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Ora è davvero uno scontro frontale. Secondo il consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti Robert O’Brien, il governo americano ha “le prove che Huawei ha la capacità di accedere in segreto a informazioni sensibili e personali che detiene e vende in tutto il mondo”. Le prove consistono in una serie di backdoors installate da Huawei nei suoi dispositivi per permettere alle autorità di Pechino di accedervi da remoto, ha proseguito O’Brien.

È la prima volta che un così alto funzionario della Casa Bianca rivolge pubblicamente al colosso della telefonia mobile cinese una così dura accusa di spionaggio. L’intelligence Usa, ha fatto sapere il consigliere del presidente Donald Trump, è da tempo in possesso delle prove su Huawei ma le ha condivise con i suoi alleati, compresi il Regno Unito e la Germania, solo sul finire dello scorso anno.

Come scrive il Wall Street Journal, che ha dato in anteprima la notizia, la mossa della Casa Bianca segnala un netto cambio di strategia rispetto alla linea seguita finora. Mai infatti il governo aveva annunciato di avere prove contro Huawei, limitandosi a dire a più riprese che non c’era bisogno di fornirle.

“Tutto questo è allarmante – ha detto O’Brien al Wsj – perché le compagnie cinesi devono obbedire per legge alle direttive del Partito comunista cinese. Sotto il profilo strategico, siamo di fronte a un’azienda che può usare la sua posizione nel mercato per favorire gli obiettivi del Pcc”.

Tutti gli operatori telefonici sono tenuti per legge a fornire dei “gateway”, delle porte di accesso che permettano alle autorità di polizia e giudiziarie di entrare nei network entro precisi limiti legali e comunque previo permesso dell’operatore. Huawei, è la denuncia del governo americano, permetterebbe invece al Pcc un accesso illimitato tramite il mantenimento di un’interfaccia attraverso le backdoors installate all’insaputa degli operatori.

Le accuse sono state seccamente smentite da Huawei, secondo cui “l’uso dell’interfaccia di intercettazione legale è severamente regolato ed è riservato unicamente al personale certificato degli operatori del network. Nessun impiegato di Huawei ha il permesso di accedere al network senza l’esplicita approvazione dell’operatore”.

Il braccio di ferro del governo e degli 007 americani con Huawei non è certo iniziato con l’amministrazione Trump. Già nel 2014 la National security agency (Nsa) aveva infiltrato i sistemi Huawei nell’ambito dell’operazione “Shotgiant” con lo scopo di verificare il grado di dipendenza dell’azienda dal Pcc e controllare l’installazione di backdoors. L’operazione era venuta a galla perché inserita nei documenti sottratti alla Cia e pubblicati da Edward J. Snowden.

Con l’affondo di O’Brien la guerra hi-tech fra Stati Uniti e Cina entra in una nuova fase. L’accelerazione è forse pensata per dare una scossa agli alleati europei che si sono mostrati poco sensibili al pressing diplomatico del Dipartimento di Stato di Mike Pompeo.

Dopo lo strappo del Regno Unito di Boris Johnson, che ha mandato su tutte le furie Trump (il Financial Times ha raccontato di una “telefonata apoplettica” del presidente Usa) permettendo a Huawei di partecipare con delle limitazioni all’implementazione della rete 5G, anche la Germania di Angela Merkel minaccia una defezione. All’interno della Cdu, già scossa per le dimissioni di Annegret Kramp-Karrenbauer, è in corso un tiro alla fune fra deputati pro-Usa che premono per il bando totale di Huawei e altri che vogliono tenere in partita le aziende cinesi.

Huawei spia e abbiamo le prove. L'accusa del governo Usa

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