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Donne medico, infermiere, ricercatrici, madri, compagne, nonne, volontarie e, ancora, donne di fede e ai vertici di istituzioni.

Nell’emergenza sanitaria del coronavirus, il mondo scopre la forza, il coraggio, la tenacia e la sensibilità delle donne. Un mondo che Papa Francesco ha affidato, in questi giorni, alla vergine Maria, la madre delle madri.

Nella battaglia contro l’invisibile virus, le donne sono in prima linea.

Sono state proprio tre donne meridionali, settimane fa, ad isolare il virus, presso l’Ospedale Spallanzani di Roma, Maria Rosaria Capobianchi (Direttore dell’Unità Operativa Complessa Laboratorio di Virologia), Concetta Castilletti (responsabile dell’Unità virus emergenti) e Francesca Colavita (biologa specializzata in microbiologia e virologia).

E anche in Cina, Paese al 106° posto nel mondo sul divario di genere – come risulta dal Rapporto globale 2020 del Forum economico mondiale di Davos – sono donne le protagoniste nella battaglia contro il Covid-19. Tutte in prima linea contro l’epidemia.

“Non devono esserci disertori, o verranno condannati per sempre al destino della vergogna storica”, ha detto con forza la vicepremier cinese Sun Chunlan – unica donna nel Politburo tra i 25 membri del Partito Comunista – sostenendo con determinazione ogni possibile iniziativa per combattere l’emergenza sanitaria.

Unite nella battaglia anche Zhang Jixian, primario di medicina respiratoria che aveva preannunciato l’arrivo del virus sin da dicembre, e l’epidemiologa Li Lanjuan che, il 23 gennaio, ha comunicato al mondo la necessità di impedire a milioni di persone di lasciare Wuhan.

E poi il Maggiore Generale Chen Wei, donna, militare, scienziata e virologa. Già in prima linea nella lotta contro Sars e Ebola, manifestando grande visione strategica, ha affermato: “La prevenzione e il controllo di un’epidemia non possono assolutamente aspettare il momento in cui il contagio esplode. Ciò di cui abbiamo bisogno è costruire un forte ed efficiente sistema di scienziati leader che possano trascorrere la vita a studiare e ricercare determinati tipi di virus e germi indipendentemente dal fatto che questo coronavirus stia scomparendo o meno. In questo modo, ogni volta che si verifica un’epidemia avremo a disposizione il team migliore e più autorevole e non accadrà quello che è successo adesso, quando l’arrivo del coronavirus ha colto molti non adeguatamente preparati”.

“Le donne reggono la metà del cielo”, aveva detto Mao Tse-Tung ma la maggior parte delle donne, in Cina, erano destinate a lavorare in cooperative rurali, arare campi e piantare riso.

E si fasciavano i piedi delle bambine, avvolti dolorosamente in bende strettissime perché fossero oggetto di piacere e di ammirazione per gli uomini. Una limitazione, non solo simbolica, alla libertà di vivere delle donne.

E, intanto, uno studio del 2019 rileva che, in Cina, avvengono ancora stragi di neonate a causa degli aborti selettivi, vietati ma molto diffusi (11,9 milioni, su 23 milioni di casi nel mondo). Un’emergenza nazionale per l’Onu.

In Italia e nel mondo globalizzato, ora, qualcosa sta cambiando e, per le donne del pianeta, l’emergenza coronavirus è di nuovo una grande sfida.

Con la capacità di cambiare, all’improvviso, abitudini e prospettive, attingendo alle risorse interiori più sotterranee e a quella “imperfezione” che dona loro flessibilità e forza per superare la sofferenza. Con la capacità di riorganizzare i gesti quotidiani, di prendersi cura degli altri e di modificare persino le dinamiche interpersonali, per far fronte alle avversità. In silenzio ma con determinazione, tenacia, fiducia e coraggio. È la donna che genera e che protegge, sempre, la vita.

Sono “i tratti preziosi della donna” di cui ha parlato Papa Francesco. È la loro forza, la grandezza che viene dall’amore senza condizioni. Dalla potenza di un solo sorriso. Sono tratti comuni a tutte le donne. Una forza che, oggi, tra le mura domestiche, può contrapporsi alla paura e all’ansia di una situazione che determina angoscia.

