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Solo qualche anno fa il fenomeno coinvolgeva poche grandi imprese. Oggi sta prendendo sempre più campo anche tra piccole e medie aziende. Negli Stati Uniti, in Europa e lentamente in Italia. Così, quella che sembrava una moda manageriale si è trasformata in una prassi consolidata nel mondo imprenditoriale. Perfino conveniente, al fine di moltiplicare il profitto.

Viviamo nell’era in cui l’impresa indossa in misura sempre crescente i panni dell’etica. A fare proprie le regole non scritte della tutela dell’ambiente e della lotta al cambiamento climatico, del rispetto della salute del consumatore, della rivalutazione dei salari dei dipendenti. Nulla a che fare col buonismo in versione economica: siamo di fronte alla nuova frontiera dell’impresa etica, della responsabilità sociale dell’impresa.

Ma è un processo tutt’altro che compiuto. Negli Stati Uniti l’utopia si è trasformata già in realtà. Sono 181 gli amministratori delegati di multinazionali che hanno affrontato la questione stipulando un patto, lo scorso agosto. Il patto tra etica e logica del profitto. Lo hanno siglato perché consapevoli ormai del fatto che seguendo una condotta etica i margini degli utili sono destinati ad aumentare: il mercato ha modificato le proprie aspettative e il consumatore è sempre più attento a quel che acquista, a come e da chi è stato prodotto un determinato bene.

In italia questa consapevolezza sta piantando radici. Parecchi grandi marchi hanno fatto proprio e non da ora il cosiddetto codice etico, benché non vincolante. Ma tutto qui è rimesso alla discrezionalità degli amministratori dei grandi marchi, in qualche caso spinti fino al punto da fare di quelle regole (a cominciare dal rispetto dell’ambiente e dalla riduzione delle emissioni) una sorta di brand aziendale.

Eppure, l’Italia dell’ingegno e del talento nulla ha da invidiare ai manager d’Oltreoceano.

È il motivo per il quale la Fondazione Guido Carli ha promosso un confronto aperto al contributo dei più alti vertici istituzionali, imprenditoriali e del management. È la prima volta che accade e l’esito del dibattito non è affatto scontato. “Etica e impresa. Due realtà conciliabili? Una sfida aperta”, è il titolo dell’iniziativa che si terrà giovedì 28 novembre a Milano, alle 17.30, nella sede della Borsa a Piazza Affari.

La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati porterà il suo saluto istituzionale, il sindaco di Milano Giuseppe Sala quello della città. Ma subito dopo prenderanno la parola Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, e Gianni Letta, presidente onorario della Fondazione. Poi, il via al dibattito con Urbano Cairo, presidente della Cairo Communication, Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, Stefano Domenicali, ad di Lamborghini, Sergio Dompé, presidente e Ceo di Dompé Group, Patrizia Grieco, presidente di Enel, Carlo Mazzi, presidente di Prada Group, Paola Severino, vice presidente della Luiss Guido Carli, Marco Tronchetti Provera, il vice presidente esecutivo e ad di Pirelli.

Sarà l’avvio di un percorso di riflessione sui nostri tempi. L’etica sarà il filo conduttore anche di altri appuntamenti promossi dalla Fondazione, il prossimo a febbraio: un cammino che culminerà nell’undicesima edizione del Premio Carli, celebrato come ogni anno a maggio. Forse non c’è modo migliore per onorare la memoria di Guido Carli, il nonno che mi ha cresciuto. Economista, uomo di valori solidi e principi intangibili, sempre presenti nella sua lunga carriera vissuta ai vertici dello Stato: governatore di Bankitalia, presidente di Confindustria, il ministro dell’Economia che ha contributo all’ingresso dell’Italia nell’euro.

Il suo è stato esempio di etica che diventa stile di vita. Stile che non è moda del momento ma bussola per muovere ogni passo: se ne avverte ancora un grande bisogno.

 

L’etica fa bene anche alle imprese. Parola di Romana Liuzzo

Di Romana Liuzzo

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