Skip to main content

Con queste parole Angela Merkel commenta l’esito disastroso del primo vertice Ue post Brexit: “Non siamo riusciti a raggiungere un accordo perché ci sono ancora differenze troppo grandi tra le posizioni dei singoli Paesi. C’è molto da lavorare”. Sono parole oneste, ma sono anche parole che certificano la condizione d’impotenza dell’Unione europea, impotenza che diventa fatto politico di prima grandezza anche (o forse soprattutto) perché si manifesta proprio nel momento in cui la Gran Bretagna inizia il suo percorso separato. L’esito funesto del summit sul bilancio di Bruxelles sta passando inosservato poiché il continente è alle prese con l’emergenza sanitaria, ma non per questo può essere derubricato a fatto di routine. Era infatti in discussione il tema più importante di tutti, cioè l’allocazione dei fondi di bilancio per gli anni 2021-2027.

Fondi che peraltro debbono fornire la base finanziaria per l’attuazione dell’ambizioso programma Green Deal che Ursula von Der Leyen ha presentato al mondo nelle passate settimane. Ebbene su quei fondi si sta cercando una posizione condivisa (che attualmente pare lontana anni luce) tra i molti Paesi (Italia compresa) che chiedono uno sforzo collettivo per rafforzare la capacità d’intervento Ue e il nucleo degli Stati che cercano invece di ridurre al minimo il bilancio dell’Unione, nucleo essenzialmente composto da Svezia, Olanda, Austria e Danimarca.

La questione però è tutt’altro che semplicemente numerica. L’ultima bozza di accordo (respinta dopo 24 ore di trattative continue, con riunioni che si sono protratte sino alle 6.30 del mattino) fissa l’asticella all’1,069% del Pil europeo in impegni (da 1,074%) e 1,049% in pagamenti effettivi. Numeri che già indicano un ridimensionamento delle ambizioni europee, figlio di due elementi oggettivamente presenti, vale a dire la minore disponibilità di risorse (causa cessazione del contributo Uk, non lontano dagli 8-10 miliardi l’anno a saldo) e la durissima presa di posizione dei Paesi “frugali”.

Il punto però cruciale è che quei Paesi (tutti del nord Europa, tutti nella fascia alta del reddito medio pro-capite, tutti poco popolosi e molto competitivi su scala planetaria) sono portatori di una linea di ulteriore (e drastico) ridimensionamento degli impegni, poiché avversano la linea di nuova distribuzione dei contributi da versare in base al reddito medio della popolazione, volta ad ottenere che i paesi più ricchi aiutino quelli più poveri.

Alfiere di questa impostazione ostile alla volontà “solidale” immaginata a Bruxelles è il premier (socialista) svedese Stefan Lofven, che addirittura non intende rinunciare allo sconto (“rebate” in termini tecnici) applicato sin qui.

“C’è bisogno di più tempo”, dice il presidente del Consiglio europeo Charles Michel (già primo ministro del Belgio) e forse ha ragione. Però sembrano tagliate su misura per lui le parole della von Der Leyen: “dobbiamo continuare a lavorare, il tempo è poco”.

Poco o tanto che sia il tempo a disposizione e poco a tanto che sia quello necessario per raggiungere un accordo, dal primo round di lavoro in comune tra i capi di governo post Brexit l’Europa esce politicamente a pezzi, proprio quando avrebbe dovuto mostrare al mondo la sua ritrovata coesione. Anche perché dietro la posizione dei quattro Paesi che contestano la linea di maggior peso del bilancio europeo si staglia la sagoma perfettamente riconoscibile della Germania, che evita di prendere esplicitamente posizioni euroscettiche ma poco o nulla fa per convincere Paesi tradizionalmente a lei legati a doppio filo.

Diciamolo allora, per quanto possa apparire sgradevole. Il vincitore del primo summit Ue dell’era Brexit si chiama Boris Johnson, che vince pure senza partecipare.

