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Fortunatamente dal “chiudere tutto” sono state escluse almeno al momento le fabbriche, anche se è fermo l’invito del governo alle associazioni di categoria e alle singole imprese a valutare tutte le modalità organizzative che consentano l’adozione delle massime cautele e di tutti gli accorgimenti a difesa di coloro che vi lavorano, siano essi operai, tecnici, quadri, dirigenti e imprenditori. Gli scioperi spontanei di ieri dicono che bisogna discutere a fondo e concordare con i sindacati, le rappresentanze di fabbrica e le direzioni aziendali le modalità più utili sito per sito per la tutela dei loro addetti, individuando al contempo tutti i modi utili per la prosecuzione delle produzioni, o al massimo per loro brevi interruzioni per sanificare ambienti di lavoro e riorganizzare le attività di stabilimento.

L’altro ieri abbiamo scritto su queste colonne che almeno alcuni settori – industrie alimentari, farmaceutiche e dei biomedicali, energetiche, chimiche (per detergenti e materiali per packaging), multiutility (gas, luce, acqua, raccolta e smaltimento rifiuti, etc.) non potrebbero chiudere facendo venire meno beni e servizi di prima necessità per la cittadinanza. Ma ad un’attenta lettura di tali necessità, si scopre che anche altre branche dovrebbero continuare a produrre. Si pensi alle cartiere per carta da giornale e per imballaggi, alla meccanica e a tutta l’industria che costruisce tecnologie ospedaliere e per l’assistenza ai malati anche domiciliari, alla cartotecnica che produce assorbenti, al Poligrafico dello Stato, alle Officine di manutenzione di treni e autobus, alle aziende impiantistiche che operano nelle fabbriche di processo – siderurgia, petrolchimica, energia – e per le manutenzioni telefoniche, televisive, acquedottistiche.

Insomma tutta la manifattura che produce beni e servizi di prima necessità non solo per persone ma anche per altre aziende deve restare in produzione. Ma in realtà è tutta l’industria italiana – integrata ormai a livello mondiale in lunghe filiere del valore – a dover restare in esercizio, pena (se chiudesse anche solo per una settimana) un tracollo drammatico e forse irreversibile delle relazioni di scambio sinora acquisite e da conservare.

Ma si rende necessario – insieme ad una articolata politica di aiuti ad horas da concedere soprattutto alle Pmi per fronteggiare lo tsunami del coronavirus e le loro chiusure appena disposte – un piano di rilancio “monstre” per l’economia italiana che in questa fase deve puntare sul mercato interno ad investimenti in grandi infrastrutture – ma anche sui lavori pubblici presso gli Enti locali – sbloccando anche in questo caso possibilmente ad horas le 25 opere strategiche classificate come tali già dall’ex ministro Delrio, gran parte delle quali sono già finanziate. La ministra De Micheli è orientata alla nomina di commissari preposti alla loro realizzazione, anche se poi bisognerà valutare bene quali poteri effettivi conferire loro. In proposito, è inutile nascondersi che il modello da molti preferito sarebbe quello dei poteri conferiti a Genova al suo sindaco quale commissario per la ricostruzione del Ponte Morandi che proprio in questi giorni sta assistendo alla messa in opera delle campate più ampie.

Un altro intervento che, a nostro avviso, deve essere attivato immediatamente è quello riguardante i permessi per le esplorazioni on e off-shore per la ricerca e l’estrazione di petrolio e gas, derogando alla proroga prevista sino a febbraio del 2021 per le nuove esplorazioni nel decreto Milleproroghe. L’Eni è pronta a far partire nell’Alto Adriatico un maxipiano di investimenti di circa 2 miliardi che fra l’altro, oltre ad estrarre gas, potrebbe ridare slancio al polo della navalmeccanica di Ravenna, oggi in pesante flessione. Ma anche la Shell sarebbe pronta a partire con le esplorazioni nello Ionio, mentre in Basilicata si dovrebbe consentire all’Eni di attivare tutti i pozzi previsti in Val d’Agri, arrivando a toccare i 120mila barili al giorno previsti a suo tempo. O qualcuno pensa che sia più conveniente per il nostro Paese acquistare il greggio ai prezzi stracciati di queste settimane?

Inoltre si accelerino tutte le istruttorie in corso per contratti di sviluppo presso Invitalia e contratti di programma presso la Regione Puglia, riservati gli uni e gli altri alle grandi imprese, eseguendone anche i collaudi per quelli che hanno completato i cicli di investimenti. Il Gruppo Ferrovie dello Stato ha annunciato investimenti per venti miliardi sino a fine anno. È sicuramente una buona notizia, ma è auspicabile che le progettazioni delle singole opere siano già esecutive e che si possa mandarle in appalto con la massima celerità.

Insomma, con la stessa velocità con cui il governo sta rispondendo giornalmente con le note misure alla diffusione dei contagi del coronavirus, si potrebbe operare per definire e lanciare un programma “epocale” di lavori pubblici nel Paese, in grado di lenirvi la disoccupazione e di salvare gli occupati in vari comparti che sono ad essi collegati? Per essere franchi sino alla brutalità, solo per acquisire i macchinari per le terapie intensive e per allestirne i reparti ci si muove con velocità ed apprezzabile determinazione? E per sbloccare le opere pubbliche no? Magari lavorando h24 per sette giorni la settimana per approntare progetti, bandire gare, aggiudicarle e far partire la loro realizzazione?

Subito un programma epocale di lavori pubblici. L'analisi del prof. Pirro

Fortunatamente dal “chiudere tutto” sono state escluse almeno al momento le fabbriche, anche se è fermo l’invito del governo alle associazioni di categoria e alle singole imprese a valutare tutte le modalità organizzative che consentano l’adozione delle massime cautele e di tutti gli accorgimenti a difesa di coloro che vi lavorano, siano essi operai, tecnici, quadri, dirigenti e imprenditori. Gli…

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