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Il Pd fa 13 anni, ma “non ha nulla da festeggiare”. Il governo Conte bis non è un’alleanza, ma “un’intesa per salvare la pelle”. Lo Stato d’emergenza “in un Paese democratico non può durare in eterno”. Massimo Cacciari, filosofo, saggista, già sindaco di Venezia, taglia le parole con l’accetta. Dai Cinque Stelle alla Lega, ora tutti, pure gli “euroscettici”, guardano all’Ue con le mani giunte in preghiera. Ma non capiscono che da Bruxelles “non arriverà nulla gratia et amore Dei”.

Professore, sul virus si fa troppo allarmismo o troppo poco?

L’allarme è ovviamente giustificato, ma occorrerebbe dare informazioni utili, attendibili, analitiche. Non solo il bollettino quotidiano con morti e contagiati.

Cosa allora?

Anzitutto, bisognerebbe spiegare alla gente che l’aumento dei contagi è dovuto anche all’aumento dei tamponi. Non c’è un aggravamento rispetto ai mesi precedenti, il 90% dei contagiati è asintomatico. Il problema, semmai, sono le strutture territoriali che non funzionano. Sono state potenziate rispetto alla primavera? Se così non fosse, il governo avrebbe colpe gravissime.

Il Mes può aiutare?

Certo, non c’è neanche da discuterne. Il tira e molla nella maggioranza è una pagliacciata, una bandierina dei Cinque Stelle. Quei soldi servono per affrontare una seconda ondata e riparare i danni dei mesi precedenti.

Si può andare avanti a Dpcm?

No, l’emergenza non può durare in eterno. In un Paese democratico non si va avanti con una normativa emergenziale. Peraltro con norme poco razionali, che spesso si riducono in consigli e raccomandazioni non applicabili, né verificabili.

L’Italia può permettersi un altro lockdown?

Assolutamente no.

Cacciari, si parla tanto di Recovery Fund ma per mesi non si vedrà un euro.

E si stupisce? Sapevamo tutti che sarebbero arrivati dopo la primavera. Ovvero dopo la presentazione di progetti di riforma adeguati, di cui per ora non c’è ombra. Non hanno idea su quali priorità puntare. Evidentemente credono che i soldi pioveranno da Bruxelles gratia et amore Dei.

È passato più di un anno dalla nascita del governo Pd e Cinque Stelle. Alleanza o contratto?

Nessuno dei due. Un’intesa per salvare la pelle.

Il Pd, invece, spegne 13 candeline.

A sentire l’amico Zingaretti, sembrano tutti contenti, sicuri di aver vinto, non si sa bene cosa. A me pare un compleanno amarissimo.

Perché?

I numeri parlano chiaro. Veltroni alla sua prima uscita prese il 33%. È stata la prima volta nella storia politica italiana che due partiti fusi uno con l’altro hanno preso più voti della loro somma precedente. Da quando si è dimesso lui il Pd non ne ha azzeccata più una.

Adesso un altro partito vuole contendere al Pd il suo Dna europeista: la Lega di Matteo Salvini.

Troppo tardi. Un anno fa, alle europee, avevano un’occasione, se non di vincere, almeno di contare nella governance dell’Ue. L’hanno sprecata. Ora, di fronte all’asse di popolari e socialdemocratici che li tiene in un angolo, stanno cambiando toni, da Salvini alla Le Pen fino agli ungheresi.

Giancarlo Giorgetti vuole comunque aprire il dialogo con il Ppe. Può funzionare?

Giorgetti fa quello che ha sempre fatto: mettere fra parentesi le intemperanze di Salvini. Come Zaia, è un vecchio democristiano che vuole tornare al gioco politico e trasformare la Lega in una forza di governo, presentabile.

Ci sta riuscendo?

Non dipende da loro, ma dalla Germania. Angela Merkel è stata per anni il baricentro politico dell’Ue. La sua fuoriuscita imminente sposta a destra la Cdu. Giorgetti vuole entrare in quel frangente, ma il passaggio è più angusto di quanto pensa.

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