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Come cambia la formazione dopo l’emergenza sanitaria? Ne abbiamo parlato con Maurizio Milan, presidente dell’Associazione Italiana Formatori, recentemente riconfermato per il quadriennio 2020-2024.



Il “work from home” sta assumendo ormai i contorni di una rivoluzione strutturale nel campo aziendale che della PA, tanto che il ministro Dadone ha dichiarato che nei prossimi concorsi pubblici saranno accertate le competenze digitali. La formazione, quindi, assume un ruolo cruciale.


Stiamo vivendo non tanto un cambio di paradigma, quanto un’accelerazione di fenomeni già in atto nei contesti aziendali e manageriali in senso più ampio, come quelli amministrativi. Le imprese, grandi e di piccole dimensioni. che permettevano ai propri dipendenti, secondo specifici requisiti, di accedere a forme di lavoro agile erano già numerose. L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando, dove gli italiani stanno dimostrando doti eccezionali di responsabilità – ha dato velocità ad alcuni lenti processi di cambiamento del lavoro. Prima il lavoro si svolgeva in ufficio, in senso “fordista”, ora lavoriamo da remoto.
Ha ragione il ministro quando dice che il lavoro agile deve diventare strutturale. In una ricerca, si dice che 1 italiano su 2 vuole mantenere il lavoro agile. Vanno considerati i cambi della socialità e tanti altri fattori che cambieranno le nostre vite. 
Lo smart working ha “contagiato” anche la vita personale e, per questo, va garantita al lavoratore una formazione continua dati i cambiamenti in atto.
Come AIF siamo da sempre accanto alle persone garantendo la loro crescita attraverso l’aggiornamento costante delle loro competenze che proponiamo attraverso i nostri webinar, workshop e corsi, ma vogliono inoltre metterci accanto alle organizzazioni per supportarle nell’accelerazioni verso i nuovi modelli organizzativi e di peolple strategy. Come già scritto notiamo che in questi mesi si sta assistendo ad una crescente interesse per la tematica dei New Way of Working ossia la trasformazione del modo di lavorare che oltre ai fattori sopra riportati trova un riscontro nella parificazione della digital experience tra vita privata e lavoro, nella work-life integration che oggi prevale sul work-life bilance, e nella ricerca di una purpose sostenibile e socialmente responsabile. 


Il lavoro agile si accompagna a delle critiche. Spesso i dispositivi a disposizione e le connessioni internet sono personali, mancano le più basilari competenze digitali, è difficile “staccare” dal lavoro, con rischi prima contrattuali che di salute poi. Come bilanciare queste esigenze?



Sì, vero, esistono forme di “luddismo” anche per il lavoro agile. Sono forme di lavoro spesso accettate senza remore dagli alti livelli aziendali, meno da quelli minori. Prendiamo un caso concreto. Un manager lavora mentre aspetta un volo, non ha timore dell’imprevedibilità delle richieste mentre è a casa, è spinto sia dalla remunerazione che dall’accessibilità più generale della sua vita; immaginiamo, invece, un dipendente di medio livello: ha due figli, un solo pc a casa, una connessione su cui “pesa” il flusso del suo lavoro, quello della didattica a distanza dei suoi figli e, ovviamente, anche dell’intrattenimento, lavora molte ore e rischia spesso di superare l’orario di lavoro.
Come tutti i fenomeni, essi vanno governati. Nonostante la legislazione sul lavoro agile in Italia sia molto avanzata, solo una manciata di contratti nazionali prevede il diritto alla disconnessione e a un reale bilanciamento fra vita privata e orario di lavoro e i dipendenti di aziende e della pubblica amministrazione spesso non conoscono le più basilari regole della sicurezza informatica.
 AIF su queso versante monitorerà il fenomeno attraverso un’osservatorio che oltre agli innumerevoli benefici dello Smart Working evidenzierà anche altri due importanti aspetti quali la solitudine, la socializzazione (mancanza o sue nuove forme). Dall’attuale emergenza sanitaria le aziende dovranno progettare una employee experience che metta al centro la persona nella sua complessità e nella sua totalità. 
Da ultimo evidenzio il nostro costante impegno nel dare una risposta concreta al fabbisogno delle competenze del mondo produttivo e del mondo scolastico attraverso programmi di formazione formatori rispondenti ai nuovi needs.
Siamo convinti che l’approccio più efficace sia quello multidisciplinare che sviluppa progettualità formative che sappiano armonizzare le competenze tecniche (data management, cloud computing, business intelligence/ai, cybersecurity…) con quelle trasversali ( cooperazione, imprenditività, execution, pensiero critico…).



Quale futuro per la formazione in Italia?



Come AIF, auspichiamo che il mondo delle PMI, delle aziende più grandi e della PA possano velocemente comprendere la necessità di rivedere, accanto le modalità di lavoro, le modalità della formazione, tenendo conto della complessità a cui stiamo andando incontro.
Il mondo post-covid19 necessiterà di dipendenti con alta autonomia decisionale, di modelli organizzativi nuovi, di modi di pensare nuovi. 
Mi viene in mente Nassim Taleb e la sua “antifragilità”: da una crisi non dobbiamo uscirne uguali a noi stessi, ma comprendere che i movimenti tettonici da cui siamo stati colpiti hanno suscitato in noi dei processi di trasformazione interna ed esterna.
I formatori avranno un ruolo chiave nella sincronizzazione delle aziende e dell’amministrazione pubblica al nuovo mondo post-pandemia.

Quale futuro per la formazione? Parla Maurizio Milan (AIF)

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