Nessun accordo sul bilancio: al vertice Ue vince Boris Johnson

Con queste parole Angela Merkel commenta l’esito disastroso del primo vertice Ue post Brexit: "Non siamo riusciti a raggiungere un accordo perché ci sono ancora differenze troppo grandi tra le posizioni dei singoli Paesi. C'è molto da lavorare". Sono parole oneste, ma sono anche parole che certificano la condizione d’impotenza dell’Unione europea, impotenza che diventa fatto politico di prima grandezza…

Basta con la psicosi da Pil, le imprese ce la faranno. Parla Sapelli

Attenzione sì, psicosi anche no. Nei giorni dell'emergenza coronavirus è facile perdere la testa, abbandonandosi a scene di panico e isterismo collettivo. Magari persino aspettarsi un crollo della nostra economia, già in pessime condizioni di salute. No, tutto molto prematuro. Anche per un economista del calibro di Giulio Sapelli, raggiunto da Formiche.net, proprio a Milano. Sapelli, come si sta muovendo…

Il dibattito sul coronavirus, tra opposte tribù e governo debole. L'analisi di Curini

La politica, in Italia e non solo, vive una nuova stagione da qualche tempo. Interagiamo (e oramai i dati sulla cosa sono ampi) sempre meno in un mondo caratterizzato da polarizzazione ideologica, ovvero da una contrasto tra opposte visioni programmatiche su cosa si vorrebbe che lo Stato facesse in questo o in quell'altro campo, come avveniva ad esempio negli anni…

Il coronavirus infetterà anche l’economia? I danni per l'Italia secondo Giacalone

Il coronavirus un costo lo avrà, ma è bene stabilire fin da subito in cosa potrebbe danneggiarci seriamente. Il peso sull’economia cinese, al momento, è valutato fra mezzo e un punto di prodotto interno lordo, su base annua. Significativo, ma non enorme. Il danno maggiore, per il sistema cinese, sarà sul piano reputazionale e della credibilità, sia verso l’esterno che…

Il Nord, la produzione industriale e i consumi. Fortis spiega danni e paradossi da Coronavirus

Il Nord industriale d'Italia a rischio paralisi. Detta così, per un Paese che ha fatto dello zerovirgola il suo mantra nella crescita, potrebbe essere un film horror. E forse lo è. Sempre che nelle prossime ore il coronavirus non faccia improvvisamente un passo indietro, sulla spinta delle misure messe in campo dal governo. Il rischio di uno stop alle imprese…

Coronavirus, no a psicosi ma misure più stringenti. Parla Miani (Sima)

"La psicosi non serve mai a nessuno, ma con quello che sta succedendo in Lombardia e Veneto, con i primi morti accertati, si deve alzare ulteriormente la guardia. Se prima il coronavirus lo guardavamo dall’esterno, come fosse solo un problema della Cina, ora è arrivato in Italia e l’attenzione deve essere massima”. Intervistato da Formiche.net, usa un tono fermo Alessandro…

Per l'Europa e l'Italia è vero green deal? Risponde Rossella Muroni

Si registra da qualche tempo a questa parte un gran fermento di iniziative istituzionali e non sul versante ambiente. Sembra di assistere ad una gara a chi faccia meglio e prima per aggiudicarsi una medaglia nella salvaguardia del pianeta. Le parole più gettonate, in Europa e in Italia, sono diventate Green New Deal: lo ha fatto la neo presidente della…

Il coronavirus è il rischio maggiore per l'economia. L'allarme di Gentiloni

La scorsa settimana i morti in Italia per una normale influenza sono stati 217, per il coronavirus solo uno (in tutto sono tre). Le statistiche dell’Istituto superiore di sanità sull’influenza sono aggiornate ogni settimana: quelle 217 vittime (meno rispetto alle 238 previste) si riferiscono alla sesta settimana del 2020, durante la settima finora sono stati registrati 157 casi gravi e…

Il coronavirus e la sicurezza nazionale. La riflessione di Caligiuri

Cosa potrebbe dimostrare l’emergenza del coronavirus sulla sicurezza nazionale? Prima di tutto una qualche impreparazione di chi formalmente ci rappresenta, che da un lato utilizza anche questa seria emergenza per polemiche politiche e dall’altro dimostra inadeguatezza nei compiti istituzionali. Inoltre, evidenzia una superficialità di chi scrive per mestiere, dove emergono incompetenze nella cultura scientifica e superficialità nell’affrontare il problema, diffondendo…

Dalla pandemia all’infodemia. La comunicazione ai tempi del coronavirus

Nella comunicazione di ogni fenomeno di crisi nel settore sanitario può entrare in campo un fattore decisivo, che non riguarda normalmente gli altri casi di crisi e che contribuisce a rendere ancora più difficile il quadro in cui si opera. Rispetto a episodi pur gravissimi (il ponte Morandi, Costa Concordia, Notre Dame, ecc...), una epidemia si accompagna alla preoccupazione generale…

×

Iscriviti alla newsletter