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Se il buongiorno si vede dal mattino, non è un gran giorno per gli Stati generali del Movimento Cinque Stelle. Gli ultimi due giorni della kermesse grillina si aprono infatti con un clamoroso forfait: Davide Casaleggio. È lui a ufficializzare le voci di corridoio con un post su Facebook al vetriolo.

“Alcuni giornali si interrogano sulla mia eventuale presenza agli Stati Generali del Movimento 5 Stelle. Ho ricevuto ieri l’invito a partecipare nella discussione di domenica. Ho deciso di declinare perché ritengo che se ci sono delle regole di ingaggio, queste debbano essere rispettate”.

Non ci sarà dunque il figlio del fondatore e guru del Movimento Gianroberto Casaleggio fra i trenta relatori votati dalla piattaforma Rousseau per parlare domenica. Una sedia vuota di peso fra i tanti big che prenderanno la parola, da Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista, da Paola Taverna a Roberto Fico.

Due i motivi. Casaleggio scrive: “Leggendo il documento di guida della discussione del primo giorno, registro che molte decisioni sono già state date per acquisite e si chiedono solo i dettagli. Su altre, come la questione sul vincolo dei due mandati l’indicazione dai territori è stata chiara, ossia che rimanga intoccabile, ma al primo punto del documento guida si indica esplicitamente di dibattere su eventuali deroghe da adottare”.

Ecco di nuovo il vincolo dei due mandati, l’ostacolo che si frappone sulla strada di chi vuole trasformare il Movimento in un partito. Casaleggio non ci sta, e non è il solo. Se infatti nessuna delle cosiddette “mozioni” presentate affronta di petto il tema, la deroga è il vero convitato di pietra dell’assemblea pentastellata. Solo Di Battista ha fatto esplicito riferimento al divieto di derogare ai due mandati.

A lui in verità sembra strizzare l’occhio il presidente dell’Associazione Rousseau quando su Facebook spiega come sia “doveroso pubblicare i voti sia dei delegati del sabato sia dei relatori della domenica prima dell’evento, come anche i verbali delle riunioni provinciali e regionali, nella versione originale, che riportino i risultati degli incontri ufficiali nei quali tutti hanno potuto partecipare e che oggi non sono pubblici”.

La conta dei voti è il vero tormentone della fronda dibattistiana in queste ore. Il sospetto dei fedelissimi del pasdaran è che i vertici non vogliano svelare il suo sorpasso nella corsa alla leadership. Ecco allora Nicola Morra avanzare un dubbio sibillino: “Perché non possiamo sapere, ora, quante preferenze siano state ottenute dai candidati eletti e non? Sono ingenuo, lo so..”. Gli fa eco la dissidente Barbara Lezzi, ex ministro per il Sud: “è il caso di dimostrare immediatamente che il nostro principio di trasparenza non è arrivato al capolinea”.

Il post di Casaleggio suona come l’ennesimo attacco frontale al tandem Di Maio-Beppe Grillo e sembra confermare quel lento divorzio del Movimento dalla sua creatura, la piattaforma Rousseau. Si chiude così, con una nota al veleno. “Le persone che dibatteranno dei nostri valori dovrebbero in primis aver rispettato le regole che abbiamo oggi. Non vorrei che si arrivi al paradosso che a scrivere le regole siano anche coloro che per primi non le rispettano”.

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