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Meteo a parte, novembre è un mese caldo per la politica italiana. Ogni anno la manovra e la costellazione di migliaia di emendamenti che la circondano agitano i palazzi romani e soprattutto chi ne è alla guida. Perfino Luca Carabetta, piemontese, deputato, volto di punta della nuova leva del Movimento Cinque Stelle, accusa la stanchezza: “sono settimane difficili”. Se poi ci si mette anche il fuoco amico, dall’Ilva alle tasse passando per lo ius soli e le regionali in Emilia-Romagna, l’aria si fa ancora più pesante. Forse non è chiara la posta in gioco: “siamo qui per esercitare a pieno il nostro mandato, ed eleggere il nuovo Capo dello Stato”.

Partiamo dall’Ilva. Mittal ha fatto un passo indietro. Basta?

Siamo in una fase di stallo, non ci sono novità. Ho parlato con i tarantini, e sono tutti concordi che oggi discutere di soluzioni alternative, come un intervento dello Stato, sia prematuro. Non sappiamo con certezza se domani Arcelor-Mittal sarà ancora a Taranto. Prima bisogna sciogliere questo nodo.

E non è l’unico. La manovra finanziaria è più intricata del previsto. Un terzo degli emendamenti ha la firma della maggioranza, è normale?

Questo governo è partito con un appello alla centralità del Parlamento, lo stiamo rispettando. Ogni anno alla manovra vengono apportate modifiche migliorative. Per esempio, sull’innovazione per il momento non c’è molto, a parte il rifinanziamento di Industria 4.0. Siamo in contatto con il Mise per l’esame parlamentare di alcuni decreti collegati.

Avrà notato che fra tanti emendamenti ci sono quelli di Italia Viva per eliminare Quota 100.

È una provocazione di Renzi, niente più. Dopotutto ci sono emendamenti che hanno come copertura il reddito di cittadinanza, fa parte del gioco, purtroppo. Di Maio ha già chiarito che Quota 100 non si tocca. Siamo qui per rispondere alle esigenze dei cittadini, non per giocare.

Anche il piano infrastrutture di Renzi è solo una provocazione?

Distinguiamo metodo e merito. Presentare proposte unilaterali come la soluzione ai mali del mondo non è costruttivo. Con Iv lavoriamo bene in altri settori, penso ancora all’innovazione.

Carabetta, il nuovo governo è nato con la promessa di abbassare l’Iva. La manovra però è piena di altre tasse, su plastica, zucchero, web, auto aziendali e non solo…

Evitare l’aumento dell’Iva risparmia 23 miliardi, queste microtasse complessivamente ammontano a circa due miliardi, c’è una bella differenza. Io sono convinto che di qui alla fine dell’esercizio i saldi della legge di bilancio cambieranno.

Come?

Non escludo revisioni, anche del deficit. Oggi è previsto al 2,17%, ma il governo potrebbe valutare l’opportunità di usare più risorse. La plastic tax ha ricevuto molte critiche dagli operatori del settore, che la considerano una pura mossa di bilancio e denunciano le ricadute produttive. È un’analisi che può anche essere condivisibile. E infatti Antonio Misiani ha fatto un passo indietro e ha annunciato una rimodulazione.

Veniamo ai dolori del giovane governo rossogiallo. Zingaretti è tornato a proporre lo ius soli. Tempismo sbagliato?

Possiamo discutere se sia giusto o sbagliato introdurlo, di certo lanciare la proposta in un momento critico per il Paese non è il massimo.

Nostalgia del contratto gialloverde?

L’idea del contratto di governo era buona perché permetteva una pianificazione di medio termine. Oggi fatichiamo ad averla. Ci occupiamo ogni giorno delle vicende quotidiane, spesso con un approccio emergenziale. Spero che, passata la legge di bilancio, si abbassino i toni e ci si confronti per una strategia comune. Siamo qui per esercitare in pieno il mandato. Con questo metodo è difficile arrivare a fine legislatura ed eleggere il nuovo Capo dello Stato.

C’è un tagliando in arrivo: l’Emilia-Romagna. Vi presentate o lasciate campo al Pd?

Ne stiamo discutendo in questi giorni con i parlamentari locali, ancora non abbiamo un verdetto finale. Sinceramente credo si stia esagerando la portata di questa elezione. Governo ed elezioni nazionali sono su un altro piano.

Sono passati due mesi e ancora non c’è un capogruppo del Movimento in Parlamento. Davvero è solo dialettica interna?

Avevamo tutti previsto che questa elezione si sarebbe prolungata. Il nostro statuto prevede che sia eletto chi ottiene il 50% più uno dei voti. Una regola che ha un suo perché, ma è difficile da attuare con 216 deputati.

Sarà, ma intanto Di Maio ha lanciato il “Team del Futuro”. Non è un commissariamento?

Ma no, anzi. È la risposta di Di Maio a un problema che effettivamente esisteva, cioè la mancanza di collegialità nelle decisioni. Se davvero al team sarà data la capacità di intervenire e di allargare il processo decisionale ne beneficeranno tutti.

No al fuoco amico, o addio elezione del Capo dello Stato. Parla Carabetta (M5S)

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