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Il Venezuela è con l’acqua alla gola. E il regime, per la prima volta, non nega la crisi. Nicolás Maduro ha dichiarato lo stato di “emergenza energetica” della compagnia petrolifera statale Petróleos de Venezuela (Pdvsa).

Con un annuncio ufficiale, subito dopo avere puntato il dito contro gli Stati Uniti e le loro sanzioni, Maduro ha chiesto l’apertura di una commissione speciale per ristrutturare l’industria petrolifera venezuelana: “Dichiaro l’emergenza energetica dell’industria di idrocarburi con l’obiettivo di prendere misure urgenti e necessarie per garantire la sicurezza energetica nazionale e proteggere l’industria dall’aggressione imperialista”.

“È a disposizione tutto il potere dello Stato e del Paese per entrare a Pdvsa con tutto – ha dichiarato Maduro in un incontro con lavoratori del settore petrolifero – sto dando potere, perché fare gestire a voi l’industria energetica verso un nuovo modello di gestione socialista del XXI secolo, perché il Venezuela sia una potenza petrolifera mondiale”.

La commissione creata da Maduro sarà guidata dal viceministro per l’economia, Tareck El Aissami, sanzionato dal Dipartimento del Tesoro americano e sul quale pesano sospetti di avere legami con le organizzazioni terroristiche Hezbollah e Hamas. Faranno parte della commissione anche Asdrúbal Chávez, ex presidente di Citgo, la filiera della petrolifera venezuelana negli Stati Uniti; il ministro della Difesa, Vladimir Padrino López e il comandante dell’esercito, Remigio Ceballos. “Tutti dovranno incontrarsi immediatamente e cominciare un processo di revisione e recupero dei lavoratori di Pdvsa”, ha ordinato Maduro.

L’annuncio di Maduro è scattato dopo le ultime sanzioni del Dipartimento di Stato americano contro la petrolifera russa Rosneft, per contribuire all’operatività di Pdvsa e ad arricchire le casse del regime venezuelano. Ma anche se per Maduro il colpevole è il presidente ad interim, Juan Guaidó, con i suoi alleati americani, è da anni che il Venezuela attraversa una profonda crisi petrolifera.

Nel 1998, prima dell’arrivo di Hugo Chávez al potere, Pdvsa era la terza impresa petrolifera al mondo, con una produzione di circa 3,3 milioni di barili al giorno. Oggi, secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione di Paesi Produttori di Petrolio (Opec) ne produce con difficoltà 700.000 barili al giorno. Tuttavia, il Venezuela resta il Paese con le riserve petrolifere più grandi a livello mondiale.

Maduro, estremamente ottimista, spera aumentare la produzione fino a 2 milioni di barili al giorno. “Non accetto scuse – ha aggiunto -. O produciamo, o produciamo, ma il Venezuela deve essere una potenza mondiale”. Questa però non è la prima volta che il regime promette un recupero dell’industria petrolifera, che ha contribuito a smantellare.

Intanto, il Gruppo di Lima ci riprova con la pressione internazionale contro Maduro. L’istanza che unisce i Paesi latinoamericani (e non solo, ci sono anche gli Stati Uniti e il Canada) che riconoscono Guaidó come presidente ad interim del Venezuela, ha chiesto ancora una volta il ripristino del sistema democratico nel Paese sudamericano attraverso il voto. “La democrazia verrà ristabilita pienamente in Venezuela – si legge in un comunicato del Gruppo -, solo attraverso elezioni presidenziali libere e credibili […] Questo processo deve includere un Consiglio nazionale elettorale indipendente, un Tribunale supremo imparziale, un processo di osservazione internazionale, la piena libertà di stampa e la partecipazione politica di tutti i venezuelani”.

Mentre in Spagna il governo di Pedro Sánchez è in difficoltà per le pressioni fatte (senza successo) alla Germania e la Francia, affinché Angela Merkel e Emmanuel Macron non ricevessero Guaidó durante il tour europeo, il Gruppo di Lima ha anticipato che nelle prossime settimane saranno intensificate le consultazioni a livello internazionale per unificare gli sforzi dei Paesi impegnati a favore della democrazia in Venezuela.

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