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Quando si parla di 5G nella contesa commerciale e tecnologica tra Stati Uniti e Cina, spesso a Washington si cita il modello australiano. L’hanno fatto a più riprese il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo (ieri in visita in Italia), e il suo numero due, Keith Krach, sottosegretario per la Crescita economia.

Il perché l’ha spiegato nei giorni scorsi, parlando di core ed edge, a Formiche.net Martijn Rasser, ex analista della Cia oggi senior fellow del programma Tecnologia e sicurezza nazionale al Center for a New American Security: “Nelle reti 4G la linea di demarcazione core-edge era netta e permetteva il ricorso di fornitori meno affidabili sull’edge tutelando comunque la parte core”. Sul 5G, invece, non è possibile fare distinzioni, come hanno avvertito diversi governi, tra cui quello statunitense e quello australiano: infatti, “molte delle funzionalità tipiche delle parti core verranno spinte verso quelle edge al fine di ridurre la latenza”, ossia rendere la connessione più veloce.

La decisione del governo australiano di bandire dalla rete 5G le cinesi Huawei e Zte per ragioni di sicurezza nazionale nell’agosto di due anni fa fu controversa e, soprattutto, in contrasto con le tendenze internazionali di allora. Ma è “un esempio che alcune nazioni stanno ora cercando di seguire”, commenta a Formiche.net Rachael Falk, tra i massimi esperti di sicurezza cibernetica d’Australia e amministratore delegato dl Cyber Security Cooperative Research Center. “Vietando ai fornitori ad alto rischio di fornire la tecnologia 5G per le reti wireless, il governo australiano ha assunto una posizione forte e decisiva nel proteggere la sovranità digitale della nostra nazione e l’integrità dell’infrastruttura critica della nostra nazione”.

Il concetto da cui parte Falk è il seguente: “L’avvento del 5G sta alterando notevolmente l’ambiente cibernetico e, a sua volta, l’ambiente geopolitico”. Ogni nazione, grande e piccola che sia, “si affida a Internet e, sempre di più, all’Internet of Things per funzionare in modo efficace ed efficiente”, continua l’esperta. “Una minaccia in qualsiasi punto della rete è una minaccia per l’intera rete, quindi i sistemi, l’infrastruttura e le tecnologie che formano la rete devono essere il più sicuri possibile. Non c’è spazio per il rischio, soprattutto a un alto rischio”.

Quale rischio? L’interruzione delle reti a causa dell’interferenza di terze parti. “Potrebbe paralizzare il business, le catene di approvvigionamento e altre infrastrutture online critiche su cui le persone fanno affidamento”, risponde Falk sottolineando come la mitigazione del rischio sia diventato un elemento centrale nel dibattito che ha portato il governo australiano alla decisione di due anni fa. Per questo, aggiunge, “è necessario intraprendere ogni misura ragionevole per garantire che questi sistemi non siano compromessi e ciò include la valutazione dei rischi associati alle aziende che forniscono tecnologie 5G”.

“Non significa che le società bandite siano ‘cattive’”, spiega ancora Falk. “Tuttavia, le leggi nazionali nel loro Paese di origine potrebbero costringerle a raccogliere informazioni e consentirebbero a un governo straniero di avere accesso alla rete 5G australiana”, aggiunge citando quelle stesse ragioni che a dicembre dell’anno scorso portarono il Copasir a invitare il governo a escludere le aziende cinesi per ragioni di sicurezza nazionale. “Una situazione del genere — tale rischio — è stata considerata inaccettabile dal governo australiano”, conclude l’esperta.

5G, ecco il modello australiano anti Huawei. Parla Falk (Cscrc)

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