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Analisi spassionata di un cattolico-popolare: si continuano a leggere amenità, falsità, incongruenze sul movimento spontaneo di piazza definito delle “Sardine”. Ogni giorno ci si imbatte, tramite i media, soprattutto quelli che sostengono la destra, in articoli e servizi spigolosi, offensivi, se non volgari, al limite dell’imbarazzo. Salta fuori, un giorno sì e l’altro pure, qualche solone che pontifica con arbitraria ermeneutica sull’essere di questo movimento di giovani che ha coinvolto donne, uomini, anziani. Si tentano grossolane esegesi, per capire chi sono, a chi appartengono, da dove vengono.

Nessuno però si domanda: ma perché sono venute fuori queste sardine? Non c’è consapevolezza, non ci si rende conto del degrado della politica maturato negli ultimi decenni, si persiste nel ragionare come se la storia politica di questo Paese fosse stata talmente lineare e apprezzabile da ritenere del tutto normale continuare con lo stesso spartito. Si pretende di fare esami continui a questa novità multiforme e variopinta, a questi ragazzi considerati quasi marziani, utilizzando sintassi desuete e sgangherate.

Che cosa ha da chiedere la vecchia e traballante oligarchia politico-parlamentare, maggioranza e opposizione, alle “Sardine”? Se conoscono la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto o la “grande rivoluzione liberale” dell’ex Cavalier Berlusconi? Oppure se hanno notizia della secessione leghista di Bossi, Miglio, Maroni, Calderoli, Salvini ipotizzata con regole subdole e ridicole? Si sono spinti addirittura a trasferire sedi di dicasteri da Roma in Lombardia.

Le “Sardine”, esse, dovrebbero dire che tipo di legge elettorale pensano di introdurre, considerati i fallimenti delle varie riforme varate negli anni dal 1994 ad oggi e constatato che ad ogni turno elettorale il vincitore cambiava il dispositivo per votare, creando sempre instabilità e ingovernabilità? Chi ha fallito in passato nel governo del Paese non può avere alcuna pretesa di interrogare esponenti di nuove realtà che si affacciano oggi in politica, è auspicabile, invece, sempre il confronto, ma esigere di fare esami ad altre idee è da arroganti.

La politica è un’arte nobile e libera, e come tale va vissuta. Essa non è dominio o prevaricazione, è la più alta forma di servizio verso la propria comunità. Le “Sardine”, partendo da una condizione prepolitica, che le ha viste impegnate in realtà di volontariato a contatto con bambini, anziani, disabili, senza tetto, malati terminali sono cresciute fino a raggiungere un numero straordinario di persone che con generosità condividono ogni giorno il disagio di tanta gente, per cui hanno sul campo guadagnato credito, stima, fiducia. Non sono operatori solo della realtà socio-sanitaria, ma anche di quella scolastica e universitaria, sono attenti a un nuovo modo di organizzare il welfare, senza dire della diretta conoscenza della complicata crisi dell’occupazione, molto acuta al Sud.

Le “Sardine” sono la spia di un malessere diffuso che ormai è diventato intollerabile, vista la tracotanza e la prepotenza del potere che vorrebbe eliminare sempre tutto ciò che crea ostacolo al proprio cammino. La loro nascita, è stato sottolineato, non sfocerà necessariamente nella costituzione di un partito politico. Il loro emergere è semplicemente il grido di chi chiede di partecipare e viene escluso.

Si reclama partecipazione non solo al momento di votare, ma anche quando c’è da decidere sulle questioni che riguardano da vicino i cittadini ed è necessario che si formi una vera volontà politica. Il neonato gruppo nato a Bologna il 14 novembre non vuole essere partito ma solo stimolo per riscoprire e far nascere la bella politica.

Ecco la domanda che nessuno si pone sulle Sardine. Il commento di Reina

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