Eppure, la violenza persiste anche in questi giorni, nella forzata permanenza in casa. Sono situazioni che non devono essere dimenticate. È la storia di quelle donne che sono, ancor più, prigioniere della paura, a causa della violenza dei propri compagni di “vita”.

Una violenza che – dicono le cronache – si inasprisce proprio dove, ora, tutti cercano rifugio. Una violenza trasversale che manifesta il suo volto e che parla di uomini che alimentano la propria aggressività pur in un momento così drammatico per il mondo. Inquietante, uno per tutti, il caso di un magistrato della Cassazione denunciato in questi giorni, e poi sospeso, per violenze nei confronti della moglie.

Una violenza che non è solo fisica ma anche sottile violenza psicologica dalle mille forme ed espressioni. Quella delle parole, o del silenzio e dei comportamenti di disprezzo.

Come la Storia insegna, da questa terribile pandemia – speriamo che finisca presto e con i minori danni possibili – non ne usciremo come prima. Vivremo e, credo, penseremo e sentiremo in modo diverso. Riposizionando priorità, rivedendo il senso delle relazioni e degli affetti.

Le istituzioni saranno già impegnate a riflettere su nuove politiche di prevenzione, soluzioni politiche, sociali ed economiche fondate su una visione più globale del mondo e della persona umana che travalichino i confini del sovranismo.

Nell’incubo del confinamento e del distanziamento, fragili e impauriti da ogni contatto, ognuno di noi sta scoprendo il senso della condivisione anche “a distanza”. Con il vicino di casa, prima forse sconosciuto. In famiglia e negli affetti. Nel futuro, si potrà affermare un nuovo “lessico” nelle relazioni, dopo aver condiviso gesti e provato commozione nel cantare insieme l’inno o qualsiasi canto dai balconi e dalle finestre aperte. Un bisogno di umanità, di fratellanza e di solidarietà che sembravano dimenticati.

La donna sempre mediatrice del mondo. Con apertura, tenerezza e coraggio dimostra di andare avanti, recupera, non si sa dove, energia e forza sconfinate. Non si ferma nelle giornate fatte, ora più che mai, di accudimento e di comprensione. Di emozioni e di determinazione. Cercando di riallacciare rapporti e di allentare tensioni, di trovare soluzioni, per i figli, gli anziani, i compagni. Per vivere, una volta tanto, anche insieme, in famiglia, le tante cose da fare. E anche molti uomini si rivelano responsabili e capaci di supporto e di affettività.

Una vicinanza attenta ai propri cari. Un’energia insostituibile anche per mantenere attivo il sistema immunitario, così prezioso per combattere l’invisibile virus.

Tutti, mentre gravitiamo in una dimensione dove ogni slancio rappresenta una minaccia, abbiamo aperto la nostra anima che sembra avere maggiore spazio e consistenza. Ora, ascoltiamo mancanze, nella struggente nostalgia di affetti lontani e nel desiderio di null’altro che di tornare “dove eravamo”. Alla nostra, a volte grigia, normalità che ci donava in modo così semplice ma fantastico la possibilità di vivere una vita piena.

È una guerra contro un nemico subdolo in cui il tempo non è più scandito dal ritmo frenetico di assillanti impegni bensì dalla connessione con gli altri e dall’affetto di chi ora vorremmo abbracciare. La donna sa che questa guerra non può essere combattuta in solitudine. Lo sa da sempre, nella sua storia di donarsi incondizionatamente, a volte senza ‘rete di protezione’.

Spero che, quando l’incubo epidemico sarà terminato, ci ritroveremo più uniti. È il senso della vita che le donne, spesso, ricordano alla società, con la loro ricchezza e la loro “imperfezione” sottile e delicata. Un’arma vincente anche sulla debolezza del corpo. Una vera forza.

– Dove hai trovato la forza?

– Siamo donne, tesoro, la forza trova noi.

(Lucy e Charlie Brown, Charles M. Schulz)

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