevede in particolare una legge del 2017, la National Security Law, che “obbliga, in via generale, cittadini e organizzazioni a fornire supporto e assistenza alle autorità di pubblica sicurezza militari e alle agenzie di intelligence”. A questa si aggiunge la Cyber Security Law, che impone agli operatori di rete di “fornire supporto agli organi di polizia e alle agenzie di intelligence nella salvaguardia della sicurezza e degli interessi nazionali”.

SE NON VEDO NON CREDO…

All’apertura del semestre tedesco di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, Thorsten Benner, cofondatore e direttore del Global Public Policy Institute di Berlino, aveva commentato la questione Huawei/Deutsche Telekom con Politico Europe spiegando che “la principale preoccupazione” di Merkel “riguarda le ritorsioni sulle società tedesche in Cina”. E a Formiche.net aveva ribadito come la cancelliera fosse intervenuta, eccome, nella vicenda, “sabotando ogni sforzo di quella che oggi è una maggioranza parlamentare a favore del bando dei fornitori ad alto rischio Huawei e Zte dalla rete 5G tedesca. Ciò ha permesso a Deutsche Telekom di fare fatti concreti lanciando il 5G con la tecnologia Huawei”.

Oggi il vento sembra esser cambiato anche a Berlino (dove buona parte dell’establishment scommette sulla vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali statunitensi in programma il 3 novembre prossimo). Oggi Benner affida a Twitter le sue perplessità: “Ci crederò quando lo vedrò”, scrive sottolineando come sia il ministro degli Esteri, guidato da Heiko Maas (Spd), a chiedere maglie più strette rispetto a quello dell’Interno, guidato da Horst Seehofer (Csu) che si è già espresso a più riprese contro un divieto a Huawei.

Auf wiedersehen Huawei? Così Merkel studia l’esclusione dal 5G

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